venerdì 30 novembre 2018

Alle 17:30 di oggi Gratteri sarà a Campobasso. Intanto a Roma, lo scorso mercoledì, 'professionisti' fanno visita a casa Igroia e...




Non è più PM e non è stato eletto nelle elezioni. Per questo motivo gli è stata tolta la scorta.
Ma evidentemente ció di cui si occupa ancora, su analoghi temi scottanti interessa molto...
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Sono entrati da una terrazza condominiale sul tetto senza forzare nulla, hanno segato le grate divisorie e hanno “visitato” l’appartamento all’ultimo piano dell’ex pm Antonio Ingroia nel cuore di Roma, mettendolo a soqquadro e portando via alcune pen drive con atti processuali (vecchi, da pm, e nuovi, da avvocato), appunti del- l’ex magistrato “padre della trattativa Stato-mafia” insieme a diari e considerazioni personali.
A pochi giorni dalla revoca di ogni forma di protezione del Viminale nei confronti di Ingroia, un misterioso e inquietante furto avvenuto la notte tra martedì e mercoledì scorso, dopo che l’ex magistrato si era allontanato da Roma alle due del pomeriggio per trascorrere due giorni in Sicilia per lavoro con la moglie, riaccende tutte le perplessità su quella decisione.
È lo stesso Ingroia a segnalare che è stato un lavoro “da professionisti”: “I miei movimenti erano evidentemente controllati – dice l’ex magistrato, che ha avvertito il 113 non appena una donna di servizio ha dato l’allarme – invece di intervenire nel fine settimana o durante le feste hanno deciso di agire in questo breve lasso di tempo. E la Digos e la Scientifica intervenuti sul posto non hanno trovato una sola impronta digitale utile”. Ne hanno trovata una sola, anzi, su una custodia di telefonino riferibile a una mano guantata a conferma delle cautele “da professionisti” adottate dai misteriosi “visitatori” che si sono diretti subito nello studio dell’ex magistrato, rovistando nei cassetti e nelle librerie, cercando tra i faldoni e le carte, nel tavolo dov’era custodito il computer e portando via alcune pen drive: “Non so ancora quante siano, non ho contezza del danno subito – dice Ingroia – lì dentro c’erano atti più o meno riservati del mio passato di pm, ma anche diari, appunti considerazioni”.
Sul perché abbiano agito proprio adesso l’ex pm mette insieme alcune domande: “Oltre alla notizia della revoca della protezione – dice – in questi ultimi giorni sui giornali sono apparse due o tre notizie che mi riguardano”. Si riferisce all’udienza di Reggio Calabria al processo sulla ’ndrangheta stragista, in cui dopo le audizioni dell’ex ambasciatore Fulci e del generale Ganzer sulla Falange Armata, Ingroia aveva sottolineato la stranezza della mancata identificazione di quel Giulivo Conti, uno dei gladiatori segnalati da Fulci, che aveva accompagnato in Somalia il maresciallo del Sismi Vincenzo Li Causi, ufficialmente ucciso da miliziani somali mentre era con Conti nel novembre del ’93.
Ma anche l’intervista a un quotidiano di Salerno sui depistaggi istituzionali seguiti all’omicidio di Angelo Vassallo, il sindaco di Pollica ucciso nel 2010 i cui familiari sono oggi assistiti dall’avvocato Ingroia che nell’intervista aveva sottolineato, tra l’altro, l’avvio di indagini difensive a 360 gradi anche sui depistaggi. “Non dico che sono tutti fatti collegati tra loro – dice Ingroia – ma rassegno questi fatti, insieme alla considerazione che chi ha agito lo ha fatto da professionista, scegliendo attentamente sia il momento per intervenire, sia gli strumenti utili al superamento degli ostacoli per entrare nel mio appartamento”. E cioè esattamente quattro giorni dopo la revoca della protezione residua rimastagli, una “vigilanza dinamica a orari convenuti” (se comunicava per tempo via email quando usciva di casa, sarebbe arrivata un’auto della polizia a sorvegliare l’uscita), motivata dalla fine del suo mandato di amministratore pubblico della società Sicilia & Servizi e dalla mancata elezione alle Politiche nonostante il suo impegno da avvocato sia proseguito su analoghi temi “scottanti’” che lo avevano visto protagonista da pm. E, come ha detto il pm Nino Di Matteo commentando la revoca, “la mafia e i potenti che colludono con la mafia non dimenticano”.

Il Fatto Quotidiano

(by Nicola)

giovedì 29 novembre 2018

Nasce 'la Costituente dell'Ambiente' formata dalla rete dell’avvocatura dei Paesi del Mediterraneo. Prendete spunto dalla Costituzione dell'Equador...



