giovedì 24 ottobre 2019

Hikmet: il Curdo campobassano




«A sei anni i militari turchi arrivarono in piazza coi fucili mentre giocavo a pallone con i miei amici. D’istinto fuggimmo. Ma ci convocarono in caserma il giorno dopo e ci obbligarono a schiaffeggiare i nostri padri. Fu umiliante. Da allora non son riuscito più a guardare in faccia mio papà». È quel giorno del 1978 che Hikmet Aslan scopre cosa significhi essere curdo. Cittadino italiano dal 2008, molisano per scelta, Aslan oggi ha una sola priorità: dar voce agli oltre 5 milioni di curdi sparsi tra Europa e Medio Oriente, attraverso una tv satellitare, Medya Haber, che trasmette news in lingua turca da Campobasso.
Nelle stesse ore in cui Erdogan e Putin sottoscrivono un accordo per spartirsi le aree di influenza nella Siria del Nord «sulla pelle dei curdi», Aslan racconta la sua storia - fatta di violenze, torture e fuga - senza particolare trasporto, quasi col distacco del cronista. Militante dal 1990 del Pkk, il partito dei lavoratori curdi di Abdullah Ocalan, considerato un’organizzazione terroristica da Turchia, Stati Uniti e Unione europea, il curdo molisano non nasce in una famiglia di combattenti per l’indipendenza. Anzi, fino all’adolescenza si vergogna quasi di condividere la stessa provenienza etnica di chi ha scelto la lotta armata. «Ero convinto che quelli del Pkk fossero solo dei terroristi, come ci ripetevano i turchi. Non volevo avere nulla a che fare con loro», spiega. Ma uno alla volta, i componenti della sua famiglia vengono ammazzati o finiscono in carcere. «In Turchia, non c’è una casa curda senza un morto o un detenuto», continua Hikmet. Il primo a cadere è uno zio, assassinato dai gruppi integralisti di Hezbollah, organizzazione omonima a quella libanese ma non connessa, che nei primi anni Novanta compie usa serie di omicidi tra la popolazione civile. L’obiettivo è eliminare i simpatizzanti del Pkk anche a Batman, la città di Hikmet, «col sostegno di Ankara», dice. Poi tocca a un altro zio, accoltellato in città, e a un altro ancora, di 88 anni, finito in cella per sospette simpatie marxiste. Ma è proprio in carcere che l’anziano parente conosce il Pkk e si avvicina alla causa. Come aveva già fatto da tempo un cugino di Hikmet, che in galera muore per le percosse.
Ma è un altro episodio che fa scattare qualcosa nella coscienza di Aslan. È il 1990, la sua famiglia è riunita a cena e festeggia la recente elettrificazione del villaggio. I ragazzi giocano con l’interruttore della luce, accendono e spengono incuriositi dalla novità. A un tratto rumori nel cortile. Il padre va alla porta per capire cosa stia accadendo. Torna dopo parecchi minuti col volto insanguinato. Fuori ci sono i militari e vogliono evacuare l’abitazione, sono convinti che il gioco di luci sia un segnale in codice per i combattenti. «È stato terribile, una violenza gratuita», racconta. «Pochi giorni dopo ero in montagna per arruolarmi nel Pkk. Volevo vendicarmi, avrei ucciso chiunque mi avessero chiesto di ammazzare, anche bambini se necessario», ammette con una sincerità disarmante. «Mi dissero di tornarmene a casa, che non era l’atteggiamento giusto per servire la causa del popolo curdo, che noi non potevamo essere come loro. Ho capito e mi hanno fatto restare». Da quel momento sposa la lotta armata e per tre anni si sposta insieme all’” esercito di Ocalan”. Fino a quando non viene catturato in Iran. Trascorre un anno nelle carceri iraniane, fino all’estradizione in Turchia, grazie a uno scambio di prigionieri tra Teheran e Ankara: guerriglieri del Pkk in cambio di mujaheddin del popolo. «I turchi mi hanno torturato per 40 giorni, volevano avere informazioni dettagliate sugli spostamenti del Pkk. Avevo gravi problemi di salute in quel periodo, ero stato ferito in un combattimento e non ricordavo davvero nulla. Per fortuna. Perché se avessi parlato mi avrebbero condannato probabilmente a vita. Invece, dopo due anni e mezzo di processo non erano riusciti a trovare nulla sul mio conto e son tornato libero».
Nei due anni successivi cambia vita. Si innamora e si sposa, lasciando la lotta armata. «Non puoi stare dentro l’organizzazione se sei sposato, è una regola ferrea del Pkk, come per i preti», dice scherzando. Ma i servizi turchi continuano a tenerlo d’occhio e nel 1999 si ritrova in casa agenti dello Jitem che gli propongono due alternative: trasformarsi in un informatore dietro lauto compenso o abbandonare il Paese per la sua sicurezza. Non ci pensa due volte Aslan. Dopo pochi giorni è già a Smirne con la moglie e si imbarca su una bagnarola insieme ad altre 240 persone.
 «Siamo stati in mare per sette giorni in condizioni disumane. La mancanza di cibo e, soprattutto, d’acqua era insopportabile». Lo sbarco avviene sulle coste lametine, in Calabria, regione che gli rimarrà nel cuore a lungo. Anche quando arriverà in Germania pochi mesi dopo, tutelato dallo status di rifugiato politico, un tetto garantito e 800 marchi al mese per le spese. L’integrazione con i tedeschi non sembra semplice. «Era difficile uscire dal cerchio della comunità curda, ma io avevo voglia di stare in mezzo alle persone che mi stavano ospitando, di interagire. Per questo sognavo il ritorno in Calabria, dove in poco tempo avevo fatto un sacco di nuove amicizie». Hikmet conosce un italiano che però non ha alcun contatto con la punta dello Stivale. È molisano e può dargli una mano a trovare un lavoro a Campobasso. Il curdo accetta il sostegno, rinuncia alla protezione internazionale acquisita in Germani e si lancia verso una nuova vita. «Mentre mi attraversavo in treno il Molise guardavo quelle colline e miei occhi sorridevano, guardavo mia moglie e immaginavo già il nostro futuro qui». Per qualche tempo fa il muratore, poi il mobiliere per otto anni e infine la passione per la Tv che si trasforma in un impiego. Nel frattempo, ottiene la cittadinanza italiana, senza mai abbandonare l’impegno politico a sostegno della causa curda e del confederalismo democratico. «Sono tornato più volte nel Kurdistan iracheno, grazie a una onlus italiana. Stiamo costruendo un ospedale nel campo profughi di Mahmur. Non ho mai dimenticato il mio popolo».

