CASERTA – E’ esistito un piano di Nicola Cosentino per gestire politicamente, ma anche economicamente attraverso forme dirette o indirette di partecipazione della sua famiglia l’intera filiera dei rifiuti della provincia di Caserta, completando la stessa con quel termovalorizzatore che mancava?
E’ esistito un disegno di Nicola Cosentino
finalizzato a porre la propria ipoteca politica ed economica in tutti i
comparti di questa filiera, da quello della raccolta a quello dello
smaltimento? Sono domande, forse, decisive per l’esito del processo, che
vede imputato l’ex sottosegretario, considerato dalla Dda l’artefice di
un piano politico, ma anche complementare rispetto agli interessi
criminali del clan dei casalesi per fare voti e soldi con la monnezza
d’oro.
Giuseppe Valente, ex presidente del consorzio Ce4, che ha
deciso di collaborare con la giustizia, diventa l’anello cruciale con il
quale l’accusa vuole puntellare il proprio teorema, facendolo diventare
realtà effettuale, processualmente ineccepibile come elemento
costitutivo di una sentenza di colpevolezza a carico di Cosentino.
La difesa, nell’udienza di ieri rappresentata dall’avvocato Montone, tende a voler smontare il teorema, divenuto tesi d’accusa, indebolendo il peso delle dichiarazioni di Giuseppe Valente,
cercando di far emergere delle contraddizioni soprattutto mettendo in
relazione fatti causali ed effettuali non perfettamente simmetrici.
Alla
fine, Cosentino non è riuscito, ammesso e non concesso che lo avesse
voluto veramente fare, a realizzare quell’ultima opera, fondamentale per
completare il sistema: il termovalorizzatore.
I suoi difensori tendono ad escludere che questo disegno esistesse e contestano ciò che Valente ha raccontato ai magistrati della Dda e che ha, poi, ribadito nelle udienze del processo.
C’era la fibe, era la fibe che aveva in mano tutto. Ma in realtà probabilmente, l’avvocato Montone,
evidentemente impegnato a leggere una ponderosissima quantità di
documenti e di atti giudiziari, si è fatto sfuggire un particolare che
probabilmente emergerà nelle ulteriori fasi del processo. E’ Cosentino
stesso, in un’intercettazione a dire a Valente che l’obiettivo è quello
di realizzare a Caserta, nella sua provincia, l’intera filiera dei
rifiuti, dunque anche il termovalorizzatore, per cui, l’intenzione
c’era. E siccome i fatti di questo processo, le molte altre cose che
Valente ha raccontato e che hanno trovato riscontro documentale portano a
ritenere che la famiglia Cosentino fosse dentro agli affari dei
rifiuti, ritenesse quel mondo uno strumento per implementare i propri
fatturati, allora è difficile che la difesa possa dimostrare che,
ammesso e non concesso che Nicola Cosentino avesse
quelle intenzioni, ciò fosse solamente dovuto ad un normale proposito
politico, attinente ai processi di governo del territorio.
Giovanni Cosentino,
infatti, non si è certo posto il problema dell’opportunità politica nel
momento in cui ha caricato i camion di eco4 di tonnellate e tonnellate
del suo carburante, che non rappresentava certo di una devoluzione in
beneficenza. E questo, per l’appunto, potrebbe essere un elemento
chiaramente dimostrativo del fatto che i Cosentino, con i rifiuti e con
il loro mastodontico indotto, volessero guadagnarci.
Un’altra tesi spesa dalla difesa di Nicola Cosentino,
con la finalizzazione di dimostrare l’inverosimiglianza dell’intento,
diciamo così, predatorio, è che i costi per la costruzione di un
termovalorizzatore erano al tempo, come oggi, altissimi e proibitivi
anche per la famiglia Cosentino.
Ma anche questa pare una tesi non
molto efficace, considerato che la famiglia Cosentino, come ci hanno
indicato inconfutabilmente le vicende della centrale di Sparanise, in
cui l’allora assessore regionale Cozzolino, che ora
dice di non aver nulla a che vedere con i cosentiniani, svolse allora un
ruolo di alleato fondamentale di Cosentino, dicevo la famiglia
Cosentino era in grado di mobilitare grandi investitori, tra le altre
cose, ampiamente rappresentativi di un altro tipo di filiera, quella
politico ed economica, come è chiaramente evidenziato dal coinvolgimento
delle cooperative rosse nel citato affare di Sparanise.
Se i
costi per la costruzione di un termovalorizzatore erano ingentissimi,
tanto enormi quanto certi erano i ricavi con conseguenti profitti, che
sarebbero entrati nelle casse di chi il termovalorizzatore avrebbe
gestito.
Vi snoccioliamo qualche numero a spanne, giusto per darvi
un’idea. Solo con il conferimento della parte di rifiuti reduce da
quello che al tempo si chiamava il cdr, si incassavano non meno di 2
milioni e mezzo di euro al mese, cioè circa 30 milioni di euro all’anno,
costituiti dal prodotto di elementari moltiplicazioni: la provincia di Caserta,
solo considerando i residenti, contava, 15 anni fa, 800mila abitanti.
In realtà la cifra, considerando i non residenti e gli irregolari,
sfiorava il milione di abitanti. La media di produzione pro capite di
rifiuti, secondo dati sacramentati da verifiche certificate, è di un
chilo al giorno. Un chilo per 800mila abitanti fa 800mila chili al
giorno, vale a dire 800 tonnellate. Un termovalorizzatore prendeva
l’equivalente degli attuali 10 centesimi di euro. Il che ci dà un
prodotto pari a 80mila euro al giorno, mantenendoci bassissimi, cioè non
considerando che i produttori di rifiuti della provincia di Caserta
erano in misura superiore agli 800mila residenti. Si arriva, dunque, a
quei 2 milioni e mezzo o tre milioni al mese che, in una proiezione
annuale, avrebbe prodotto una cifra tra i 30 e i 36 milioni di euro.
A
queste cifre vanno aggiunte quelle incassate dalla vendita di energia
elettrica prodotta dall’incenerimento dei rifiuti, in ossequio al nome
“termovalorizzatore”. Un business spaventoso di 60, forse 70 milioni di
euro all’anno.
Ora può anche darsi che nella telefonata fatta a Valente, Nicola Cosentino
non dicesse sul serio, ma che in quel periodo la sua famiglia,
soprattutto suo fratello Giovanni, guardassero ai rifiuti e all’energia
come elemento di ulteriore espansione dei confini della propria attività
imprenditoriale, questo è fuori discussione.
Ha ragionato in
questi termini l’avvocato Montone? Valutando le modalità con cui ha
condotto tutta la difesa di Cosentino, c’è sicuramente da dubitarne.
Gianluigi Guarino
(by Nicola)
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