«La nostra ambizione è quella di scrivere una sorta di Costituzione dell'ambiente, che deve diventare centro di diritti, con una normativa armonica e un approccio strettamente collegato al mondo scientifico e tecnologico». È con queste parole che il presidente del Consiglio nazionale forense, Andrea Mascherin, ha confermato ufficialmente, con la benedizione del ministro dell’Ambiente Sergio Costa, l’impegno dell’avvocatura a scrivere il nuovo diritto all’ambiente, un impegno concretizzato ieri al Cnf, nel corso del convegno “Blue economy: una sfida globale”, con la firma del protocollo d’intesa con il commissario generale di sezione per l’Italia per Expo Dubai 2020, Paolo Glisenti. Un accordo con cui la “costituente” dell’ambiente, formata dalla rete dell’avvocatura dei paesi del Mediterraneo, ha assunto l’impegno di individuare le nuove forme del diritto all’acqua e allo sviluppo sostenibile, che l’Italia proporrà alla esposizione internazionale negli Emirati arabi, che prevede la presenza dell’avvocatura italiana, per la prima volta, come «eccellenza».
 «Il Cnf ha messo al centro dei propri interessi la ricerca di una normativa focalizzata sull’ambiente - ha spiegato Mascherin - superando la settorializzazione con cui oggi viene affrontato un tema, che invece va trattato, anche tecnicamente e giuridicamente, in maniera unica. Mettiamo a disposizione del ministro le nostre conoscenze tecniche e saremo lieti e onorati se vorrà sfruttarci senza riserve». Il protocollo indica la strada che l'Italia vuole prendere per l'Expo di Dubai 2020, piattaforma per l’implementazione e la promozione dei diritti ambientali, che prevede anche «un concorso di progettazione per il padiglione italiano - ha spiegato Glisenti - incentrato totalmente sulla sostenibilità, il primo plastic free nella storia dell’Expo». Ma è solo del primo passo nella direzione di una legislazione unitaria sull’ambiente: l’Italia sarà infatti in prima fila anche alla giornata mondiale dell’acqua, prevista il 28 febbraio del 2020, «con un grande evento guidato anche dall'avvocatura, che ha proposto un approccio olistico al tema ambientale, alla legislazione e ai provvedimenti, che invece sono frantumati nell’area del Mediterraneo, molto fragile dal punto di vista dei diritti ambientali e tra le più delicate dal punto di vista dell’aumento dell’inquinamento, ma anche per la fragilità giuridica dell’ambiente. E credo che l’accordo di oggi (ieri per chi legge, ndr) sia importantissimo per portare il tema della giurisdizione internazionale al centro del dibattito mondiale che avremo a Dubai».
E alla visione olistica del Cnf sul tema della giurisdizione ambientale è andato il plauso del ministro Costa, che ha garantito di voler «sfruttare l’avvocatura», trascinandola nella sfida che lo vede impegnato nel percorso legislativo che porterà alla legge “Salva mare”, i cui ultimi passaggi sono in via di definizione. «Vogliamo iniziare un percorso anticipando la direttiva europea sul non impiego delle plastiche usa e getta - ha spiegato - Abbiamo cambiato totalmente il paradigma della tutela ambientale in Europa, andando oltre l'accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. Ora vogliamo fare la stessa cosa per la plastica e il mare e uscire dal l'infrazione europea per la depurazione delle acque». Gli impegni governativi in campo ambientale sono diversi, partendo dal rischio del dissesto idrogeologico, con un quadro d'azione che prevede risorse per circa sei miliardi e mezzo - potenzialmente incrementabili fino a 10 miliardi, qualora il decreto legge sul dissesto andasse in porto entro fine dicembre. «I presidenti di Regione, che rappresentano i nostri commissari straordinari di governo per il dissesto idrogeologico, finora non sapevano quanti fondi avessero a disposizione. Hanno 6 miliardi e mezzo, ma non ci sono i progetti per spenderli - ha sottolineato - Io ho bisogno di progetti subito cantierabili. Velocizzeremo il sistema dei pagamenti, passando da nove a, possibilmente, tre tranche».
L’idea di una Costituzione dell’ambiente ha preceduto la presentazione della versione italiana del Rapporto 2018 delle Nazioni unite sullo Sviluppo delle risorse idriche, realizzata per la prima volta proprio grazie al Cnf e illustrata ieri da Alfonso Pecoraro Scanio, presidente della Fondazione Uni-Verde, Rossella Belluso, segretario generale della Società geografica italiana, Michela Miletto, vice direttore Unesco Wwap, e Maurizio Montalto, presidente dell’Istituto italiano per gli studi delle politiche ambientali, concludendo l’incontro con il conferimento dei “Green pride del mare 2018”, per le best practice 2018 per la difesa degli ecosistemi marini, con gli interventi del comandante delle Capitanerie di porto, Giovanni Pettorino, la presidente di Marevivo Rosalba Giugni e la segretaria dell’Autorità di bacino “Appennino meridionale” Vera Corbelli.
 «La scelta del Cnf di tradurre questo rapporto - ha spiegato Montalto - è un impegno per favorire la diffusione di un'idea utile a dare sostanza di base alle norme. Il sistema normativo, spesso, si fonda su una visione teorica, ma manca una lettura della realtà nel settore ambientale». Secondo il rapporto, «circa la metà della popolazione mondiale vive in aree a rischio - ha spiegato Miletto - ed entro il 2050 si stima un peggioramento della qualità dell'acqua. La soluzione è quella di imitare i processi naturali, come la gestione delle precipitazioni, la ricarica artificiale delle acque sotterranee, agricoltura conservativa e infrastrutture verdi nei centri cittadini» 