Fonte: Il Dubbio

(by Nicola) 

Sanità di altura

Il nostro presidente parteciperà - unitamente al portavoce di 'Prima le Persone', Nicola Lanza - alla riunione sulla Sanità pubblica che si terrà oggi pomeriggio in quel di Agnone alle 17:30 presso la chiesa di S. Maria di Costantinopoli.



(by Nicola)

Roma. Il Movimento Legge Rifiuti Zero lancia proposta di iniziativa popolare per l’istituzione di un tavolo di confronto


Mercoledi 23 ottobre dalle ore 9,30 presso la Piccola Protomoteca del Campidoglio, il Movimento Legge rifiuti zero per l’Economia circolare ed il Comitato DeLiberiamoRoma #Mirifiuto hanno lanciato una proposta politica ai rappresentanti dei gruppi capitolini, dei municipi, dei lavoratori AMA, presenti insieme a numerose associazioni e comitati di quartiere da tutta la città.

La proposta è costituita dall’avvio di un percorso comune e condiviso tra i vari soggetti citati sia per il sostegno alla proposta di iniziativa popolare che per l’istituzione di un tavolo di confronto tra Roma Capitale ed i promotori di DeLiberiamoRoma sui contenuti della proposta di delibera stessa e sulla possibile attivazione di una possibile “delibera di iniziativa consiliare” che consenta di integrare e modificare quanto previsto nel testo di quella popolare che resta il punto di partenza in ogni caso.
I punti su cui ci sono state ampie convergenze in assemblea tra i promotori ed i consiglieri dei gruppi DemA e M5S sono infatti molti, a partire dalla previsione del decentramento in AMA di Municipio e dall’attribuzione ai Municipi di poteri di controllo e sorveglianza sulle stesse AMA municipali, sino alla previsione di piccoli impianti di trattamento di livello municipale.
Si è riscontrata invece una posizione differenziata dal gruppo M5S rispetto a quali strumenti usare per attuare la partecipazione popolare, in particolare sulla proposta degli Osservatori rifiuti zero si esprimono dubbi sui “poteri di indirizzo”, peraltro previsti già nella Delibera AC 129/2014 e ribaditi nella presente delibera di iniziativa popolare n. 104/2019.
L’ottima moderazione del dibattito condotta dal dott. Salvatore Giuffrida, della redazione romana di Repubblica, ha consentito il realizzarsi di un confronto serrato seppur molto critico sulla situazione attuale da parte dei soggetti intervenuti. Erano presenti in apertura oltre ai promotori di DeLiberiamoRoma #mirifiuto, molti Comitati di quartiere ed Associazioni ulteriori, i rappresentanti dei sindacati UIL e CGIL Roma e Lazio, alcuni lavoratori di AMA.

Per i soggetti istituzionali era presenti in apertura  il consigliere capitolino Cristina Grancio-DemA, il presidente del Municipio Centro e gli assessori ambiente dei Municipi II – PD e Municipio XV – M5S e in fase avanzata ci ha raggiunto il consigliere capitolino Roberto Di Palma – M5S, soggetti a cui sono state consegnate le richieste di sostegno nel parere delle commissioni competenti e di istituzione formale di un tavolo di confronto sul merito dei contenuti e su possibili nuovi atti per l’attuazione degli stessi.

#mirifiuto #deliberiamoroma

(by Nicola)

sabato 12 ottobre 2019

Il 'Movimento' del quale siamo cofondatori risponde alla Gabanelli e la invita all'evento del 23 p.v. a Roma per discutere la nuova Delibera di iniziativa popolare sui rifiuti romani

 

Cara Milena,

abbiamo apprezzato molto il tono dialogante della sua risposta alla nostra lettera aperta, forse inconsapevole che il suo articolo poteva aprire una specie di campagna pubblica motivata alla costruzione di nuovi inceneritori.  Su questo aspetto lei stessa potrà verificare che alcuni soliti media ed organi di stampa si sono sperticati subito dopo il suo articolo a tessere le lodi di questa tecnologia, ritenuta obsoleta sia in sede scientifica che in quella più propriamente istituzionale della commissione e del parlamento europeo.
Lei sicuramente avrà conoscenza del processo legislativo vigente dal 2018, avvenuto in sede di Commissione europea a partire dal 2016 sul pacchetto di economia circolare, che di fatto oggi non supporta più il “recupero di energia” ma solo il “recupero di materia” effettuato con il riutilizzo – il riciclaggio – la produzione di materia prima secondaria. Tale percorso ha prodotto diversi atti tra cui la Risoluzione del parlamento europeo di aprile 2018  http://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TC1-COD-2015-0275_IT.pdf  sulla cui base sono state poi approvate le quattro Direttive a maggio 2018, in particolare l’art. 5 bis della 850/2018/CE sulle discariche: “c) il peso dei rifiuti urbani sottoposti alle operazioni di smaltimento mediante incenerimento e il peso dei rifiuti prodotti in operazioni di stabilizzazione della frazione biodegradabile dei rifiuti urbani, destinati a essere successivamente collocati in discarica, sono comunicati come collocati in discarica;”  e l’art. 3 della 851/2018/CE sulla gestione rifiuti in cui l’incenerimento è stato assimilato allo “smaltimento” e non più al “recupero” genericamente: “«punto 15 bis. «recupero di materia», qualsiasi operazione di recupero diversa dal recupero di energia e dal ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o altri mezzi per produrre energia. Esso comprende, tra l’altro, la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e il riempimento;». Ulteriore atto rilevantissimo è la successiva Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 27 marzo 2019 che all’art. 6 comma 1 punti f) e g) stabiliscono che i finanziamenti del programma FESR non saranno più destinati all’impiantistica legata al trattamento in incenerimento ed allo smaltimento in discarica dei rifiuti urbani residui, identificati dal seguente emendamento “Per rifiuti residui si intendono principalmente i rifiuti urbani non raccolti separatamente e gli scarti del trattamento dei rifiuti”. http://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-8-2019-0303_IT.pdf
Così come abbiamo molto apprezzato i suoi precedenti articoli sull’attuazione di una vera economia circolare che è il tema su cui stiamo lavorando da tre anni, anche con qualche importante successo che può dare in parte la risposta alla domanda del che facciamo “qui ed ora”.
Premesso che la dotazione impiantistica di incenerimento è principalmente ubicata in Lombardia ed in subordine in Emilia-Romagna e Toscana oltre che in forma minore in altre regioni, nella sua analisi manca un pezzo importante che spieghi perché e come dal 2015 il governo PD (Matteo Renzi) abbia proceduto al far trasferire i rifiuti indifferenziati del Centro e del Sud, sinora sottoposti a vincolo di trattamento dentro la regione di produzione, potessero conferire presso gli inceneritori del Nord. Questo in quanto è stata l’attuazione del famigerato art. 35 del decreto Sblocca Italia poi convertito in Legge 164/2014 a far decadere gli ambiti regionali di bacino di conferimento sulla base del comma 6 che stabilisce che per gli “impianti di recupero energetico non debbano sussistere vincoli di bacino ….. assicurata solo per la disponibilità residua autorizzata, al trattamento di rifiuti urbani prodotti in altre regioni.”, preceduto dal comma 3 che stabiliva che gli inceneritori “sia esistenti sia da realizzare sono autorizzati a saturazione del carico termico”.
Questa improvvida normativa non ha prodotto che enormi problemi su un sistema, che lei giustamente rileva si stava invece avviando alla sua obsolescenza programmata dato l’aumento della raccolta differenziata di qualità al nord, a causa dell’enorme aumento previsto nel 50% della capacità di incenerimento (da 6,2 Milioni/ton/anno > a 9,0 Milioni/ton/anno), sommando l’aumento dovuto alla saturazione del carico termico (circa 1 Milione/ton/anno) con quello dovuto ai nuovi impianti previsti (circa 1,8 Milioni/ton/anno) fortunatamente non andati in porto sinora.
Ovviamente l’aumento di capacità a saturazione del carico termico ha avuto l’effetto di un conseguente aumento al Nord da 4,5 Milioni/ton/anno a 5,5 Milioni/ton/anno con il conseguente previsto aumento di circa un quarto di emissioni di particolato tossico in una area come la valle Padana che risulta per il pm 2,5 la peggiore in termini di qualità dell’aria in tutta Europa.
Senza considerare l’ulteriore effetto secondario dovuto al fatto che l’attuazione del comma 6 dell’art. 35 non prevede affatto una priorità di accesso anche ai rifiuti speciali inceneribili prodotti nella regione sinora smaltiti negli impianti esistenti, tenendo conto che i rifiuti speciali sono in peso in media otto volte superiori a quelli urbani, se ne deduce che questo stia avviando l’invio di questi rifiuti presso i cementifici autorizzati a bruciare il CSS (con notevolissimi aumenti delle emissioni ed una peggiore capacità di filtrazione delle polveri) e la costruzione di nuovi inceneritori dedicati! 

