lunedì 30 novembre 2020

Recovery fund: ancora provvedimenti assistenziali

L’allentamento delle restrizioni per l’infezione da COVID-19 è evidentemente diretto a facilitare il commercio e l’economia, ma presenta caratteri inquietanti per quanto riguarda la lotta all’infezione.

Allentare le restrizioni significa, in primo luogo, agire negativamente sulla mente dei cittadini, i quali riprendono la loro libertà di movimento e di assembramento, senza pensare agli effetti nocivi di questi atti.

In particolare impensierisce il ritorno della Lombardia nella zona arancione. Fatto che non tiene in nessun conto che i contagi e i decessi in quella regione costituiscono il 40% dei contagi e dei decessi nazionali. Sembra proprio che il governo abbia ceduto alle pressioni della confindustria, alla quale poco interessa la salute dei cittadini.

A conti fatti trionfa soltanto l’amore per il denaro.

Sul piano europeo, colpisce negativamente l’affermazione di Cristine Lagarde, secondo la quale i debiti non si toccano, espressione che prescinde dalla considerazione essenziale della giustizia o ingiustizia del debito. Ingiustizia che è palese e incontrovertibile nei debiti da speculazione e nei debiti da scommesse, come derivati e simili, poiché sia la speculazione, sia il gioco e la scommessa non hanno tutela giuridica e non fanno nascere obbligazioni giuridiche di restituzione, come afferma molto chiaramente l’articolo 1933 del codice civile. L’apertura sull’argomento fatta da Sassoli, Presidente del Parlamento europeo, è stata subito soffocata da Gentiloni, il quale, dopo essersi dimostrato un convinto neoliberista durante la sua gestione di Capo del governo italiano (basti pensare che ha distrutto i boschi e le foreste con il testo unico foreste) continua nel suo atteggiamento proditorio nei nostri confronti dando manforte alla Lagarde e dimostrando un vuoto nelle sue convinzioni.

Per quanto riguarda i progetti del Recovery Fund, di fronte alla struttura piramidale, prevista da Conte, che dovrebbe sostituire gli organi istituzionali in questa vicenda, a parte ogni considerazione sulla sua costituzionalità, resta il fatto gravissimo che le materie prese in considerazione sono le 6 seguenti:

  1. digitalizzazione
  2. transizione green
  3. istruzione
  4. formazione
  5. inclusione sociale
  6. salute

Manca assolutamente la visione di uno Stato imprenditoriale, che possa riconquistare le fonti di produzione di ricchezza nazionale e porre l’Italia in condizioni di parità con gli altri Stati europei.

Puntando su queste materie, tra le quali non neghiamo che talvolta come sanità, istruzione e ambiente, sono pienamente valide per il futuro, il governo tralascia completamente l’aspetto immediato, fondamentale e primario della trasformazione del sistema economico predatorio neoliberista, che ci rende schiavi dei Paesi forti dell’Europa, e evita di porre le basi per una vera e solida ricostruzione della proprietà pubblica del Popolo italiano, unica fonte di produzione di ricchezza nazionale. Un recupero di ricchezza imposto tra l’altro dall’articolo 43 della Costituzione, secondo il quale devono essere nella mano pubblica o di comunità di lavoratori e di utenti i servizi pubblici essenziali, le fonti di energia (i cui prezzi influenzano la produzione totale) e le situazioni di monopolio.

Il governo così facendo dimostra di non avere la minima idea di cosa bisogna fare per ricostituire la ricchezza nazionale dissipata dai precedenti governi succedutisi all’assassinio di Aldo Moro, con le privatizzazioni e le svendite a inesperti faccendieri privati e a fameliche multinazionali.

Non c’è una parola contro le privatizzazioni, cioè della fraudolenta trasformazione degli Enti pubblici economici, che devono agire nell’interesse del Popolo, in S.p.A., che devono perseguire gli interessi di pochi singoli soci, spesso stranieri.