Simona Musco

(by nicola)

il 'Don' è tornato



"... In conclusione, sento il dovere di ringraziare Matteo e Luigi, i due vuoti a perdere, perché la loro azione quotidiana, che racimola consensi tra la “gente di pancia e di panza”, riciclati, opportunisti e predatori di pubblico denaro, comincia a svegliare i dormienti, delusi e addormentati dall’anestesia piddina – e sono tanti – suscitando la voglia di prendere posizione, di non abdicare al dovere, di avere il diritto di “esserci” e opporsi alla politica migratoria razzista e miope, alla politica senza visione, alla distruzione del territorio che sta esalando l’ultimo respiro tra le urla delle mareggiate, delle tempeste, dei terremoti e delle frane. Grazie, Salvini e Di Maio, perché ogni giorno ci dite che se voi siete quello che state dimostrando, è anche responsabilità nostra perché abbiamo dimenticato presto, rintronati dallo scandalo di un Pd suicida e privo di senso di Stato. Che la democrazia, la Costituzione, il diritto, le persone e la loro dignità si difendono ogni giorno con scelte etiche e mai opportunistiche, politiche e mai interessate, istituzionali e mai privatistiche. Noi ci siamo e accettiamo la nomina che deriva dalla Costituzione (art. 1) di essere guardiani della legalità in un’Italia di diritto, in quanto democrazia. L’appello di Gustavo Zagrebelsky alla resistenza civile (la Repubblica del 24 novembre 2018) ne è un fulgido esempio."

Don Paolo Farinella

Fonte: Il Fatto

(by Nicola)

martedì 27 novembre 2018

INCENERITORI. Mentre il "Ministro dell'Inferno" blatera, quello dell'Ambiente continua a non ritirare il Decreto attuativo Sblocca Italia fatto dal governo Renzi

(by Nicola)

Il Consiglio Nazionale Forense e il diritto a un ambiente sostenibile



Rispetto al profitto, all'utile e allo sfruttamento della terra a livello globale deve avere la meglio il rapporto con gli ecosistemi!
La politica deve proporre un modello di democrazia solidale nell’equilibrio tra i diversi interessi, innanzitutto economici.

(by Nicola)

Eventi costituenti



«La modifica della Costituzione
non va fatta attraverso un’ingegneria costituzionale 
ma da eventi costituenti, 
perché la nostra è nata 
proprio da eventi costituenti. Se ci si volge indietro 
ci si chiede 
come sia stato possibile 
che in un anno e mezzo 
i padri costituenti abbiano approvato un testo 
della completezza e qualità della costituzione italiana. 
Una carta che fu approvata 
a grande maggioranza. 
Eppure quelli erano tempi 
di forti passioni politiche. 
Fu il frutto di un compromesso alto perché nella carta 
sono confluiti valori 
di diverse parti politiche 
e dunque la società 
nella sua interezza. 
Con la Costituzione 
è stato realizzato un sistema che garantisse tutti 
e che desse al Paese 
un futuro di democrazia 
e libertà, e non credo 
la costituzione meriti 
di essere modificata 
perché è vigorosa e attuale 
e merita di durare perché è già durata 70 anni».

Giorgio Lattanzi
Presidente Corte costituzionale

(by Nicola)

domenica 25 novembre 2018

La nuova serie dell'OML dedicata all'operato del 'contadinoroccocirino'


"L'OML dona 300 alberelli di Olivo della Boemia al 'Borgo dell'Ammonite.' Saranno messi a dimora lungo le rive del ruscello Rio che attraversa l'agro di Matrice per giungere negli orti di San Giovanni in Galdo."

