Ieri, in tarda serata, il Consiglio dei Ministri ha dato notizia del
decreto legge che prevede le misure economiche per il rilancio
dell’economia italiana dopo gli effetti perniciosi del corona virus.
Si tratta di 55 miliardi (una somma che rappresenta almeno due
manovre finanziarie normali), emessi a deficit, a favore di tutte le
categorie colpite e soprattutto per aiutare le imprese nella loro
ripresa economica.
Intanto in Europa si discute di nuovo del 'Recovery Fund', per la cui
concessione si profilano limiti importanti, e cioè la garanzia degli
Stati, e ulteriori forme di controllo da parte della Commissione.
È importante la notizia che Spagna, Grecia e Portogallo, affermano di
avere una buona posizione nei riguardi dei mercati, e che non faranno
riferimento al Mes.
In questo quadro appare piuttosto evidente che lo sforzo prodotto
dall’Italia, aumentando il proprio deficit, con ogni probabilità sarà
insufficiente per raggiungere i fini proposti.
Altra notizia di rilievo è che l’Unione europea ha concesso, in data
12 maggio, una deroga al diniego degli aiuti di Stato, previsti dai
trattati, per aiutare imprese e banche, con somme parametrate alla
situazione di bilancio dei singoli Stati, per cui, mentre la Germania
potrà indebitarsi per 1000 miliardi, l’Italia non potrà indebitarsi
oltre i 300 miliardi.
Quello che stupisce nel descritto quadro è che in Europa impazza il
pensiero neoliberista e non c’è nessun Paese che pensi a stampare
moneta. Fatto che evidentemente vede ostile la Germania e l’Olanda in
particolare, oltre l’Austria e altri Paesi del Nord, che concepiscono
l’economia liberista un sistema che li avvantaggia ai danni dei Paesi
più deboli.
È sintomatico che la Svezia, che non fa parte della zona Euro, ha
deciso di stampare 30 miliardi, come fanno del resto Usa, Giappone, Cina
e gli altri Stati del mondo.
In questa situazione appare evidente che l’Italia è stata messa
all’angolo e che sarà molto difficile per noi uscire indenni da questa
impasse economico.
Sarebbe suicida per noi attingere al Mes e anche al Recovery Fund,
che costituirebbero altri nodi scorsoi stretti al collo, peggiorando
così la nostra situazione, ed appare evidente che l’unico rimedio che
abbiamo è quello, reso necessario dalla situazione in cui ci troviamo,
di stampare moneta.
Infatti se si pensa che tutto il nostro enorme deficit deve essere
garantito dallo Stato, è evidente che le nostre garanzie si riducono
all’intero territorio italiano con tutte le fonti di produzione di
ricchezza che esso contiene.
La nostra salvezza, oggi più che mai, è affidata ai principi della
nostra Costituzione, la quale, all’articolo 11, sancisce che l’Italia:
“consente a limitazioni di sovranità”, “in condizioni di parità con gli
altri Stati”, al fine di ottenere un ordinamento “che assicuri la pace e
la giustizia tra le Nazioni”, e non per far prevalere gli interessi di
altri Stati, nonché l’articolo 117, comma 1, lettera e), che attribuisce
alla legislazione esclusiva dello Stato la tutela della moneta e del
risparmio. Dunque, non ci resta altra strada se non quella di immettere
moneta a corso legale nel nostro territorio (fatto che, nella situazione
in cui ci troviamo, non può ritenersi vietato dai Trattati) e
provvedere nel modo più ampio possibile alle nazionalizzazioni dei
servizi pubblici essenziali, delle fonti di energia e delle situazioni
di monopolio, come prevede l’articolo 43 della Costituzione.
Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte
Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”
(by nicola)
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