Così sta avvenendo per l’Ilva di Taranto, dove il governo prevede di intervenire in modo assistenziale, assumendosi il 50% del capitale sociale, senza nulla modificare sul piano produttivo e ambientale della fabbrica e proseguendo così in un’azione che mantiene i danni alla salute del Popolo tarantino e non ha altro fine che quello di aiutare una multinazionale straniera in difficoltà: Arcelor Mittal.

A nostro avviso questo governo ha assunto una posizione politica assolutamente subordinata alle idee neoliberiste, ampiamente professate in Europa, e non sta facendo altro che spingere l’Italia verso la sua definitiva estinzione economica.

Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

(by nicola)

... rimettere i margini al centro

Se l’Italia riparte dalle aree interne, come possono le aree interne emanciparsi da se stesse? Spieghiamo: la pandemia ci ha costretti a ragionare sugli spazi, sui luoghi poco – o meno - abitati del nostro Paese e ci ha portati a definirli rifugi, sacche di futuro, modelli di sviluppo sostenibile, mete di turismo lento e responsabile, officine per progetti di cambiamento, case in cui riabitare. Ma il modo in cui tutto questo smette di essere utopia e diventa realtà, sono stati in pochi a definirlo.

«Aree interne non si nasce, si diventa»: è una frase illuminante del Professor Rossano Pazzagli, con cui ci siamo confrontati in un percorso a ritroso e in avanti, fino a capire come si realizza questa nuova vita: la relazione con le città, il potenziale attrattivo, le disuguaglianze territoriali e le risorse in mano alle comunità. Rossano Pazzagli è docente di Storia del territorio e dell’ambiente all’Università del Molise, esponente della Società dei Territorialisti. E’ stato anche Direttore del Centro di Ricerca per le Aree Interne e gli Appennini.

Oggi, dal suo osservatorio, come appaiono i margini dell’Italia?

«Sono territori a cui dobbiamo guardare sempre di più, sottovoce vorrei affermare che sono luoghi pronti al futuro, ma in realtà il processo di marginalizzazione e di declino sta continuando, con la conseguenza di una perdita dei servizi. Oggi le guardo con maggiore attenzione e dovremmo farlo tutti. L’emergenza sanitaria in corso ci indica le contraddizioni del nostro tempo e ci spinge a ripensarle, ingiustamente isolate dal processo di sviluppo dell’età contemporanea. Il paese è come scivolato a valle, molti sono andati via dalle colline, dalle montagne, dai fondo valle interni per spostarsi verso i centri urbani e le coste, verso l’estero anche. C’è stata un’emigrazione importante e queste aree hanno perso popolazione ed economie. Sono però rimaste molte cose – al contrario di ciò che si pensa – e lo dimostrano gli studi e le ricerche che stiamo portando avanti. Non solo perché, fisicamente, il niente non esiste, ma soprattutto perché questi territori sono ancora ricchi di valori utili agli abitanti e a tutta la società. E possiamo fare degli esempi: l’acqua, l’aria pura, il paesaggio, quell’insieme di servizi eco-sistemici di cui abbiamo bisogno. Ed è per questo che il compito di prendersene cura non va affidato solo a chi è rimasto, ma a tutti».

Perciò queste aree interne non sono sempre state lì, sono passate a questa condizione: che significa?

«Sono uno storico e – per deformazione professionale – sono portato a vedere gli accadimenti in una prospettiva di lungo periodo. Se mi riferisco alle aree interne, noto che ci sono tantissimi paesi in cui alla metà del Novecento vivevano molte più persone, esistevano diverse attività, c’era un paesaggio e un territorio curato, coltivato, pascolato e anche i boschi erano utilizzati. Tutte queste erano risorse. Non c’è nulla di ineluttabile perciò, essere aree interne non è questione di destino, la responsabilità appartiene ad un modello di sviluppo che ha scelto di polarizzare l’economia e la popolazione nelle zone centrali, trascurando e dimenticando gran parte della superficie nazionale, dal Nord al Sud, dove c’è una marginalizzazione ancora maggiore, perché la questione territoriale si somma alla questione meridionale. Il Mezzogiorno è colpito due volte, ma tutta l’Italia ha subito forti processi di marginalizzazione che hanno penalizzato in modo particolare l’agricoltura e l’allevamento, due settori da cui noi tutti dipendiamo».