Il 'contadinoroccocirino'
 
(by Nicola)

La nuova serie dell'OML dedicata all'operato del 'contadinoroccocirino'

(by Nicola)

sabato 24 novembre 2018

Nasce "Diritti in movimento" a tutela delle persone fragili



Come possiamo proteggere gli esseri deboli che non sono in grado di difendersi da soli e che sono minacciati non da un destino crudele ma da persone vicine che vogliono approfittare della loro fragilità? Come possiamo mettere in sicurezza i nostri diritti in vista di un futuro in cui potremmo non essere più in grado di esprimere le nostre volontà o di badare a noi stessi? Fin dagli anni Settanta, quando ha collaborato con il team di Franco Basaglia per giungere a una profonda riforma della psichiatria e dei suoi istituti, Paolo Cendon è stato un giurista che ha ascoltato le esistenze dei più vulnerabili, dei meno fortunati, di chi ha bisogno di assistenza, e si è assunto la responsabilità di cercare nuove vie per la salvaguardia di nuovi diritti. Alla sua azione si devono iniziative di legge che hanno portato al riconoscimento dell'idea di "danno esistenziale" e all'introduzione di figure come l'amministratore di sostegno. Oggi, grazie al caleidoscopio di storie vere ricavate da un'esperienza più che quarantennale, Cendon dimostra in questo libro che la fragilità è parte integrante della nostra umanità e, direttamente o indirettamente, ci riguarda tutti. Solo una visione globale che abbracci diritti, doveri e responsabilità, dal testamento biologico all'adozione e all'affido, dalla riparazione del danno esistenziale alla fine di un istituto crudele come l'interdizione all'alleviamento di tante forme di disagio, offre davvero alla nostra società la possibilità di una trasformazione profondamente benefica: una trasformazione che, anche grazie all'opera di Cendon, è già cominciata. Basta ricordare che "non esistono soggetti deboli, a questo mondo, ci sono soltanto persone indebolite" e le loro storie sono un aiuto per tutti a riconoscere anche i chiaroscuri di ogni vita.


(by nicola)

venerdì 23 novembre 2018

RICOSTRUIRE IL PATRIMONIO DEL POPOLO: LA "PROPRIETA' PUBBLICA".