LA BUONA NOTIZIA
Lei dice di “non ricordarsi che qualcuno si sia opposto a questo problema … del trasferimento di rifiuti negli inceneritori del nord” , ma in effetti forse lei ed altri non sono proprio a conoscenza che almeno quattro associazioni riconosciute dal ministero dell’ambiente, tra cui la nostra che ha impugnato l’atto, hanno depositato entro dicembre 2016 il ricorso al TAR Lazio contro il decreto attuativo dell’art. 35 dello Sblocca Italia – DPCM 10-8-2016 che pianificava sia la capacità di incenerimento in esercizio che quella da autorizzare / realizzare con otto nuovi inceneritori al Centro ed al Sud per 1,8 Milioni/ton/anno.

Dei quattro ricorsi presentati al TAR Lazio in particolare soltanto il nostro, depositato da VAS onlus e da Movimento Legge Rifiuti Zero per l’economia circolare supportato in adiuvandum da Comitato Donne 29 agosto di Acerra e dall’ass.ne Mamme salute e ambiente Venafro IS, ha ottenuto come richiesto il rinvio del giudizio alla Corte di giustizia europea di Lussemburgo con ordinanza TAR Lazio n. 4574 del 24-4-2018.
La CGUE ha esaminato le quattro diverse richieste di chiarimento del TAR Lazio, in ordine alla coerenza dell’art. 35 dello sblocca Italia e del DPCM attuativo con le Direttive europee 2008/98/CE sulla gestione rifiuti che la direttiva 2001/42/CE sulla procedura di V.A.S., sentenziando che il DPCM non è affatto in linea con la direttiva V.A.S. per mancata effettuazione della stessa, esprimendo anche giudizi critici sulla interpretazione della anomala definizione degli inceneritori quali “infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale” in ordine alle necessario rispetto dell’articolo 13 della Direttiva 2008/98/CE che recita che “gli Stati membri prendono le misure necessarie per garantire che la gestione dei rifiuti sia effettuata senza danneggiare la salute umana e senza recare pregiudizio all’ambiente, in particolare senza creare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo, la flora o la fauna.”
Secondo lei aumentare del 50% la capacità di incenerimento totale italiana passando da 6,2 a 9,0 Milioni/Ton/anno danneggerà o no la salute umana e comporterà o no pregiudizio all’ambiente in particolare all’aria ed al suolo in una area almeno circostante venti chilometri da ogni inceneritore, salvo improbabile smentita dal governo in sede di TAR Lazio con documentazione scientifica comprovata?
La sentenza della CGUE di fatto infatti rinvia il giudizio di merito al TAR Lazio, che si pronuncerà il 22 aprile 2020, con una sentenza che già ha scritto di fatto la decadenza del DPCM 8-10-2018 e quindi l’attuazione dei principi dell’art. 35 tra cui anche i commi già richiamati 3 e 6 che tanto danno hanno prodotto.  http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=213860&pageIndex=0&doclang=IT&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=2118552