Ci sono però diversi strumenti a sostegno, pensiamo alla Legge Piccoli Comuni, alla Strategia Nazionale Aree Interne, il Recovery Fund a misura di Sud: sono interventi che possono in qualche modo risollevare i territori interni?

«I soldi servono, ma non bastano. E questo ce lo dice l’esperienza passata, fatta di grandi finanziamenti e nessuno sviluppo reale. Allo stesso modo non servono i progetti calati dall’alto, per cui io credo che a queste azioni bisogna guardare con favore, soprattutto alla Snai, importante per aver introdotto una metodologia completamente nuova, confrontandosi con i territori. C’è bisogno di processi di programmazione dal basso, partecipati dalle comunità locali, che si basino prima di tutto sulle risorse endogene. Altrimenti riproporremo un modello già visto, quello dell’industria e degli investimenti che arrivano da fuori e solo sul momento producono qualche posto di lavoro, ma in prospettiva non si radicano e non vanno incontro alle vocazioni di un territorio. Non possiamo più pensare di risolvere i problemi delle aree interne applicandovi lo stesso modello che le ha marginalizzate, è necessario cambiare. Pensare alla rinascita significa invertire la prospettiva di sviluppo, creare un diverso mercato, un rinnovato rapporto città-campagna, senza guardare alla quantità ma alla qualità. Insomma, si deve uscire dall’idea della crescita infinita».

La pandemia, in questo senso, sembra aver avuto un’evoluzione: da crisi ad opportunità. Quanto è vero e quanto è possibile un ritorno alle aree interne, secondo lei?

«Non è possibile immaginare di ripopolare le aree interne senza riportare i servizi e senza creare opportunità di lavoro per chi ci abita. E’ un passaggio fondamentale. Io le definisco terre sane e il Covid ce lo ha dimostrato, colpendo prima e ferocemente le aree urbane più sviluppate e spontaneamente è accaduto che molti cittadini abbiano cominciato a ragionare su un possibile ritorno ai paesi. Al momento però si tratta solo di una fuga. La politica ha la responsabilità di trasformarla in qualcosa di duraturo, in una strategia. E per farlo non è possibile prendere scorciatoie, si passa per forza dai servizi: la scuola, i presidi sanitari, i collegamenti materiali – strade vere, quelle che in tante aree interne sono dissestate - e immateriali, quindi internet, la banda larga, le connessioni. Riabitare non significa tornare al passato, alla vita dei nonni. E’, piuttosto, utilizzare le nostre conoscenze e le nostre tecnologie per rendere queste zone nuovamente vive. Penso non ci sia nulla di meglio che stare in un bel posto, viverci, lavorare e avere i servizi necessari. Ecco, non siamo ancora in questa fase, la politica deve rendersi consapevole di una necessità, è il momento di investire sulla qualità della vita, sul ritorno in equilibrio tra uomo e ambiente, perché chi vuole la quantità sa già che può trovarla in città. Solo in questo modo le aree interne riusciranno a rappresentare davvero il futuro».

Nel documentario Genius of a place la regista Sarah Marder ha affrontato il tema dell’overtourism legato a Cortona, la sua città, e al repentino stravolgimento della vita per i suoi abitanti. Affermava che solo tutto cioè che è locale alla fine sopravvive: è così? Il locale sta sostituendo il globale?