Una Comunità politica, cioè uno Stato, ha bisogno di un patrimonio pubblico (cioè di un patrimonio in proprietà collettiva del Popolo unitariamente considerato) destinato a soddisfare interessi pubblici e non altro, e di singoli patrimoni privati, con una sola inderogabile regola: il patrimonio privato di un singolo non può superare il patrimonio pubblico dell’intero Popolo. Lo chiarì molto bene Roosevelt in un discorso al congresso del 1938, nel quale affermò: “Una democrazia non è salda se consente a uno dei suoi membri di avere un patrimonio maggiore di quello dello stesso Stato democratico”.
Il dramma economico odierno è dovuto al fatto che, essendo stato consentito, con leggi incostituzionali, di “creare il danaro dal nulla” (cartolarizzazioni, derivati, ecc.), ed essendosi lasciata libera da ogni vincolo la “speculazione finanziaria”, i patrimoni dei privati (in gran parte speculatori finanziari) superano (secondo una rilevazione del 2010) di venti volte il PIL di tutti gli Stati del mondo. Da ciò deriva che il cosiddetto “mercato globale” si impone alla politica e detta ai politici le regole da trasformare in leggi. Come suole dirsi, l’economia prevale sul diritto.
Dietro questo fenomeno c’è un chiaro pensiero economico, il “pensiero neoliberista”, secondo il quale la ricchezza deve essere nelle mani di pochi, questi pochi devono agire nella massima concorrenza, gli Stati, e cioè i Popoli nel loro complesso, non devono intervenire nell’economia. Di conseguenza, i pochi ricchi, possedendo prevalentemente una ricchezza fittizia che, per legge, vale come danaro contante, non hanno difficoltà a trasformare la loro ricchezza in beni reali, comprando a prezzi stracciati (anziché investire in attività produttive e occupazionali) i beni reali già esistenti. Di conseguenza, per quanto ci riguarda, l’intero territorio dello Stato italiano con tutto ciò che contiene, è finito, in gran parte, nelle mani di pochi soggetti (in prevalenza stranieri), lasciando il Popolo senza mezzi di sussistenza. I governi che si sono succeduti dall’assassinio di Aldo Moro in poi, anziché contrastare questa illegittima azione di appropriazione indebita della ricchezza di tutti, hanno seguito anch’essi la tesi neoliberista e, improvvidamente, hanno ritenuto di favorire gli acquisti privati di beni pubblici (cioè appartenenti a tutti) attraverso lo strumento micidiale delle “privatizzazioni”, delle quali si parlerà in seguito. Si è arrivati al punto di rendere “privati” i “demani pubblici”, in modo che al Popolo non restasse nulla e tutto cadesse in mano privata.
Nasce, a questo punto, l’economia del debito. Gli Stati economicamente più forti vendono “a debito” le loro merci agli Stati economicamente più deboli (vedi l’Argentina) fino a costringerli al fallimento. Nel nostro caso, poi, la cosa è aggravata dal fatto che abbiamo ceduto all’Europa la nostra “sovranità monetaria”, per cui abbiamo perso il potere di stampare moneta e prendiamo a prestito l’euro che è proprietà della BCE, e abbiamo l’obbligo di contenere il debito pubblico nei limiti di volta in volta stabiliti dalla Commissione Europea. Per di più siamo stati oggetto di mirate “speculazioni finanziarie”, che hanno alzato gli interessi sui nostri titoli del debito pubblico, aggravando enormemente il nostro debito complessivo.
E’ evidente, a questo punto, che la nostra salvezza sta nel tornare al “sistema economico produttivo” di stampo keynesiano, secondo il quale la ricchezza va distribuita alla base della piramide sociale (poiché sono i lavoratori che vanno ai negozi, sono i negozi che chiedono merci alle imprese e sono le imprese che assumono lavoratori e producono beni reali), mentre lo Stato deve intervenire da “protagonista” nell’economia, in modo da dare impulso agli investimenti che non producano merci da collocare sul mercato (non essendoci, in tempo di crisi, una vera e propria “domanda” di beni), ma soddisfino interessi pubblici (quale, ad esempio, il ristabilimento dell’equilibrio idrogeologico dell’Italia), distribuendo ricchezza
tra i lavoratori, i quali soltanto sono in grado di far crescere la “domanda” e dar luogo a quel processo virtuoso, al quale abbiamo testé accennato, che porta alla produzione di beni e alla piena occupazione, quel processo, chiamato “il moltiplicatore del reddito”, sostenuto dal Keynes.
Lo sforzo da compiere, dunque, è quello di tornare al “sistema economico produttivo di stampo keynesiano”. Tutto questo è certamente possibile, ma occorre compiere dei passi ben calibrati, considerato che, improvvidamente, abbiamo svenduto il “patrimonio pubblico” e abbiamo, con molta poca lungimiranza, accettato di far parte della “moneta unica”, perdendo la nostra “sovranità monetaria”, il cui esercizio è davvero risolutivo per la questione che trattiamo.