LE NOSTRE PROPOSTE ATTUABILI

Quanto possiamo fare tutti insieme “qui ed ora” è di nuovo sollecitare in primis il ministro all’ambiente Sergio Costa e a seguire le commissioni ed i gruppi parlamentari ognuno per quanto di competenza per:
  1. Revocare immediatamente il DPCM 10-8-2016 e procedere alla riscrittura totale dell’art. 35 sulla base delle nuove Direttive europee, punto su cui stiamo elaborando una nostra proposta di legge concreta;
  2. Recepire immediatamente le quattro Direttive europee sull’economia circolare, in particolare la 850 e 851/2018/CE, modificando il D. Lgs. 15272006 sulla base dei principi contenuti nelle stesse;
  3. Esaminare la proposta di legge di iniziativa popolare “Legge Rifiuti Zero” depositata nel 2014, di cui il sottoscritto è primo firmatario, tuttora ripescata nel 2018 ma ancora in attesa di esame presso la commissione ambiente della Camera dei deputati http://www.camera.it/leg18/126?tab=&leg=18&idDocumento=3&sede=&tipo=
  4. Esaminare le quattro proposte di legge da noi elaborate nel 2018, e sottoposte a petizione nazionale, che anticipando le Direttive europee prevedono già di rimuovere i principali ostacoli all’avvio di una vera economia circolare in Italia:
  5. Introdurre la tassazione di scopo su tutti gli inceneritori o “Waste Tax”, in quanto impianti di smaltimento parificati alle discariche;
  6. Ricalcolare l’importo attuale del C.A.C. – Contributo Ambientale CONAI, che attualmente per il riciclo degli imballaggi immessi sul mercato dalle loro stesse aziende associate di produttori copre appena circa il 20% dei costi necessari alla raccolta ed al trattamento di riciclaggio a differenza della originaria “copertura integrale dei costi” nel Decreto Ronchi modificato nel 2008. Tale incredibile dato è stato valutato nel 2016 dall’AGCM con apposita inchiesta IC49/2016 pubblicato sul sito e poi successivamente modificata, ma al momento il CONAI copre solo i “maggiori costi”, anche se con l’applicazione dell’art. 8 bis della nuova Direttiva 851/2018/CE dovrà coprire almeno l’80% dei costi;
  7. Introdurre ex novo tutta la normativa rispetto all’inquinamento olfattivo, un vuoto legislativo che da sempre impedisce di stabilire la molestia ed il disturbo olfattivo, il sistema di rilevazione del suo impatto ed il sistema monitoraggio delle fonti emissive, oltre che alle opportune sanzioni in caso di violazione. Tale norma riguarda tutti gli impianti che trattano rifiuti ma anche impianti di depurazione reflui urbani, grandi allevamenti e qualsiasi tipo di industria chimica o petrolchimica a ridosso delle città e dei centri urbani;
  8. Rivedere il sistema di incentivazione pubblica energetica, che oggi attraverso il GSE finanzia da sempre “il recupero di energia” con contributi a fondo perduto per circa 4 Miliardi di euro annui l’incenerimento e la combustione di biogas e biomasse, oltre circa 5 Miliardi di euro stanziati dal governo Gentiloni per la riconversione degli impianti biogas a cui sono scaduti gli incentivi vecchi per la riconversione a biometano. Noi proponiamo invece di incentivare il “recupero di materia”, che oggi riceve ZERO contributi, come il compostaggio aerobico per la produzione di compost agronomico di qualità e il riciclaggio delle frazioni secche differenziata attraverso il recupero di frazioni plastiche e cellolosiche, anche dal secco residuo e la produzione di beni e materiali da materia prima secondaria.
Su tutte queste proposte e sulla nostra visione concreta edattiva per una vera economia circolare sono nella piattaforma di cui inviamo il link, e siamo a sua disposizione per un confronto pubblico o un dibattito presso la vostra redazione. http://www.leggerifiutizero.org/wp-content/uploads/2019/10/Piattaforma-programmatica-transizione-verso-economia-circolare.pdf

La invitiamo con l’occasione a partecipare al prossimo evento previsto in protomoteca del Campidoglio il 23 ottobre ore 9,30 per discutere la nuova Delibera di iniziativa popolare sui rifiuti romani, da noi proposta e depositata con moltissime firme, per dare una svolta di medio-lungo periodo alla gestione dei rifiuti di Roma. Info www.deliberiamoroma.it

Cordialmente

Roma 10-10-2019

Massimo Piras


(by Nicola)

venerdì 11 ottobre 2019

Domenica 13 la 'Falco' guida le famiglie al museo

(by Nicola)

Sex and excavations and Rock & Roll


(by Nicola)

Milena Gabanelli risponde alla lettera del nostro 'Movimento'




Gentile Movimento Rifiuti Zero,

le mie battaglie a sostegno di una raccolta differenziata più responsabile e fatta meglio sono note, come pure sono note le mie denunce sulla mancanza di impianti di compostaggio e la mancanza di incentivi per rendere la filiera più virtuosa. Ed anche un Dataroom (per tornare a tempi recentissimi) sulla urgenza di avviare una vera economia circolare e punire l’obsolescenza programmata.
Il mio ragionamento oggi parte da un dato di fatto: ogni giorno migliaia di tonnellate di rifiuti partono – su camion – dal Sud verso le regioni del Nord poiché al Sud non si sono attrezzati per smaltirli.
I capannoni che vanno a fuoco per autocombustione o perché incendiati (uno ogni 3 giorni), dagli atti della magistratura inquirente, contengono principalmente plastiche. Probabilmente quella che prima riuscivamo a mandare in Cina e che oggi nessuno vuole più. L’impatto ambientale è devastante e i costi di bonifica enormi, tutti a carico degli enti pubblici poiché “i responsabili” o non li trovi, o sono falliti.
Le aziende di riutilizzo sono concordi: il 30% dei rifiuti prodotti è scarto non riutilizzabile. Cosa fare di questo 30% quindi?
L’Europa invita a non produrre più plastiche non riciclabili entro il 2030. Ottimo! Invita a dismettere gli inceneritori. Ottimo! La Lombardia ne stava dismettendo 3, l’Emilia Romagna 2, ma poi nel 2015 il governo ha invitato le regioni che hanno più impianti a prendersi i rifiuti del Sud. Questo ha comportato, e comporta, che migliaia di camion vadano avanti e indietro (mi pare che le emissioni dei tir siano piuttosto inquinanti), che gli inceneritori che stavano chiudendo abbiano ripreso a pieno regime. Non mi ricordo che qualcuno si sia opposto a questo “spostamento del problema”.
Siamo tutti d’accordo sul fatto che il mondo debba andare da un’altra parte, ma secondo lei è giusto che nell’attesa di diventare tutti virtuosi, una parte del Paese debba essere inondata di emissioni nocive (che si spargono per km come scrivete voi), che sopporti questo carico di trasporti pesanti, e in più paghi il prezzo della nuova filiera della criminalità generata proprio dal fatto che i rifiuti, più li sposti e più rendono? Infatti sono aumentati i prezzi di conferimento agli impianti. Guadagna il privato, paga il pubblico, e in mezzo qualcuno intossica intere città (a Milano per giorni solo le diossine sono state 100 volte sopra i limiti).
L’esempio di Bolzano l’ho citato perché, da quel che risulta, è quello di ultima generazione con la tecnologia più avanzata. Dai dati dell’agenzia provinciale per l’ambiente il traffico della città di Bolzano emette PST 100 volte superiore a quelle che si misurano vicino al termovalorizzatore. E il fatto che l’energia prodotta venga immessa in rete e non vada dispersa non credo sia un fatto trascurabile. Come è fondamentale il fatto che la gestione è totalmente pubblica, quindi non deve guadagnare, ma ammortizzare i costi. Al contrario di quel che avviene in tutti gli altri inceneritori o termovalorizzatori. Per questa ragione credo – pragmaticamente – che se venisse costruito qualche impianto (uno o due?) modello Bolzano nei territori sprovvisti, si comincerebbe a chiudere – come era previsto – i 5 impianti del nord. Ricordo che si stavano dismettendo per mancanza di roba da bruciare, poiché la differenziata e il riciclo avevano tolto “carburante”. Quindi la dismissione, è la naturale conseguenza delle cose, quando ogni comune organizza una buona filiera mettendo il cittadino in condizione di rispettarla.
Non ho passione per gli inceneritori, non serve ribadirlo, però spiegatemi voi come se ne esce. Con le discariche? Perfetto, qualcuno le faccia, battetevi per farle! Ci vogliono 7 anni per costruire un impianto? In 7 anni è stata costruita l’Autostrada del Sole! Perché 7 anni? La mia campagna informativa su clima, ambiente, salute, sostenibilità, come potete vedere e leggere continua quasi ossessivamente, ma ogni tanto mi pongo qualche problema concreto, che riguarda il “qui e ora”.
Per quel che riguarda invece il titolo, non sono io ad occuparmene. Se conoscete un po’ del mondo dell’editoria ben sapete che servono ad attrarre la lettura. Importante che non dica cose diverse da quelle che sono poi nell’articolo. Non mi pareva questo il caso.
 