«E’ un grandissimo tema, un rapporto costantemente in discussione. Ma sarei per evitare l’antitesi tra i due termini, se li poniamo in contrapposizione è facile capire qual è il risultato, sarebbe scontato. Invece dobbiamo cominciare ad interrogarci su come il locale può stare nel globale, lasciare che torni protagonista dell’orizzonte globale e per farlo bisogna prima di tutto avere coscienza di quello che abbiamo. Dopodiché servirebbe valorizzare le proprie specificità, perché questo è il tempo delle peculiarità, non dell’omologazione, di individuarle e promuoverle. E questo significa responsabilizzare anche le comunità che devono ritrovare un legame di conoscenza, di fiducia, con il loro territorio. Quando vado nelle aree interne incontro abitanti rassegnati, ecco, si deve lavorare anche su questo. Il capitale economico e il capitale sociale devono percorrere questa strada insieme. L’opportunità che ci viene offerta oggi è quella di rimettere i margini al centro, che sembra una contraddizione, ma non lo è. Abbiamo creato disuguaglianze, una condizione di isolamento e declino che dobbiamo rimettere al centro e risolvere. Ha a che fare con l’economia, ma di più con i diritti».

E’ un ragionamento in cui la tutela ambientale non può passare in secondo piano: come influisce sullo sviluppo e sul benessere delle comunità?

«In Italia, come nel resto del pianeta, abbiamo una grande questione ambientale aperta, nel nostro Paese va ad unirsi alla questione territoriale. Le aree interne sono quelle più pregiate da un punto di vista ambientale, sono le meno inquinate, le più ricche paesaggisticamente, hanno una maggiore biodiversità e questo insieme va considerato come un patrimonio da mettere a frutto. L’ambiente, l’agricoltura e il turismo sono le tappe fondamentali per la rinascita, i paesi sono la ricchezza, ancora lì a ricordarci l’antica importanza di quello che abbiamo e ad indicarci un cammino da riprendere».

Ci salutiamo con un’ultima grande domanda, più che altro un dubbio da risolvere: viene prima il turismo o la pratica del riabitare per rivitalizzare le aree interne? O meglio, come si riesce a bilanciare sviluppo turistico e fragilità del territorio?

«Dobbiamo chiederci quale turismo, per fare un’analisi. Certo non si addice alle aree interne quello di massa, né i flussi concentrati ed esasperati. Serve invece un turismo slow, continuativo, responsabile, d’esperienza, quello in cui si va nei luoghi non per scoprirli, ma per viverli e fare in quei luoghi tutto ciò che online ancora non è possibile fare. Assaggiare, interagire, sentire gli odori, partecipare ad una festa tradizionale, appropriarsi dei saperi. Purtroppo adesso siamo immersi in un tempo sospeso, ma tutto questo passerà e noi dovremo andare in questi territori con un animo diverso, senza commiserazione, senza un però da avanzare. Prima di intraprendere una politica turistica è necessario metterne in campo una per riabitare i luoghi, il turismo verrà di conseguenza. Il primo passo è stare di nuovo bene nelle aree interne, è imprescindibile».

Grazie Professore per la lezione illuminante...

«Grazie a voi per l’ascolto».

Fonte: ortìcalb.it

(by nicola) 

venerdì 27 novembre 2020

"Bisogna che le Associazioni si riuniscano per discutere su come vengono gestite queste cose alla Procura di Campobasso..."