Ma andiamo con ordine. Propedeutico a qualsiasi discorso è, a nostro avviso, ridefinire il concetto di “proprietà privata” quale risulta dall’art. 832 del codice civile (secondo il quale “il proprietario (privato) ha il diritto di disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo”), in modo conforme agli articoli 41 e 42 della Costituzione, considerato che siamo stati spogliati della nostra ricchezza nazionale in virtù di quella nozione civilistica tutt’altro che conforme al dettato costituzionale. In sostanza, si è continuato a leggere il codice civile come se la Costituzione non fosse intervenuta sull’argomento, addirittura con norme precettive, e come se l’azione del proprietario privato non potesse avere effetti negativi per l’intera Collettività. Questo modo di pensare, ovviamente, è proprio dell’ideologia borghese e, ora, neoliberista, e, probabilmente nel 1942 (quando fu emanato il codice) era difficile pensare che (a parte la questione dei latifondi) nella generalità dei casi la “circolazione della proprietà privata” non avesse la forza di influenzare negativamente l’interesse generale. Ma ora, con la globalizzazione dell’economia e della finanza, la situazione è di certo completamente cambiata. Di fronte a patrimoni privati che superano quelli degli Stati democratici e che, come si diceva , hanno una tale potenza da influenzare la politica e il diritto, il problema che trattiamo non può porsi senza tener presente l’effetto che l’accumulo della proprietà privata ha sull’intera economia nazionale. Provvide appaiono , quindi le disposizioni dei citati articoli 41 e 42 della Costituzione, i quali pongono come limiti insuperabili, rispettivamente, quello “dell’utilità sociale” e quello “della funzione sociale” della proprietà. E’, dunque, importante ricordare che l’art. 41 Cost., dopo aver sancito che “L’iniziativa economica privata è libera”, si affretta a precisare che essa “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana”, mentre l’art. 42 Cost., non solo afferma nettamente (al primo comma, primo alinea) che la “proprietà è pubblica o privata”, ma precisa altresì che quest’ultima (secondo comma), in tanto è “riconosciuta e garantita dalla legge”, in quanto “assicura la funzione sociale”, assicura cioè la tutela degli interessi pubblici che pure gravano sulla cosa in appartenenza individuale. Con l’ovvia conseguenza che se il proprietario non persegue la “funzione sociale” della cosa che gli appartiene, egli perde ogni diritto su di essa, la quale torna là da dove era venuta (così insegna la storia), e cioè nella “proprietà pubblica”, che il Giannini, nel secolo scorso, definiva “proprietà collettiva demaniale”, a titolo di sovranità. E’ il caso, sempre più frequente dei cosiddetti “beni immobili abbandonati”.
In sostanza, si tratta di affermare una summa divisio tra i beni che sono idonei a soddisfare (per qualità e quantità) i bisogni strettamente individuali e familiari, e quei beni che offrono utilità consistentemente maggiori, come una industria, un grande immobile, oppure quei beni naturali che da sempre sono stati definiti pubblici, come il mare, l’acqua corrente, l’aria, i lidi del mare e così via dicendo. Insomma, quello che è importante porre in rilievo è che la Costituzione protegge, prima dell’interesse privato, l’interesse pubblico che la collettività ha nei confronti di quei beni che offrono utilità di grande rilievo, o classificandoli come “beni pubblici”, o obbligando il proprietario privato (beninteso relativamente ai beni economici e cioè commerciabili che egli possiede) ad assicurare l’attuazione della “funzione sociale” della cosa di cui dispone.
A questo punto, come è ovvio, non si può più prescindere da una “interpretazione costituzionalmente orientata” del diritto di “proprietà privata” (opportuna sarebbe una legge di interpretazione autentica dell’art. 832 del codice civile), tenendo presente che, essendo cambiato l’ordinamento giuridico con l’avvento della Costituzione, si pone ora la necessità di interpretare la “proprietà privata” a nuovo ordinamento costituzionale, il quale pone al centro dell’ordinamento stesso il valore della “persona umana” e il “progresso spirituale e materiale della società” (art. 3 e 4 Cost.).
E’ per questo che, nel rispetto assoluto delle altrui opinioni, ci sentiamo di proporre la seguente “interpretazione costituzionalmente orientata” dell’art. 832 del codice civile: “La proprietà privata consiste nel diritto di godere della cosa, assicurandone la funzione sociale, e di disporre della cosa stessa, in modo da non contrastare l’utilità sociale, la sicurezza, la libertà, la dignità umana”.
E’ evidente che alla stregua di questa definizione sarebbe finalmente e realmente difesa la “il patrimonio pubblico”, restando alla teoria dei beni comuni, della quale tanto si parla, senza che si riesca ad arrivare a una definizione logicamente afferrabile, soltanto la soluzione dei problemi relativi alla migliore “gestione” dei beni che soddisfano interessi pubblici.