Un cordiale saluto
 
Milena Gabanelli

(by Nicola)

Contratti Istituzionali di Sviluppo (CIS) Molise


Ieri si è celebrata la 'Giornata mondiale della salute mentale.' Da noi, a giudicare da quanto accaduto in questi mesi con il CIS Molise, la salute e quella mentale in particolare, sono ormai uno sbiadito ricordo!
Bene faranno i sindaci 'frondisti' a far sentire la propria voce e a rimarcare le ingiustizie che le popolazioni che rappresentano saranno costrette a subire grazie anche alla complicità dei soliti noti!

(by Nicola)

mercoledì 9 ottobre 2019

Raccolta differenziata a Roma. Ennesima truffa!


https://www.iene.mediaset.it/video/roma-raccolta-rifiuti-soldi-cittadini_531025.shtml

(by Nicola)

“Duro” o “ostativo”: pro e contro




Le Corti internazionali di giustizia stanno dando sempre maggiore prova della loro incapacità a valutare le reali condizioni di singoli paesi, emettendo sentenze frutto di argomentazioni teoriche senza alcun rapporto con la realtà.
Sorprendente è la sentenza della Corte dei Diritti dell’uomo di Strasburgo che ha accolto le richieste del capo mafia Marcello Viola, il quale era già stato condannato in Italia a 4 ergastoli.
Secondo la Corte di giustizia la condanna al carcere “duro” o “ostativo”, cioè a vita e senza nessun altra possibilità di beneficio, sarebbe disumana, perché toglierebbe anche la speranza di uscire dal carcere. La Corte non tiene conto del fatto che tale tipo di pena è evitabile se il mafioso condannato si pente e collabora con la giustizia.
La Corte confonde la disumanità del carcere con la speranza di venirne fuori. E dimostra di non conoscere che i nostri carceri sono tutt’altro che disumani, tranne alcuni casi che devono essere assolutamente risolti.
La Corte, inoltre, non valuta il fatto, storico e accertato, che i mafiosi mantengono per tutta la loro vita una convinzione non sradicabile di appartenere a una realtà sociale perennemente in contrasto con lo Stato e la legalità costituzionale.
Gli esempi sono numerosissimi. E, pertanto, cancellare la norma del carcere ostativo è fuori luogo.
In una parola, la Corde dei Diritti dell’Uomo ha deciso in assenza di potere e la sua decisione è da ritenere giuridicamente nulla.
Comunque, è da ricordare che le norme e le decisioni della Cedu sono norme “interposte” tra la Costituzione e la legge, il che significa che la Corte costituzionale può sindacare le decisioni della Cedu e dichiararle inapplicabili. La dizione “norme interposte” infatti significa che il giudice delle leggi, e cioè la Corte costituzionale, prima di decidere della validità o meno delle nostre leggi, deve stabilire se le norme e le sentenze Cedu siano conformi alla nostra Costituzione.
Insomma la Corte costituzionale ha giurisdizione sugli atti della Cedu (vedi sentenze 348 e 349 del 2007).
In conclusione, un compito importante grava oggi sulla Corte costituzionale, poiché se Essa non rimuove gli effetti di questa sentenza della Corte dei Diritti dell’Uomo, che ha competenza a farlo, vedremo che tutti i mafiosi ricorreranno alla Cedu ed otterranno la loro scarcerazione.
Un bell’effetto contro la lotta alla mafia e alla criminalità organizzata, posta nel nulla da una sentenza astratta della Cedu. La quale, ripetiamo, non valutato la natura e il contenuto del fatto oggetto della propria decisione.