Bisogna che le Associazioni si riuniscano per discutere su come vengono gestite queste cose alla Procura di Campobasso. Nell'ultimo esposto che ho depositato, e che riguardava i capannoni avicoli che sorgono come funghi, ho segnalato anche l'autorizzazione ad un impianto nel nucleo industriale che comporta emissioni in atmosfera non monitorate come si deve. Tutto archiviato. Ma dovreste leggere le motivazioni per capire che, continuando così, non si va da nessuna parte. Qui dalle nostre parti, dopo quello che è successo negli ultimi 40 anni, non dovrebbe essere consentito nemmeno fumare in strada per quanto siano ignote le conseguenze dell'incenerimento di rifiuti che ci ha interessato direttamente. Con Area Matese avevo chiesto un incontro al Prefetto di Campobasso e al Commissario prefettizio inviato al Comune di Bojano, ma lo Stato, come al solito è latitante, ed infatti non c'è stata alcuna risposta, nemmeno per fingerla una doverosa educazione istituzionale, a parte una inutile mail dalla Prefettura con la quale ci mettevano al corrente del fatto stavano acquisendo informazioni. Capite? Acquisiscono informazioni in una Regione diffidata dal Ministro dell'Ambiente per le tante violazioni in materia di tutela ambientale e della salute pubblica. In questa sede non si possono elencare tutte le illegittimità che vengono consentite dalle nostre parti, e un pò in tutta la Regione, ma vi posso assicurare che sono tante, e gravi. Questa è la realtà. Ora, premesso che non ci interessa affatto il non essere ritenuti interlocutori "idonei" a causa della definizione di Area Matese quale "Movimento politico", e premesso anche che non dobbiamo convincere nessuno in merito al significato del termine "politico" nel contesto dell'impegno civile, vi chiedo: siete pronti a metterci davvero la faccia per difendere questa parte del nostro territorio da aggressioni illegittime, agevolate, peraltro, da una pubblica amministrazione che ormai si crede onnipotente ed intoccabile? E siete pronti a farlo contro chiunque, a qualsiasi titolo, agisce al di fuori dei doveri-poteri che l'Ordinamento gli impone di attivare? Perché vedete, alla fine ci si stanca quando ci si ritrova sempre da soli a sbattere i pugni sui tavoli dove siede chi dovrebbe intervenire e non lo fa. Ci sono cose che è necessario conoscere per rivendicare il diritto di vivere in sicurezza, e, comunque sia, occorre unità per far valere la sovranità popolare, con garbo quando è possibile, ma anche con la necessaria durezza quando il sistema dimostra una evidente sindrome da "Marchese del Grillo". E non pensiate che questa sia una critica al lavoro che avete svolto finora, ma è un dato di fatto che non esiste un fronte unico di lotta, e per questo non si vedono risultati, mentre le mancanze del sistema pubblico di controllo emergono in tutta evidenza. Allora, se siamo tutti d'accordo sul riprendere in mano la nostra sicurezza, e la nostra stessa vita, allora è necessario che si marci uniti contro un nemico che si è enormemente rafforzato proprio grazie alla frammentazione, ma sarebbe meglio dire all'inesistenza, della protesta sociale.

Fonte: pagina fb Alfonso Mainelli 

(by nicola)

sabato 21 novembre 2020

Servizio telefonico, gratuito e riservato, per chi vuole segnalare condotte corruttive o essere accompagnato alla denuncia di reati di stampo mafioso

A chi si rivolge

Chiama il numero 800.58.27.27 o scrivi a linealibera@libera.it se sei:

  • Un potenziale whistleblower che ha assistito a opacità sul luogo di lavoro e si trova in una situazione di dilemma etico, non sapendo come procedere, o ha già segnalato e in seguito ha subito ritorsioni
  • Una vittima di fatti corruttivi, di usura ed estorsione
  • Un testimone che vuole denunciare un reato di origine mafiosa che ha subito o visto e che crede di subire sulla propria vita gli effetti di scelte corruttive

Dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13

Il martedì e il giovedì dalle 15 alle 19

(by nicola)

 

venerdì 20 novembre 2020

PETIZIONE. Chiediamo che vengano adottate politiche di redistribuzione

 


Ai Presidenti delle Camera dei Deputati e del Senato delle Repubblica,

e p.c. al Presidente del Consiglio dei Ministri e al ministro dell'Economia e delle Finanze