Precisato il concetto di “proprietà privata nei termini sopra descritti, è possibile fare un altro passo verso la ricostituzione del sistema economico produttivo di stampo keynesiano. Innanzitutto, è da sottolineare la piena contrarietà alla Costituzione delle cosiddette, micidiali, “privatizzazioni”, l’operazione cioè che “trasforma” gli “Enti pubblici” che gestiscono “interessi pubblici” in “società per azioni”. Far questo è assolutamente illogico. E significa, in sostanza, trasformare, con un espediente giuridico, un “bene pubblico” in un “bene privato”, mutandone altresì la “funzione sociale”. Il che fa pensare a una “mascherata truffa” ai danni del Popolo Italiano, fatto che è evidentemente vietato, quanto meno, dall’art. 42 della Costituzione. Deve poi osservarsi che chiunque, anche una società straniera, può scalare la SPA e diventare proprietario della società stessa, il cui rendimento economico può essere sottratto all’economia italiana e portato altrove. Ed è da rimarcare, poi, che è ovviamente assurdo ritenere che un soggetto che agisce nell’individuale interesse di una società privata, in virtù di un contratto (peraltro da ritenere nullo per mancanza di oggetto e perché in contrasto con le norme imperative della Costituzione (art. 1418 C.C.), possa invece conseguire un interesse pubblico. E l’esperienza dimostra ampiamente (si pensi al crollo del ponte di Genova), quanto ciò corrisponda a verità.
Altrettanto deve dirsi delle rovinose “delocalizzazioni” di imprese fuori dei confini nazionali. “Delocalizzare” significa innanzitutto “licenziare gli operai” e aumentare la disoccupazione. E ciò è apertamente in contrasto con la “funzione sociale” della proprietà, di cui all’art. 42 Cost. Significa inoltre arrecare un danno rilevantissimo agli interessi economici nazionali, poiché una “fonte di ricchezza”, qual è l’impresa, viene tolta all’economia italiana e viene a far parte di una economia straniera. Se le “privatizzazioni” colpiscono il “patrimonio pubblico” italiano in modo mascherato, le “delocalizzazioni” lo colpiscono in modo diretto e chiaramente visibile.
Quanto alle “svendite” di immobili pubblici e di demani, c’è poco da aggiungere: è la forma più sfacciata di alienazione della “proprietà pubblica” del Popolo italiano, e cioè di “fonti di produzione di ricchezza nazionale”. E a tutto ciò sono da aggiungere i “danni” e la conseguente “perdita di ricchezza” causati dalla devastazione sistematica del nostro “territorio” mediante costruzioni abusive o inutili, come certamente lo sono le cosiddette “grandi opere”, come la TAV o la TAP, il cui effetto è solo la distruzione dell’ambiente, il cui valore, come tutti sanno, è economicamente inestimabile.
Di fronte al rovinoso quadro fin qui descritto, appare indispensabile, non solo abbandonare questa insensata politica di svendita del patrimonio nazionale, in atto ormai di decenni, ma si dovrebbe fare il contrario: e cioè “nazionalizzare”, nei limiti del possibile, quanto si è perso e quanto è in pericolo di perdita per l’economia italiana.
E si tenga presente che una indicazione molto precisa in proposito ci viene data dall’art. 43 della Costituzione, secondo il quale dovrebbero appartenere “allo Stato, a enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazione di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale”.
A questo riguardo sarebbe molto opportuno ripescare l’idea della Golden Shere, individuata dai governo Monti e tradottasi del decreto legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito nella legge 11 maggio 2012, n.56, (invero mai tradottasi in una sua reale applicazione, anche a causa della sua abnorme complessità), in base alla quale vennero conferiti “poteri speciali” al Governo per controllare che le società per azioni derivanti dalla “privatizzazione” di Enti pubblici economici rispondessero anche a esigenze di interesse pubblico. Tale idea, tuttavia, andrebbe rovesciata rispetto a quanto voleva il governo Monti e questa “regola d’oro” dovrebbe servire al Governo, non solo per controllare le SPA derivanti dalle privatizzazioni di Enti pubblici (che ancora non possono essere ritrasformate in Enti o Aziende pubblici), ma per evitare che in Italia si continui, nell’illusione di pareggiare i bilanci, a “privatizzare”, “delocalizzare” e “svendere”, in pieno contrasto, come si è visto, con i principi e le norme costituzionali, il “patrimonio pubblico italiano.
E’ da osservare, a questo punto, che un limite forte alle “nazionalizzazioni” è dato dall’enorme debito pubblico che ci è stato messo sulle spalle dal mercato globale, dopo che il Ministro Andreatta (anticipando in ciò gli effetti della moneta unica e facendoci perdere in anticipo la “sovranità monetaria”), con una lettera del 12 febbraio 1981, sollevò la Banca d’Italia dall’obbligo di acquistare i buoni del tesoro rimasti invenduti (ovviamente sostituendoli con moneta stampata). Da allora ci siamo dovuti rivolgere al mercato globale e questo ha fatto lievitare i tassi di interesse fino al 25 per cento, aggravando notevolmente il nostro debito.
Tuttavia, la questione del “debito”, a ben vedere, non è senza via d’uscita. Quello che conta, infatti è il rapporto tra debito e PIL, e se si riesce ad avere uno “sviluppo” del PIL che superi il debito, resteranno ovviamente gli interessi passivi da pagare, ma non sarà in gioco l’equilibrio contabile generale del nostro bilancio. C’è poi chi ha sostenuto (Paolo Ferrero, nel suo libro “La truffa del debito”) che oltre la metà del nostro debito pubblico è costituito da “interessi passivi” derivanti da speculazioni, le quali, lo si tenga presente, non sono un valido titolo giuridico per vantare dei crediti sul piano giuridico. Si potrebbe ancora aggiungere che il nostro debito, essendosi verificato un cambio del “sistema economico”, il quale da “produttivo” si è trasformato in un “sistema predatorio”, è diventato un debito “ingiusto, detestabile o odioso”, (come