Giovanni Senzani
La
teoria della violenza sociale conferisce alla camorra
cutoliana una specifica compatibilità con il terrorismo, non
paragonabile a nessuna delle altre organizzazioni criminali. Per
Cutolo i brigatisti sono «bravi ragazzi» con cui è possibile
stabilire un’alleanza organica, ma fluida. Le ambizioni del boss e
l’ideologia dei «giovani morituri» si adattano al tipo di lotta
armata che Giovanni Senzani prospetta per Napoli: un terrorismo
rivolto principalmente alle aree marginali del sottoproletariato,
alle liste di lotta per il lavoro, ai senzatetto del centro storico.
Camorra e Nuclei armati proletari (Nap) sono entrambi portatori di un
disegno politico e sociale: fare leva sull’emarginazione dei
devianti per contrattare nuovi spazi di potere (Cutolo) e colpire il
sistema di potere nel punto più debole ed esposto (Senzani). Se la
camorra arruola i giovani sbandati e dà loro un’identità, perché
non provare a veicolare questa violenza verso la lotta armata?
Senzani considera i ragazzi di malavita dei potenziali rivoluzionari
al punto da arrivare a reclutare nelle carceri, terreno di coltura
del potere camorristico, criminali comuni da affiancare ai terroristi. Nel biennio 1980-1982 alcuni obiettivi scelti dalla «colonna
napoletana» sono rivolti, infatti, a creare consenso tra le fila
della camorra. In definitiva, la criminalità organizzata campana si
rivela sensibile e permeabile alle ideologie politiche estreme, di
sinistra e di destra, che tentano di rappresentare il
sottoproletariato napoletano e i suoi contraddittori interessi.
In
una sentenza del Tribunale di Napoli si legge: la Nco è il
«terrorismo del nostro sottoproletariato che, abbandonandosi al più
assoluto qualunquismo politico, ritrova la propria identità di
massa.» A questa nuova dimensione si adeguano anche gli avversari: la Nuova famiglia 23 amplifica la ferocia degli attentati praticando
un «terrorismo interno alla camorra, con metodi e sistemi simili a
quelli del terrorismo politico». Spuntano una selva di sigle:
Giustizieri campani, Squadroni della morte, Brigate anticutolo
(formazioni di killer reclutate, armate e finanziate dalla Nf) che
rivendicano i raid contro i cutoliani, stampano volantini
ciclostilati per esigere le estorsioni e recapitano comunicati agli
organi di stampa, annunciando in anticipo l’esecuzione di un
omicidio.
«E
scoprirono tutti, cosa che per primo Cutolo aveva compreso, quale sia
il valore della pubblicità per estendere il controllo sul
territorio, quale effetto moltiplicatore possono avere i giornali, i
mezzi di informazione». Del resto, Cutolo «è passato dalle
migliaia di citazioni nei rapporti di polizia e nelle carte
processuali, alle migliaia sui giornali.» Il
suo carisma, la sua violenta smania di riscatto del popolo napoletano
(riemerge in forma criminale il trauma storico dell’unificazione
nazionale) attirano l’attenzione dei media. Don Raffaele è un
personaggio mediatico: «sostituisce alla vecchia regola della
clandestinità, il nuovo sistema della pubblicità». Con Cutolo
l’immagine della camorra passa dall’ossimoro folkloristico del
«guappo buono» alla violenza esibita come strumento di concorrenza
criminale. Il «conflitto economico», che nel mondo delle imprese si
configura come guerra commerciale, nell’universo della camorra «si
trasforma subito in una faida tra clan che coinvolge decine di
parenti, di amici, di clienti». Lo scontro tra Nuova camorra
organizzata e
Nuova famiglia dura un quinquennio (1978-1983) e lascia sul campo
1223 morti ammazzati, con una media annua di 244 omicidi. Il 66%
delle esecuzioni avviene nelle periferie di Napoli o nell’hiterland
metropolitano. Un ragazzo di Ottaviano, intervistato da Luca Rossi,
dice «Tutti hanno paura. Si cagano sotto. Perché qui c’è quella
cosa là». Si respira un clima da «strategia della tensione»: può
essere colpito chiunque, ovunque, in qualsiasi momento. L’atmosfera
è quella dei contesti di guerra, al calar del sole scatta il
coprifuoco: «Quando chiudo il cancello la sera penso sempre che ce
l’ho fatta.»
(continua)
Autore: Marcello Ravveduto
(by Nicola)
Autore: Marcello Ravveduto
(by Nicola)
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