Premessa 

Il governo sta cercando di fare quadrare i conti con provvedimenti (alcuni apprezzabili) che non includono maggiori entrate fiscali e includono riduzioni di spesa. Ciò non è sufficiente. Come ammesso ormai anche da ambienti economici liberisti (come il Financial Times), non si può uscire dalla stagnazione di lungo periodo in cui ci troviamo senza affrontare uno scoglio che è diventato un tabù anche per gran parte della sinistra, e cioè la necessità di una politica di redistribuzione dai ricchi ai poveri (o meglio al sistema di welfare). E questo può essere ottenuto solo con nuove tasse. La più opportuna è un'imposta di solidarietà sulla ricchezza finanziaria. In questa breve premessa vedremo dapprima perché questa imposta è giusta in linea di principio e di diritto; e poi perché queste considerazioni sono in realtà superflue. Per capire perché l'imposta qui suggerita è eticamente giusta basta leggere qualsiasi manuale di politica economica scritto prima dello tsunami neoliberista degli ultimi decenni: in esso si vedrà che fra i compiti fondamentali della politica economica c'era (e dovrebbe ancora esserci) la riduzione delle diseguaglianze. Rinviamo a tali manuali per le motivazioni teoriche relative. E siccome nel nostro paese le diseguaglianze sono molto aumentate durante la crisi, ne risulta che è opportuno trovare il modo di togliere qualcosa ai ricchi per darlo ai poveri. Ma c'è anche un motivo giuridico: negli anni della crisi i ricchi sono diventati sempre più ricchi (e i poveri sempre più poveri). La ricchezza che si è creata è l'accumulo di redditi, e per i ricchi si tratta perlopiù di redditi da capitale. Questi non sono tassati in misura progressiva, in contrasto con la Costituzione (art.53: "il sistema tributario è informato a criteri di progressività"); quindi una loro tassazione una volta che si siano trasformati in ricchezza è giuridicamente fondata, purché le aliquote non siano troppo alte.
Questo ci porta all’ultimo punto di questa premessa. Le considerazioni precedenti perdono qualsiasi rilevanza a fronte di un dato fondamentale, e cioè che basterebbe un’imposta estremamente esigua per operare una redistribuzione significativa. La ricchezza finanziaria (finanziaria: quindi escludendo le abitazioni) ufficialmente censita dei cittadini italiani era alla fine del 2019 di circa 4400 miliardi. Oggi questo valore si è un po’ ridotto, ma molto difficilmente è sceso sotto i 4000. Un’imposta del 5 per mille (metà dell’1%) renderebbe circa 20 miliardi. Sarebbe opportuno che le aliquote fossero progressive e con una quota esente, ma se anche l’imposta fosse proporzionale ben difficilmente creerebbero ondate di protesta: chi avesse “solo” 20.000€ in banca dovrebbe pagare 100€ all’anno. Pare che i tecnici del ministero dell'economia si stiano arrovellando per trovare da un quarto a un terzo di questa somma, in buona parte con tagli alla spesa e quindi con conseguenze negative per l'economia e fra grandi difficoltà politiche.

Testo
Per questi motivi noi cittadini italiani chiediamo, in ottemperanza all'art. 50 della Costituzione, che:
a) Il Parlamento impegni il governo a introdurre un contributo di solidarietà sulla ricchezza finanziaria, con aliquote progressive (comunque non superiori all'1%) e una quota esente;
b) Nella norma in materia venga espressamente stabilito che i proventi di questo contributo devono essere interamente investiti nel miglioramento dei servizi per i cittadini, in particolare a vantaggio delle persone maggiormente in difficoltà.

Riteniamo che decidere quali aliquote applicare, e quindi quali somme ottenere, debba essere valutato del Parlamento.  Quanto segue quindi è solo un suggerimento. Proponiamo la totale esenzione per la metà più povera delle famiglie, un’aliquota media intorno allo 0.8% per il decimo più ricco, e un’aliquota media intorno allo 0.15% per le altre. Dato che in Italia la ricchezza finanziaria è molto concentrata, il gettito  dovrebbe essere superiore ai 20 miliardi.

