La
vicenda del terremoto di San Giuliano di Puglia rappresenta forse il
caso più paradigmatico di una strutturale infiltrazione della
criminalità organizzata nell’economia, nella società e nelle
istituzioni del Molise. Per la sua dimensione pubblica e mediatica
il caso ha assunto una rilevanza mondiale. La ricostruzione post
terremoto è stata sempre storicamente un boccone ghiotto per le
mafie e certamente lo è stata anche in Molise. Da noi c’è stata
una certa sottovalutazione del fenomeno come problema. Gli
imprenditori e i professionisti non hanno un’adeguata percezione
del fenomeno e non sono sufficientemente responsabilizzati. Non si
sono preoccupati eccessivamente e in moltissimi casi hanno
inconsapevolmente aperto le porte alla criminalità organizzata.
Criminalità che ormai ha penetrato ogni settore dell’economia e
anche – ed è molto grave – la politica. Non c’è settore
economico estraneo alle infiltrazioni mafiose. I mondi dell’edilizia
e dell’autotrasporto sono sicuramente stati i primi a essere
colpiti, e in modo più grave rispetto ad altri. Lo smaltimento dei
rifiuti post terremoto e la movimentazione della terra ha visto un
coinvolgimento di aziende direttamente o indirettamente vicine alla criminalità
mafiosa. Il terremoto del 2002 è stato un’occasione golosa che i
clan certamente non si sono lasciati scappare. Nel post-terremoto c’è
stata una sottovalutazione del problema anche da parte delle
pubbliche amministrazioni. Quanto meno, sono state disattente e in
qualche caso non hanno utilizzato gli strumenti necessari per una
maggiore autotutela che pur possiedono. Hanno lasciato che appalti e
settori economici importanti fossero contaminati dalla criminalità
in pratica senza reagire. Sugli appalti, si è cercato di porre
rimedio ma all’epoca anche la legge nazionale in materia era
inadeguata. Con il terremoto, sono stati concessi con facilità
appalti ad alcune ditte (sempre le stesse anche a livello comunale),
grazie al ricorso alle misure d’urgenza. Le aziende con nomi
molisani poi subappaltavano a ditte in odore di criminalità, alle
quali i magistrati affermano non venissero in qualche caso richieste
le minime garanzie antimafia (banalmente, il relativo certificato).
Alcuni parlano di mala gestione degli appalti da parte di alcuni
soggetti dentro le pubbliche amministrazioni, ma non è così
semplice perché in questi
affari solitamente è coinvolta anche la politica e tra i nostri
politici molisani possiamo annoverare chi è stato contiguo alla
nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo.
Generalmente
i gruppi criminali che s’infiltrano tengono un basso profilo,
mirando a far prevalere gli affari e non attirando mai le attenzioni
sui loro loschi business. Se c’è da far arrivare un messaggio
chiaro, minacciano e diventano anche violenti ma solo come extrema
ratio. Le imprese “pulite” si sono affidate alle mafie per essere
più competitive e aggressive sul mercato. Le ricadute di ciò poi si
fanno sentire su tutta la collettività: le imprese che stanno alle
regole sono rigettate da un mercato che non le riconosce più,
lasciando a casa i lavoratori e non facendo lavorare più i
professionisti onesti. È stata sdoganata una mentalità negli ultimi
anni: quella del più astuto intesa come corrotto e criminale. La
Direzione Nazionale Antimafia ha affermato che il Molise è “terra
d’infiltrazioni di mafia”. Nel contesto degli appalti si
manifesta in modo diverso: è una mafia imprenditoriale,
preparata e aggiornata alle nuove tecnologie, utilizza competenze di
primo livello, professioni, relazioni e tecniche per realizzare i
propri interessi mantenendo sempre un profilo basso e occulto. La
sudditanza culturale e psicologica di alcuni territori della nostra
regione è diventata tangibile, non si denuncia più, si pensa sia
meglio farsi i fatti propri. Abbiamo anche amministratori pubblici
che parlano di pluripregiudicati come di persone “educate,
tranquille, che non hanno mai dato fastidio a nessuno”.
L’infiltrazione mafiosa nelle aziende molisane non fa eccezione
rispetto al resto d’Italia e segue le dinamiche “tradizionali”
ben rodate dalle mafie del Meridione nei rispettivi ambienti
territoriali: l’avvicinamento d’imprenditori operanti
principalmente nel settore delle costruzioni e del movimento terra e
vincitori di appalti per lavori pubblici, che spesso si rivolgono di
propria iniziativa al sodalizio criminale per chiedere “protezione”
da eventuali problematiche che possono sorgere nella realizzazione
dei lavori a causa di furti, intimidazioni e danneggiamenti da parte
di altri gruppi; la successiva “integrazione” di tali
imprenditori tra gli affiliati del gruppo – obiettivo principale
rispetto al quale l’offerta di protezione iniziale rappresenta
solamente una strategia di “aggancio” – e il conseguente
assoggettamento delle aziende “avvicinate” alle finalità
complessive del gruppo. Vale la pena ricordare che questo meccanismo
si fonda imprescindibilmente sulla riconoscibilità e sul “prestigio”
criminale del capo mafia e del suo gruppo, derivante dal forte
radicamento nel tessuto criminale del territorio di provenienza. Una
dinamica non diversa da quella che caratterizza l’azione delle
mafie tradizionali nelle regioni di provenienza e di radicamento e
che determina un profondo inquinamento del tessuto sociale ed
economico infiltrato. All’intimidazione si sostituisce la
corruzione, ritenuta una strategia preferibile per evitare di
sollevare clamore e per mantenere gli affari celati alle forze
investigative. A livello aziendale, alle singole aziende di piccole e
medie dimensioni si affianca uno strutturato sistema di società,
spesso senza scopo di lucro, capaci di operare su un ampio versante
del settore dei servizi pubblici. È su questo versante abbiamo avuto
tentativi d’infiltrazione provenienti da “Mafia Capitale” verso
il villaggio post terremoto costruito nella zona di San Giuliano di
Puglia per gestire in particolare il business dell’accoglienza,
considerato il più redditizio dal gruppo criminale di Buzzi e
Carminati. Appalti pubblici, tangenti e intimidazioni si mescolano in
un rapporto tra istituzioni, imprenditoria e criminalità organizzata
in grado di generare profitti immensi. Tangenti, donazioni a politici
e funzionari possono
garantire l’aggancio indispensabile per il funzionamento del
business.
(continua)
Fonte: Osservatorio Antimafia del Molise
(by Nicola)
(by Nicola)
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