giovedì 3 marzo 2016

Nick o’ mericano, i rifiuti e il "termovalorizzatore"


 
CASERTA – E’ esistito un piano di Nicola Cosentino per gestire politicamente, ma anche economicamente attraverso forme dirette o indirette di partecipazione della sua famiglia l’intera filiera dei rifiuti della provincia di Caserta, completando la stessa con quel termovalorizzatore che mancava?
E’ esistito un disegno di Nicola Cosentino finalizzato a porre la propria ipoteca politica ed economica in tutti i comparti di questa filiera, da quello della raccolta a quello dello smaltimento? Sono domande, forse, decisive per l’esito del processo, che vede imputato l’ex sottosegretario, considerato dalla Dda l’artefice di un piano politico, ma anche complementare rispetto agli interessi criminali del clan dei casalesi per fare voti e soldi con la monnezza d’oro.
Giuseppe Valente, ex presidente del consorzio Ce4, che ha deciso di collaborare con la giustizia, diventa l’anello cruciale con il quale l’accusa vuole puntellare il proprio teorema, facendolo diventare realtà effettuale, processualmente ineccepibile come elemento costitutivo di una sentenza di colpevolezza a carico di Cosentino.
La difesa, nell’udienza di ieri rappresentata dall’avvocato Montone, tende a voler smontare il teorema, divenuto tesi d’accusa, indebolendo il peso delle dichiarazioni di Giuseppe Valente, cercando di far emergere delle contraddizioni soprattutto mettendo in relazione fatti causali ed effettuali non perfettamente simmetrici.
Alla fine, Cosentino non è riuscito, ammesso e non concesso che lo avesse voluto veramente fare, a realizzare quell’ultima opera, fondamentale per completare il sistema: il termovalorizzatore.
I suoi difensori tendono ad escludere che questo disegno esistesse e contestano ciò che Valente ha raccontato ai magistrati della Dda e che ha, poi, ribadito nelle udienze del processo.
C’era la fibe, era la fibe che aveva in mano tutto. Ma in realtà probabilmente, l’avvocato Montone, evidentemente impegnato a leggere una ponderosissima quantità di documenti e di atti giudiziari, si è fatto sfuggire un particolare che probabilmente emergerà nelle ulteriori fasi del processo. E’ Cosentino stesso, in un’intercettazione a dire a Valente che l’obiettivo è quello di realizzare a Caserta, nella sua provincia, l’intera filiera dei rifiuti, dunque anche il termovalorizzatore, per cui, l’intenzione c’era. E siccome i fatti di questo processo, le molte altre cose che Valente ha raccontato e che hanno trovato riscontro documentale portano a ritenere che la famiglia Cosentino fosse dentro agli affari dei rifiuti, ritenesse quel mondo uno strumento per implementare i propri fatturati, allora è difficile che la difesa possa dimostrare che, ammesso e non concesso che Nicola Cosentino avesse quelle intenzioni, ciò fosse solamente dovuto ad un normale proposito politico, attinente ai processi di governo del territorio.
Giovanni Cosentino, infatti, non si è certo posto il problema dell’opportunità politica nel momento in cui ha caricato i camion di eco4 di tonnellate e tonnellate del suo carburante, che non rappresentava certo di una devoluzione in beneficenza. E questo, per l’appunto, potrebbe essere un elemento chiaramente dimostrativo del fatto che i Cosentino, con i rifiuti e con il loro mastodontico indotto, volessero guadagnarci.
Un’altra tesi spesa dalla difesa di Nicola Cosentino, con la finalizzazione di dimostrare l’inverosimiglianza dell’intento, diciamo così, predatorio, è che i costi per la costruzione di un termovalorizzatore erano al tempo, come oggi, altissimi e proibitivi anche per la famiglia Cosentino.
Ma anche questa pare una tesi non molto efficace, considerato che la famiglia Cosentino, come ci hanno indicato inconfutabilmente le vicende della centrale di Sparanise, in cui l’allora assessore regionale Cozzolino, che ora dice di non aver nulla a che vedere con i cosentiniani, svolse allora un ruolo di alleato fondamentale di Cosentino, dicevo la famiglia Cosentino era in grado di mobilitare grandi investitori, tra le altre cose, ampiamente rappresentativi di un altro tipo di filiera, quella politico ed economica, come è chiaramente evidenziato dal coinvolgimento delle cooperative rosse nel citato affare di Sparanise.
Se i costi per la costruzione di un termovalorizzatore erano ingentissimi, tanto enormi quanto certi erano i ricavi con conseguenti profitti, che sarebbero entrati nelle casse di chi il termovalorizzatore avrebbe gestito.
Vi snoccioliamo qualche numero a spanne, giusto per darvi un’idea. Solo con il conferimento della parte di rifiuti reduce da quello che al tempo si chiamava il cdr, si incassavano non meno di 2 milioni e mezzo di euro al mese, cioè circa 30 milioni di euro all’anno, costituiti dal prodotto di elementari moltiplicazioni: la provincia di Caserta, solo considerando i residenti, contava, 15 anni fa, 800mila abitanti. In realtà la cifra, considerando i non residenti e gli irregolari, sfiorava il milione di abitanti. La media di produzione pro capite di rifiuti, secondo dati sacramentati da verifiche certificate, è di un chilo al giorno. Un chilo per 800mila abitanti fa 800mila chili al giorno, vale a dire 800 tonnellate. Un termovalorizzatore prendeva l’equivalente degli attuali 10 centesimi di euro. Il che ci dà un prodotto pari a 80mila euro al giorno, mantenendoci bassissimi, cioè non considerando che i produttori di rifiuti della provincia di Caserta erano in misura superiore agli 800mila residenti. Si arriva, dunque, a quei 2 milioni e mezzo o tre milioni al mese che, in una proiezione annuale, avrebbe prodotto una cifra tra i 30 e i 36 milioni di euro.
A queste cifre vanno aggiunte quelle incassate dalla vendita di energia elettrica prodotta dall’incenerimento dei rifiuti, in ossequio al nome “termovalorizzatore”. Un business spaventoso di 60, forse 70 milioni di euro all’anno.
Ora può anche darsi che nella telefonata fatta a Valente, Nicola Cosentino non dicesse sul serio, ma che in quel periodo la sua famiglia, soprattutto suo fratello Giovanni, guardassero ai rifiuti e all’energia come elemento di ulteriore espansione dei confini della propria attività imprenditoriale, questo è fuori discussione.
Ha ragionato in questi termini l’avvocato Montone? Valutando le modalità con cui ha condotto tutta la difesa di Cosentino, c’è sicuramente da dubitarne.
Gianluigi Guarino

(by Nicola)

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