Per firmare:

https://paperoniale.it/petizione/ 

(by nicola) 

mercoledì 18 novembre 2020

Liberi tutti o la bomba sanitaria farà saltare il sistema carcerario


Il dl Ristori stabilisce che le pene detentive sotto un anno e mezzo potranno essere scontate fuori dal carcere. Tale regola non sarà applicata per: condannati per terrorismo, mafia, corruzione, voto di scambio, violenza sessuale, maltrattamenti e stalking, persone coinvolte nei disordini delle rivolte in carcere.

Da anni si parla di braccialetti elettronici ma a oggi dei 15mila da produrre entro fine anno ne risultano disponibili soltanto 2600. Inoltre sembra che le risorse finanziarie per l'acquisto degli stessi siano esaurite.

(by nicola) 

mercoledì 11 novembre 2020

Il padre della 'Farfalla Molise' e 'La Costituzione Italiana' portato via dal Covid

(by nicola)

Usura, reato spia del 'Welfare mafioso'

L'economia sommersa sarà la vittima privilegiata delle mafie durante e dopo la pandemia.

Del resto, già con la crisi economica del '29 Lucky Luciano e Al Capone si offrirono per sostenere la popolazione.

Oggi, il rischio che le mafie si sostituiscano allo Stato è concreto!

(by nicola)

martedì 10 novembre 2020

Un quadro desolante


"... Un quadro desolante, che dimostra che la burocrazia italiana, non solo ha la mente offuscata dal pensiero neoliberista, ma è anche ammalata di lassismo e di irresponsabilità.
Stiamo parlando di persone investite di pubbliche funzioni, i quali, ai sensi dell’articolo 54 della nostra Costituzione, devono agire con “disciplina e onore”, e nei confronti dei quali c’è solo da aspettarsi una decisione della magistratura (giudice ordinario e giudice della Corte dei conti) che sia esemplare e valida per il futuro..."
 
Paolo Maddalena, Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

(by nicola)

domenica 8 novembre 2020

I Paesi dell'UE che non rispettano lo stato di diritto potrebbero perdere l'accesso ai fondi dell'UE


 
"L'accordo di oggi è un passo importante verso la protezione dei valori dell'UE. Per la prima volta, abbiamo istituito un meccanismo che permette all'UE di fermare il finanziamento ai governi che non rispettano i nostri valori come lo stato di diritto", ha detto il co-relatore dell’accordo Petri Sarvamaa (PPE, Finlandia) dopo la conclusione dei negoziati.


"Per noi era fondamentale che i beneficiari finali non venissero puniti per gli errori dei loro governi e che continuassero a ricevere i fondi promessi e su cui contavano, anche dopo l'attivazione del meccanismo di condizionalità. Possiamo dire con orgoglio che abbiamo sviluppato un sistema solido che garantirà la loro protezione", ha detto la co-relatrice Eider Gardiazabal Rubial (S&D, Spagna).


"Non siamo scesi a compromessi sui valori: abbiamo fatto in modo che lo Stato di diritto sia considerato uno dei valori dell'UE sanciti dai trattati, come l'indipendenza della magistratura. Ogni violazione dello stato di diritto sarà considerata dal meccanismo: dalle singole violazioni a quelle sistemiche o ricorrenti per le quali finora non è esistito alcun meccanismo", ha aggiunto Sarvamaa.


"I cittadini europei si aspettano da noi che l'erogazione dei fondi dell'UE sia subordinata al rispetto dello Stato di diritto. Questo è esattamente ciò che fa il meccanismo concordato oggi", ha concluso Rubial.


Un concetto più ampio di violazione dello Stato di diritto


Gli eurodeputati sono riusciti a garantire che la nuova legge non si applichi solo quando i fondi dell'UE sono direttamente utilizzati in modo improprio, come nei casi di corruzione o frode. Si applicherà anche agli aspetti sistemici legati ai valori fondamentali dell'UE che tutti gli Stati membri devono rispettare, come la libertà, la democrazia, l'uguaglianza e il rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle minoranze.