Professor Paolo Maddalena
Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”


"L’articolo 117 della Costituzione vincola lo Stato italiano a rispettare la Convenzione europea dei Diritti umani e le sentenze della Corte di Strasburgo.". A ricordarlo è il presidente emerito della Consulta Giovanni Maria Flick.
C’è un po’ di Giovanni Maria Flick, del presidente emerito della Consulta che è stato anche guardasigilli, in una sentenza storica come quella sull’ergastolo ostativo. «Insieme con altri studiosi, avevo trasmesso alla Corte europea dei Diritti dell’uomo una valutazione in veste di amicus curiae, come avviene spesso per i casi sottoposti ai giudici di Strasburgo. Ebbene, ci eravamo permessi di sollevare un aspetto forse non sempre considerato, ossia la lesione che l’ergastolo ostativo produce anche rispetto alla competenza del giudice nella valutazione sull’effettivo recupero del condannato. E proprio la restituzione di tale piena potestà valutativa al giudice di sorveglianza è non solo un ritorno ai principi costituzionali, ma anche l’esclusione di qualsiasi rischio di mettere fuori i boss, come sento dire». Flick, naturalmente, non si sente affatto corresponsabile di una tremenda minaccia per la Repubblica: in una giornata storica per la civiltà del diritto, sa di aver cooperato a riaffermare il principio inviolabile della dignità.
Secondo l’articolo 117 della Costituzione siamo sottoposti agli obblighi derivanti dalla sottoscrizione di trattati internazionali. La Convenzione europea dei Diritti umani è un architrave di tale ordinamento sovranazionale: ne siamo vincolati e siamo dunque vincolati ad applicare le sentenze della Corte di Strasburgo. Nel caso specifico, considerato che il collegio ha dichiarato inammissibile il ricorso italiano, si afferma non un diritto di singole persone, ma un’indicazione vincolante a cui lo Stato deve uniformarsi. L’accesso ai benefici, per chi è condannato all’ergastolo, non potrà essere subordinato alla collaborazione. 
Ci sarebbe la possibilità di ricorrere al giudice affinché sollevi la questione di costituzionalità delle norme sull’ergastolo ostativo. Peraltro la stessa Corte costituzionale è già investita della valutazione sull’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario, che preclude l’accesso ai benefici per alcuni reati, e già in quella sede, tra pochi giorni, potrà esprimere una valutazione adeguata. Ma posso muovere un’obiezione alla sua stessa domanda?
Nel senso che trovo difficile una contestazione formale dello Stato italiano rispetto a un giudizio con cui la Corte di Strasburgo evoca il problema della dignità.
La Corte dice che va contro la dignità della persona offrire un’unica alternativa al carcere a vita individuata nella collaborazione con la magistratura. Non so fine a che punto sia una considerazione compatibile con quanto previsto dalla Convenzione di New York contro la tortura. E comunque non credo sia necessario spingersi fino a tal punto. Anche perché la Corte ha richiamato l’Italia al rispetto di un ulteriore cardine del diritto penale, qual è la competenza esclusiva del giudice sulla valutazione del percorso rieducativo del condannato e sul suo possibile reinserimento.
Evidentemente sì: subordinare l’effettivo reinserimento sociale del condannato alla sua eventuale collaborazione significa avocare la valutazione che dovrebbe competere al giudice naturale precostituito, se possiamo così definirlo, che nel caso del detenuto è il giudice di sorveglianza. Si tratta di un’affermazione che risponde anche alla presunta grande incognita che questa sentenza, per alcuni, dischiuderebbe.
Al fatto che riconoscere la competenza del giudice di sorveglianza fa giustizia dei timori di veder liberate fiumane di mafiosi: sarà il magistrato, in ciascun singolo caso, a valutare se è effettivamente compiuto un processo di recupero.
Anche in relazione a una conseguenza, sottovalutata direi, dell’ergastolo ostativo. Vede, nel nostro ordinamento, nella nostra tradizione, il processo di cognizione ha come oggetto il fatto. La gravità della lesione al bene giuridico offeso. A essere giudicato non è il mafioso o il corrotto, ma il fatto. L’uomo viene in considerazione solo con l’esecuzione della pena. Con l’ergastolo ostativo si opera un capovolgimento, perché nella fase di esecuzione si continua a giudicare non l’uomo e il suo percorso, ma ancora il fatto. Solo che così un Paese trasfigura i connotati stessi del diritto penale.
Tanto più perché simmetricamente connessa al cosiddetto diritto penale del nemico. Al mantra del buttare la chiave, in cui il carcere non è estrema ratio, ma soluzione abituale e, inevitabilmente, discarica sociale. In tal modo il processo di cognizione, a sua volta, non giudica più il fatto ma l’uomo, mafioso o corrotto che sia, in quanto nemico a prescindere.

In un momento di eccezionalità qual è stato il ’ 93 forse l’ostatività poteva avere una spiegazione: ora non la si può comprendere. Così come mi sono sempre sentito in compagnia del Santo Padre, di Moro, di Napolitano, nel ritenere che l’ergastolo fosse una pena illegittima nella formulazione ma legittima nell’esecuzione finché è possibile avere una prospettiva di uscirne con la liberazione condizionale, quando si ritiene ragionevolmente che il condannato si sia rieducato. Con la scomparsa, provocata dal regime ostativo, di quel recupero di legittimità, io proprio non riuscivo ad accettare quell’illegittima dichiarazione che è il fine pena mai.

ERRICO NOVI - 'Il Dubbio'
 
(by Nicola)

Eolico. La DIA (di Caltanissetta) sequestra tre terreni con impianti eolici a Civitacampomarano


E' deprimente apprendere che devono intervenire Procure di altre regioni per confermare che l'eolico in Molise è 'cosa loro!'
Tutti gli sforzi e le denunce contro l'eolico selvaggio molisano (infiltrazioni di ndrangheta e mafia siciliana) inoltrate con gli amici della 'Caponnetto', Emilio Izzo, AIIG Molise, Tiziano di Clemente,  'Prima le persone' e tanti altri, a 'chi' sono serviti?
Domanda: chi ha autorizzato l'impianto? Sono stati fatti accertamenti preventivi?
Attendiamo risposte...  che puntualmente non arriveranno!
 



 (by Nicola)

martedì 8 ottobre 2019

Inceneritori. Lettera aperta a Milena Gabanelli del 'Movimento Legge Rifiuti Zero' del quale l'OML è cofondatore




Video:


