In questo
specifico contesto, l’analisi dei bilanci societari è sempre
fondamentale e decisiva poiché potrebbe rivelare per ciascun
socio la relazione diretta o indiretta con il gruppo criminale.
Questo esercizio è da ritenersi solamente esplorativo a causa dalla
natura spesso fraudolenta dei bilanci di tali aziende, soprattutto
sul lato del conto economico. E’ possibile tuttavia confrontare
ciascun’azienda con il suo gruppo di riferimento, composto di
aziende a essa simili (stessa provincia,
stesso settore, stessa forma giuridica). Un confronto tra le
caratteristiche dell’azienda infiltrata com’è e come sarebbe
stata (presumibilmente) se non fosse stata infiltrata. Questo
confronto – effettuato solo su alcuni settori economici con un
numero sufficiente d’imprese – permette di verificare se le
aziende sospette si distinguano dalle “analoghe sane” sotto
diversi profili. I dati da valutare sono:
1) Dimensione aziendale. Questo dato vale, a livello settoriale, soprattutto per le aziende nel settore delle costruzioni, dell’eolico e per quelle della ristorazione e turistiche.
2)
Indebitamento. Questa particolare configurazione delle passività si
può spiegare, come suggerito dalla letteratura, in due direzioni. La
disponibilità di denaro di provenienza illecita permette
innanzitutto alle aziende infiltrate dai gruppi criminali di non
avere bisogno del ricorso all’indebitamento bancario, evitando così
da un lato oneri finanziari “inutili” e, dall’altro, un
contatto con istituzioni finanziarie che potrebbe esporre ad
accertamenti da parte degli stessi soggetti obbligati (ad esempio
adeguata verifica della clientela) o a segnalazioni di operazioni
sospette. Dall’altra parte, il ricorso all’indebitamento
commerciale e all’indebitamento nei confronti di soci è invece una
forma mascherata di finanziamento occulto che mira fondamentalmente a
reintrodurre nel circuito “lecito” risorse di provenienza
illecita attraverso forme apparentemente legali.
3)
Liquidità.
Coerentemente
con quanto fin qui descritto, anche il dato sulla natura circolante
dell’attivo aziendale è importante e va misurato attraverso due
ratio: il rapporto tra disponibilità liquide e attività totali e
quello tra attività correnti e attività totali, ciò conferma la
dinamica tipica delle imprese paravento, soprattutto nel settore
della ristorazione.
4)
Profittabilità.
Per
quanto, come segnalato in letteratura, l’analisi del conto
economico sconti, più che nel caso della situazione patrimoniale, il
rischio di manipolazioni contabili, è utile condurre un’analisi
esplorativa della profittabilità delle aziende sospette
d’infiltrazione mafiosa. In media i margini di profittabilità
appaiono sensibilmente inferiori rispetto al gruppo di controllo. Ciò
vale sia nel settore della ristorazione sia in quello delle
costruzioni in cui la differenza è meno marcata. Questo risultato va
quindi inquadrato ancora una volta nell’ottica di una distinzione
tra diversi tipi d’infiltrazione. La minore profittabilità è
riconducibile alla dinamica tipica delle aziende paravento. Aziende
infiltrate che mantengono una finalità produttiva possono, infatti,
presentare livelli di profittabilità addirittura maggiori rispetto
alla norma, perché le caratteristiche dei gruppi criminali – se
utilizzate allo scopo di migliorare la performance aziendale –
possono fornire degli (illeciti) vantaggi competitivi all’azienda
tramite l’aumento delle commesse e dei ricavi (collusione con
apparati amministrativi corrotti) e la riduzione dei costi (pressioni
e intimidazioni su fornitori, clienti, competitor, dipendenti,
utilizzo di materiali di bassa qualità, elusione dei controlli,
falsificazione di documenti contabili o di altro genere, evasione
fiscale).
5)
Il riciclaggio. Il classico modello di aziende infiltrate allo scopo
di riciclare i proventi illeciti è ancora quello prevalente, in
particolare nel settore della ristorazione e (in misura minore) in
quello delle costruzioni e dell’eolico. Costituite ad hoc o
acquisite tramite l’avvicinamento d’imprenditori in difficoltà e
il loro sostanziale “spossessamento”, controllate tramite
prestanome e spesso tramite complessi sistemi societari, queste
aziende subiscono frequenti cambi di proprietà e trasferimenti delle
attività. Sono tenute in vita dalle mafie allo scopo principale di
ripulire gli introiti delle attività criminali e reintrodurli
nell’economia legale. A questo fine presentano una struttura
produttiva spesso inconsistente e sono poco o per nulla indebitate
verso gli istituti di credito ma più indebitate della media delle
aziende del loro stesso settore verso i fornitori, indicando con
ogni
probabilità un sistema di complicità e connivenze che risale la
filiera produttiva fino alla lavorazione delle materie prime. Le
attività sono mantenute allo stato corrente, per facilitare le
operazioni di riciclo (in particolare tramite l’ampio ricorso al
contante). La realizzazione di profitti non è l’obiettivo
principale di questo modello aziendale, che pertanto è spesso
caratterizzato da indici di profittabilità negativi e molto peggiori
rispetto alle aziende “sane”. In Molise opera nell’occulto una
variante di questo modello – realizzatasi ad esempio nel caso degli
stabilimenti balneari, nei bar, nelle sale giochi – concilia le
esigenze del riciclaggio dei proventi illeciti con quella di fornire
nuove risorse monetarie ai clan. Il ricorso a una contabilità
“parallela” rivela la sussistenza di due binari in direzioni
opposte cui l’azienda si presta: quello classico dell’ingresso di
capitali “sporchi” nell’economia legale (tipicamente tramite
l’emissione di ricevute false) e quello opposto dell’utilizzo di
risorse di provenienza lecita, mantenute nel sommerso, per il
finanziamento di attività illecite.
