lunedì 18 maggio 2020

F(i)CA(ta)



Sul piano mondiale l’infezione del corona virus aumenta soprattutto negli Stati Uniti, in Russia, in Brasile e in Inghilterra: i paesi che hanno ritardato nell’assumere misure restrittive.
In Italia comincia oggi la fase 2 e le menti più esperte non esitano ad esprimere la loro trepidazione per i possibili effetti negativi di questo allentamento delle restrizioni.
Si cita in particolare il caso di Roma, dove la partecipazione di 15 persone ad un funerale svoltosi il 4 maggio, ha visto contagiate 33 persone. Il che dimostra che dar spazio agli assembramenti, anche minimi, è, a tutt’oggi, molto pericoloso.
In Europa non si parla più di Mes o Recovery Fund. È interessante, tuttavia, il discorso del capogruppo del Partito Popolare Europeo Weber, il quale pone in primo piano la necessità per l’Europa di difendersi dall’invadenza mercantile cinese.
Egli tuttavia omette di riflettere sul fatto che all’interno dell’Unione europea, a causa del pensiero dominante del neoliberismo, i paesi più ricchi, come Germania, Olanda e Austria, si sono avvantaggiati ai danni dei paesi più deboli. E che la situazione italiana è frutto di questo sistema che ha imposto all’Italia il regime dell’austerity voluto dalla Troika.
Altro argomento rilevante è quello della richiesta, da parte del gruppo FCA, di un contributo di 6,3 miliardi di euro, previsti dal Decreto liquidità, il quale prevede per prestiti di tale tipo la garanzia dello Stato.
Osserviamo in proposito, in perfetto accordo col capogruppo PD Orlando, che garanzie di questo tipo possono essere concesse soltanto a imprese che hanno la loro sede legale e fiscale in Italia.
Comunque, nel caso di specie, anziché agli aiuti di Stato, trattandosi di un esborso tanto elevato, si dovrebbe pensare a una nazionalizzazione delle poche aziende che FCA ha lasciato in Italia.
Ci spinge in questa direzione l’interpretazione corretta del secondo comma, dell’articolo 42 della Costituzione, secondo il quale: “la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge allo scopo di assicurarne la funzione sociale“, e certamente la Fiat non ha adempiuto a questo obbligo, delocalizzando, licenziando migliaia di operai e perdendo così, a termine di Costituzione, ogni diritto sulle aziende e sugli immobili che sono rimasti in Italia.
Tenga presente il governo, che la Costituzione italiana è fondata sul lavoro, e protegge, soprattutto, l’utilità sociale e non le speculazioni di società con sede all’estero.
Per cui la garanzia di Stato, richiesta da FCA, si potrebbe giustificare solo su un piano politico e non su un piano costituzionale.
 
Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”
 
(by nicola)

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