Cara Milena,

sono uno dei tanti che ha sempre apprezzato il tuo stile giornalistico di inchiesta, basato su fatti verificati e sulla base di informazioni attendibili da parte di soggetti competenti in campo scientifico, mentre il tuo ultimo pezzo sugli inceneritori è decisamente superficiale su un tema complesso, approssimativo nel fornire dati disomogenei e soprattutto demagogico nell’indicare la soluzione ai “690 roghi di rifiuti” che tu denunci.
Iniziando già del titolo e dal sottotitolo, che sono in genere la sintesi dei contenuti, dire mancano inceneritori” seguito da “…. Impianti che dalla spazzatura, con basse emissioni, creano energia”, affermazioni che ad essere buoni sono del tutto infondate e basate su valutazioni “un tanto al chilo”, forse prese da fonti poco attendibili, ma di cui ti voglio motivare nel dettaglio quali siano le carenze nel tuo articolo su un tema complesso che esigerebbe ben altra trattazione.
 1-“Mancano inceneritori” è una dichiarazione falsa non basata su evidenze scientifiche, dal momento che è vero esattamente l’opposto in quanto al momento in Italia c’è un surplus di “capacità di incenerimento” rispetto alla materia prima occorrente il CDR/CSS di cui e per fortuna non se ne produce a sufficienza, necessaria ad alimentare parte dei 40 inceneritori in esercizio.
 Ti dettaglio in merito che solo una parte degli inceneritori sono alimentati con rifiuti indifferenziati talquali” quindi non selezionati a CDR/CSS, come da sempre avviene per quelli di Brescia e di Acerra, che hanno uno scarso rendimento termico compensato con immissione massiccia di metano per favorire la combustione, quindi non proprio una tecnologia che crea energia” ma al contrario è una industria energivora oltre che nociva”. La maggior parte è invece alimentata a CDR/CSS attraverso la selezione in impiantI di trattamento cosiddetti TMB.
 2- Una tecnologia limitata e limitante in tutti i sensi!
 Il fatto specifico che soltanto a Brescia ed a Bolzano, ma non ad Acerra ed in gran parte dell’Italia che non ha un clima “polare”, il gestore dell’inceneritore abbia costruito un impianto di teleriscaldamento ti dovrebbe far riflettere su quanto sia limitata tale tecnologia a causa del suo regime di monopolio coatto e del costo in termini di manutenzione e di scarsa efficienza energetica dovuta alle inevitabili “dispersioni di calore” per il trasporto di calore a distanza.  
 3- In natura nulla si crea… 
 La incauta definizione di creazione” di energia” viene forse meglio descritta da una più avveduta formula di recupero di energia”, tenendo conto del principio della termodinamica che “nulla si crea e nulla si distrugge” ma banalmente il rifiuto incenerito si “trasforma” in ceneri pesanti e ceneri leggere o polveri sottili pm10 sempre tossiche da smaltire, polveri ultrasottili pm 2,5 e nanopolveri pm 0,1 che non sono filtrabili con nessun sistema meccanico e vengono “smaltite in atmosfera”.
 Queste polveri sono quelle che trasportano molecole di diossine-furani-pcb-metalli pesanti che non sono degradabili ma si accumulano sui suoli circostanti in un raggio di almeno venti chilometri e entrano nel ciclo biologico umano attraverso gli animali allevati per produrre latte e carne, accumulandosi nei grassi del nostro organismo ed in particolare nel latte materno delle donne in gravidanza. 
E’ certamente vero che il calore prodotto dalla combustione del metano (immesso dalla rete) e dei rifiuti inceneriti si può “trasformare” attraverso apposite centrali termiche in energia elettrica. Ma ti informo che il rendimento termico degli inceneritori è circa del 24%, un valore così basso che conviene di certo bruciare metano per produrre energia elettrica, da cui puoi dedurre che il 76% del contenuto energetico della “materia prima” viene di fatto azzerato, con ulteriore consumo di energia e materia per riprodurre la stessa materia prima.

4- I Sovvalli 

Come tu stessa dichiari nei depositi di rifiuti, oggetto di roghi dolosi e pericolosi per la salute pubblica, vengono ammassati i “SOVVALLI” una frazione che proviene dal trattamento di selezione dei rifiuti talquali negli impianti TMB. Questi impianti hanno un bilancio in uscita di circa il 25% del citato CDR/CSS da incenerire (la frazione combustibile plastico-cellolosica), circa il 35% di Frazione organica da stabilizzare che va infine in discarica e circa il 40% tra perdite di esercizio e SOVVALLI destinati ancora alla discarica.

 Credo sia chiaro a questo punto che la “frazione combustibile” per il 90% è stata già selezionata, quindi nei “sovvalli” non troverai che “scarti” di materiali misti contenenti anche limitate parti di plastica e cellulosici, ma in larga parte frazione organica non intercettata, schegge di vetro, residui di metalli e legno, residui tessili che, dovendo andare in discarica “a costo” di almeno 120-140 euro/tonnellata, può certamente risultare più “conveniente” anche se CRIMINALE dargli fuoco piuttosto che pagare il conferimento in discarica.

5- Le nuove direttive europee prevedono la dismissione degli inceneritori!

 Ultimo chiarimento in materia, ti informo che le nuove direttive sull’economia circolare approvate nel maggio 2018 ed in via di recepimento in tutta europa prevedono la dismissione degli inceneritori a favore di impianti di “riciclaggio e di recupero di materia”, dato che l’inceneritore e le discariche di servizio necessarie rispondono alla logica di un consumo “usa e getta”, una logica che non ci possiamo più permettere in termini di reperimento delle materie prime da estrarre che non abbiamo. 

6- altro che inceneritori, servono impianti di compostaggio e selezione

Pertanto, il punto OGGI non è certo quello di “costruire altri inceneritori”, che necessitano di circa sette anni in termini autorizzativi e costruttivi, ma dobbiamo costruire gli impianti di compostaggio aerobico per la frazione organica e di selezione dei materiali “differenziati” che devono essere la “materia prima secondaria” per costruire i beni ed i prodotti da riprogettare in chiave di “circolarità” e di “sostenibilità ambientale”.

Spero che questa lettera possa farti riflettere su quanto sia poco utile sparare un titolo su un tema cosi complesso, anche se di estrema attualità, su cui noi ed altri da oltre un decennio ci siamo impegnati.

Roma 8 ottobre 2019      

Per il Movimento Legge Rifiuti Zero per l’economia circolare

Il presidente
Massimo Piras 
 
(by Nicola)

Sanità. Consiglio comunale monotematico (07.10.2019)



https://www.youtube.com/watch?v=3Nj18zccxew&fbclid=IwAR1Qme2jz_8AgoOeCUn4d-0ZanSWNHI5hnSRxl41o2gArLj49-7f0NdfHRg