6)
Il controllo territoriale. Si tratta di aziende attive in territori
particolarmente silenti. Operano in settori commerciali (ad esempio
ristorazione, commercio al dettaglio di beni alimentari, ma anche
servizi e sport), dove il rapporto con le comunità locali è molto
forte. Possono essere aziende di recente costituzione o possono
essere acquisite tramite avvicinamento e spossessamento di
imprenditori in difficoltà. Generalmente S.r.l. o associazioni,
rispondono a strutture piuttosto semplici e producono volumi d’affari
contenuti. A differenza delle aziende paravento, sono aziende
produttive a tutti gli effetti, anche se l’obiettivo del profitto
si mescola con altre finalità, in particolare la costruzione e il
mantenimento del consenso sociale e il rafforzamento
dell’infiltrazione nel territorio che servirà poi per la
successiva fase che è quella del radicamento e del controllo del
territorio. Questi elementi sono di fondamentale importanza per i
gruppi criminali che fanno dell’infiltrazione in una determinata
area la loro strategia di azione. Il consenso sociale si genera
tramite la creazione di nuovi posti di lavoro – che rappresentano
fonti di reddito per fasce della popolazione tipicamente svantaggiate
– e l’inserimento in un circuito imprenditoriale “rispettabile”,
composto d’imprenditori, fornitori, rappresentanti delle
istituzioni locali. Sono esempi tipici di questo modello il settore
dei rifiuti pericolosi gestiti dai Casalesi e dai clan camorristici
(storico business della famiglia, Schiavone sin dagli anni 80).
7)
Lo scambio politico-mafioso. Si attua mediante aziende il cui
business è interamente o principalmente alimentato da commesse
pubbliche in settori quali le costruzioni, l’eolico, la sanità
privata, la cura dell’igiene e il decoro urbano, la raccolta e il
trattamento dei rifiuti, la fornitura di servizi sociali (accoglienza
e alloggio per minori, profughi, richiedenti asilo, rom, soggetti in
difficoltà). Anche in questo caso, la modalità d’infiltrazione
può contemplare sia l’acquisizione o comunque il coinvolgimento di
società (o associazioni) già esistenti (come nel caso del villaggio
per i minori di San Giuliano di Puglia da parte di cooperative
gestite da Salvatore Buzzi nella vicenda di “Mafia Capitale”) sia
la costituzione di soggetti ad hoc (come S.r.l. costituite in pochi
giorni al fine di accaparrarsi concessioni, sovvenzioni e appalti).
Anche queste realtà aziendali hanno natura produttiva, e anzi in
questo caso la generazione di profitti è proprio l’obiettivo
principale dell’azienda, sebbene possa accompagnarsi da altre
finalità quali l’infiltrazione nel territorio e la costruzione di
consenso sociale per il successivo radicamento. Gli schemi societari
possono essere piuttosto complessi, soprattutto nel caso di volumi
d’affari particolarmente sviluppati (come nella circostanza del
sistema di cooperative ideato da Buzzi), ma la finalità del riciclo
e pertanto dell’occultamento dei profitti è da escludersi a causa
della natura pubblica dei finanziamenti. Il modello aziendale
persegue il profitto attraverso l’annichilimento della concorrenza
e l’abbattimento dei costi. Per entrambe le strategie è
determinante la dimensione criminale del gruppo che gestisce
l’azienda: la corruzione gioca un ruolo fondamentale nello
scoraggiare la concorrenza. Vantaggi competitivi possono scaturire da
pressioni sui fornitori, utilizzo di materie prime (o fornitura di
servizi) di scarsa qualità e aggiramento
dei relativi controlli, compressione salariale derivante da sotto
pagamento dei lavoratori e ricorso al lavoro non regolare. Ma è
sicuramente la contiguità con ambienti politici e amministrativi a
rappresentare la migliore strategia in questo modello di affari. È
tramite la collusione con amministratori locali che queste
azienderiescono a vincere appalti o a ottenere concessioni in
violazione delle regole improntate alla concorrenza e alla
competizione, com’è successo ad esempio nell’inchiesta “Mafia
Capitale” e in quella delle concessioni agli stabilimenti balneari
sul litorale ostiense.
(continua)
Fonte: Osservatorio Antimafia del Molise
(by Nicola)
Fonte: Osservatorio Antimafia del Molise
(by Nicola)
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