I negoziatori del Parlamento hanno inoltre insistito sul fatto che la frode e l'evasione fiscale dovrebbero rientrare nel meccanismo, includendo sia i casi individuali che le situazioni generalizzate e ricorrenti.


Inoltre sono riusciti a ottenere un articolo specifico che chiarisce la possibile portata delle violazioni elencando esempi di casi, come minacce all'indipendenza della magistratura, mancata correzione di decisioni arbitrarie o illegali e limitazione dei rimedi giuridici.


Prevenzione


Gli eurodeputati sono riusciti a mantenere un importante aspetto preventivo per il meccanismo: tale meccanismo non solo può essere attivato se una violazione colpisce direttamente il bilancio, ma anche quando c'è un serio rischio che lo faccia: così facendo il meccanismo potrà prevenire situazioni in cui i fondi dell'UE potrebbero finanziare azioni in conflitto con i valori dell'UE stessa.


Protezione dei beneficiari finali


Per garantire che i beneficiari finali che dipendono dagli aiuti dell'UE - come gli studenti, gli agricoltori o le ONG - non siano penalizzati a causa delle azioni dei loro governi, gli eurodeputati hanno insistito sulla possibilità di presentare un reclamo alla Commissione attraverso una piattaforma web, che li aiuterà a garantire che ricevano gli importi dovuti. La Commissione potrà inoltre effettuare una correzione finanziaria riducendo la prossima rata di aiuti UE al paese interessato.


Come funziona il meccanismo


Gli eurodeputati sono riusciti a ridurre il tempo a disposizione delle istituzioni dell'UE per adottare misure contro uno Stato membro, se vengono individuati rischi di violazione dello Stato di diritto, a un massimo di 7-9 mesi (invece di 12-13 mesi come originariamente richiesto dal Consiglio).


La Commissione, dopo aver accertato l'esistenza di una violazione, proporrà di attivare il meccanismo di condizionalità contro un governo dell'UE. Il Consiglio avrà quindi un mese di tempo per adottare le misure proposte (o tre mesi in casi eccezionali) a maggioranza qualificata. La Commissione si avvarrà del suo diritto di convocare il Consiglio per garantire il rispetto della scadenza.


Prossimi passi


Il compromesso concordato deve ora essere formalmente adottato dal Parlamento e dai ministri dell'UE.

Fonte: Parlamento Europeo

/by nicola)

venerdì 6 novembre 2020

Creatività e rispetto più 'virali' dell'odio

Si chiama 'Hit project', l’iniziativa che fornisce ai giovani le conoscenze e i mezzi necessari ad affrontare e arginare i discorsi d’odio online.
Promosso dalla DG Justice dell’Unione Europea, il progetto è attivo anche in Italia e attraverso la creazione di veri e propri gruppi di giovani “interruttori” dell'odio che creano un momento di condivisione che genera nuova conoscenza, tra pari, senza giudizi, né gerarchie, contro l’odio e la discriminazione.

(by nicola)

martedì 3 novembre 2020

GLI 'ILLEGITTIMI'

Corte costituzionale
Sentenza 30 ottobre 2020, n. 227

Presidente: Morelli - Redattore: Coraggio

 https://www.eius.it/giurisprudenza/2020/581

P.Q.M.
LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 15, comma 2, lettere f) e g), e 16, comma 1, lettere f) e g), della legge della Regione Molise 10 maggio 2019, n. 4 (Legge di stabilità regionale 2019);

2) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 15, comma 3, lettera i), della legge reg. Molise n. 4 del 2019;

3) dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 15, comma 2, lettera h), e 16, comma 1, lettera b), della legge reg. Molise n. 4 del 2019;

4) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 32 della legge reg. Molise n. 4 del 2019;

5) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 della legge reg. Molise n. 4 del 2019, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all'art. 81, terzo comma, della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe.

(by nicola)

Venerdì 6 Novembre a Campobasso 'PRESIDIO PER LA SANITA' PUBBLICA'

(by nicola)