(by Nicola)

domenica 6 ottobre 2019

Pacco, doppio pacco e contropaccotto

QUANDO L’INFORMAZIONE DIVENTA UN FILM FANTASY


E' possibile per il Molise diventare una Regione moderna, proiettata nel futuro, culturalmente adeguata quanto meno a discutere dei propri problemi per poi provare seriamente a risolvere almeno quelli più gravi? Certamente si, è possibile, e i numeri lo dimostrano, come lo dimostra l'insieme di strumenti di supporto pubblico alla crescita economica e sociale che in altre parti d'Italia hanno prodotto, e affiancano, belle esperienze di progresso, non solo produttivo ma anche civile. Invece, dalle nostre parti, dobbiamo sentire ancora queste notizie assolutamente fuorvianti, smentite da fatti e documenti chiarissimi. Il risultato è che alla gente si riporta uno stato di fatto in realtà inesistente, depurato dalle responsabilità di molti vertici, istituzionali e non, che pure concorrono, o hanno contribuito, al disastro dell'economia molisana. Così qualche capannone per polli diventa “continuità aziendale” per giustificare l'ennesima C.I.G.S., la caporetto totale della filiera avicola molisana diventa “soddisfazione” per deputati e sindacati, politici responsabili di aver avallato nel passato programmazioni disastrose vengono riciclati in queste trasmissioni dove possono, senza alcuna vera interlocuzione alternativa, lamentare, indovinate cosa? La mancanza di una programmazione. Ci sarebbe tanto da discutere sulla massa, non indifferente, di danaro pubblico che gira nella nostra Regione e dei possibili utilizzi, seri e non campati in aria, specialmente dopo il flop dell’ Area di Crisi Industriale Complessa, che pure avevamo preannunciato perché emergeva palesemente dal contesto istruttorio: 970 manifestazioni di interesse, 18 preselezionate, 6 ammesse ai benefici e 3 rinunciatarie, risultato: solo 6 milioni di euro investiti su 15 a disposizione. Praticamente un disastro che in trasmissione viene eufemisticamente definito un risultato diverso da quello che ci si aspettava. E, addirittura, chi ha gestito l'Area di Crisi gestirà quell'altra goliardia del CIS, 220 milioni di euro destinati ad opere frutto del velleitarismo di sindaci che non hanno, evidentemente, alcuna esperienza di programmazione conforme agli obiettivi dei Contratti Istituzionali di Sviluppo, che mirano ad interessi di rango nazionale. Ma sono sempre sindaci, rappresentano voti, e allora vai con finanziamenti assurdi che non produrrano alcun posto di lavoro e fra qualche anno li vedremo abbandonati sul territorio, monumenti all'incapacità di chi pensa solo al presente e mai al futuro, e solo dopo si accorge che quelle non sono le costruzioni che componeva da bambino, ma richiedono manutenzione, impegni finanziari, un ritorno in termini di bilancio ecc. Basta andare a Bojano per verificare che fine hanno fatto i 4 milioni di euro sprecati per una inutile strada alle spalle di un'azienda chiusa. Vogliamo continuare così? Va bene, ma almeno l'informazione sia veritiera, si basi su fatti e documenti e non avalli le distorsioni della realtà che oggi convengono a sindacati e politici. Sono state tante le inesattezze dette in trasmissione, anche in termini di omissioni, che risulta impossibile discuterne in questa sede, ma sulla nostra pagina sono già state ampiamente smentite. Una cosa, però, vorremmo far notare al RSU GAM presente in trasmissione: scusa, ma se la banca ti chiede garanzie per un prestito su un capannone per polli perché voi sindacalisti non avete chiesto le garanzie ad Agricola Vicentina srl sia per i 28,2 milioni che avrebbe dovuto sborsare per il nuovo macello e sia per quest'altra bufala che vi siete inventata di un loro impegno per potenziare gli allevamenti? All'amico conduttore, non ce ne voglia, ma gli sottolineiamo che un' azienda privata finanzia impianti di allevamento solo in regime contrattualizzato sull'acquisto del prodotto, e questa capacità finanziaria Agricola Vicentina srl non ce l'ha, almeno stando ai bilanci, né la Alimentare Amadori SpA, che mai compare negli atti ufficiali e della quale spendete il nome senza alcuna giustificazione, si è mai fatta avanti per assumere un simile impegno. Insomma, ci hanno fatto un bel pacco, e delle speranze di cui si è parlato in trasmissione non esiste, né è mai esistita, nemmeno l'ombra. Agli amici cittadini che non si interessano di queste cose, ed è comprensibile visto quanto detto finora, vogliamo ricordare che parliamo di soldi nostri e non di regali dello Stato o della Regione, e li stanno spendendo al di fuori di ogni ragionevolezza. Ci vorranno anni prima di rimettere il Molise in corsa, intanto siamo fuori da ogni programmazione degna di questo nome, preventivamente verificabile nei presupposti, e ci affidiamo a gente che, dopo aver dimostrato solo incompetenza, ancora insiste ad utilizzare metodi di penetrazione sul territorio già censurati dalla Corte dei Conti Sez. Centrali, e questo vale anche, e soprattutto, per il Presidente Conte. Del resto è bastato mandarci tra i piedi una semplice s.r.l. che ha circa, e non sempre, una decina di dipendenti, una, praticamente, inesistente capacità finanziaria per discutere un Contratto di Sviluppo da 47 milioni di euro ma può permettersi di portare a capezza Regione, Stato, politici e sindacati intorno ad un tavolo ministeriale dove fa anche la voce grossa su “impegni disattesi” dagli altri senza che nessuno gli abbia mai chiesto di tirare fuori i soldini che sono a loro carico. E in tutta questa incredibile confusione, che, volente o nolente ha messo definitivamente fuori dal mercato delle carni bianche una grande realtà industriale, in trasmissione ancora confondono i 47 milioni di euro del Contratto di Sviluppo con il contributo statale che bisogna far rimanere nel Molise. Ma quante volte ve lo dobbiamo dire che di quella somma il contributo statale è solo il 40%, che, peraltro, sarebbe stato messo a disposizione solo se il referente privato, Agricola Vicentina s.r.l. avesse tirato fuori il suo 60%. In ultimo facciamo notare a Telemolise che, se si sta cercando un nuovo partner privato significa che al momento una simile figura non esiste più. E allora ci spiegate come si può ritenere sussistente la “continuità aziendale” che giustifica la proroga della CIGS? O dobbiamo fare anche noi la parte dei boccaloni e credere che la cd. “filiera bassa”, e cioè qualche capannone, peraltro finanziato anche con soldi pubblici e a cui costi NON partecipa il cd. referente privato del tavolo ministeriale, rappresenti la “speranza” o il “lumicino” più volte citato in trasmissione? Dai, a tutto c'è un limite. Sulla nostra pagina abbiamo pubblicato il verbale del tavolo ministeriale tenutosi il 30.09.2019 così potrete leggere tutti chi c’era realmente e cosa è stato detto.
Il portavoce
Alfonso Mainelli
(by Nicola)