affermano alcuni Autori) e, quindi, non più rimborsabile, poiché è venuta meno la stessa possibilità materiale di farlo, si è realizzata, in altri termini, una “prestazione impossibile”, come recita l’art. 1218 del nostro codice civile. Comunque, quello che certamente si può e si deve fare è una “revisione” del debito, poiché è assolutamente incontestabile che nessun Paese può essere tenuto a pagare i debiti derivanti da speculazioni finanziarie, che sono atti di “guerra economica” e non possono costituire titolo giuridico valido, come poco sopra si diceva, per vantare diritti di credito. Si tratta, è vero, di una operazione molto difficile, che richiede intelligenza e grande professionalità, ma che non può non essere tentata, proprio per evitare che l’Italia sia sottoposta dall’Europa a una procedura per debito eccessivo.
Un ostacolo ben maggiore per la ricostituzione del “patrimonio pubblico” italiano è costituito, tuttavia, dalla nostra appartenenza all’area dell’euro. Infatti, proprio a causa dell’appartenenza alla “moneta unica” siamo stati sottoposti a un regime di austerità, che ci ha impedito un vero e proprio “sviluppo economico”, cancellando addirittura la nostra “politica economica”, che si è trasformata nella ricerca spasmodica dei mezzi finanziari necessari a rispettare l’obbligo di “pareggio del bilancio”, introdotto in Costituzione dal governo Monti in ossequio alle detestabili idee neoliberiste. Con questa insensata politica ci siamo posti, come suol dirsi, con la testa sotto la tagliola e ora liberarcene è estremamente difficile. Infatti, è facile prevedere che una uscita dall’euro comporterebbe la immediata reazione dei mercati, i quali porterebbero lo spread alle stelle e vanificherebbero tutti i nostri sforzi.
Per ora, i rimedi sono soltanto quelli sopra enunciati: ricostituzione, per quanto possibile, del “patrimonio pubblico” italiano, attraverso il “blocco” delle “privatizzazioni”, delle “delocalizzazioni e delle “svendite”, l’attuazione più ampia possibile delle “nazionalizzazioni”, degli “investimenti pubblici” idonei ad alimentare la domanda di beni e, quindi, a favorire l’occupazione, e infine la “revisione” del debito nei sensi sopra illustrati. Il tutto non apparendo ancora possibile poter riconquistare la nostra “sovranità monetaria”, e cioè il vero strumento capace di risolvere alla radice i nostri problemi economici.
Tuttavia una nuova speranza si è accesa nei nostri animi. La gente si sta rendendo conto che l’attuale politica europea ci sta portando alla miseria e alla morte (importante quanto sta avvenendo in Francia contro la politica di Macron) e, intanto, le elezioni del Parlamento europeo sono vicine. Se in Italia si riuscisse a sensibilizzare il Popolo sulla impellente necessità di seguire una linea politica come quella sopra indicata, una linea cioè rispettosa degli impegni che finora abbiamo preso con l’Unione Europea, e si cominciasse a ritenere che, per quanto riguarda l’Europa, la scelta non si pone, come finora hanno fatto ritenere i mass media, tra chi vuole confermare questa Europa (i cosiddetti conservatori alla Macron) e chi è decisamente contrario all’Unione Europea (i cosiddetti “sovranisti” o “populisti”), ma che c’è una terza via da seguire, e cioè quella di costruire una Europa davvero “federale”, che tratti tutti gli Stati membri “in condizioni di parità” (come afferma l’art. 11 della nostra Costituzione repubblicana), si potrebbe davvero cominciare a sperare di portare nel Parlamento Europeo delle persone che, operando dall’interno, riescano, un po’ per volta, a far breccia sugli altri parlamentari e a far loro capire che l’idea del “neoliberismo” (visti i disastri che ha prodotto) deve dirsi finalmente superata, mentre al suo posto deve avere sempre maggior forza una idea che, partendo dagli schemi keynesiani, metta al centro dell’attenzione l’uomo e l’ambiente, prospettando un modo di vivere non più concorrenziale e consumista, ma legato ai valori che “madre Terra” esprime e richiede. Qualcuno (Latouche) ha parlato di “decrescita felice”, e presto questa frase è stata contestata dal neoliberismo imperante, ma, se davvero si vuole, come vogliono i Trattati Europei, la giustizia e la pace, effettivamente non c’è altra via che quella di viaggiare verso una meta di valore egualitario, una meta cioè che ponga come principio fondamentale l’eguaglianza, distribuendo a tutti il necessario per vivere e ponendo l’accento del rapporto tra uomo e ambiente come “un rapporto tra la parte e il tutto”, essendo unica per tutti gli esseri viventi, piante comprese, la vita che ci circonda.

Professor Paolo Maddalena

Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

(by Nicola)

giovedì 22 novembre 2018

Partiti gli accertamenti della Corte di giustizia del Lussemburgo: 41 discariche fuori norma, quasi tutte al Sud. "Grave rischio per la salute e l'ambiente". Si rischiano sanzioni.



E' partita la causa d'infrazione della Corte di giustizia europea nei confronti dell'Italia per la mancata bonifica, o la chiusura, di 41 discariche: "Costituiscono un grave rischio per la salute umana e per l'ambiente". Un anno e mezzo dopo il deferimento della Commissione - a maggio 2017 le discariche contestate erano 44, tre in più - la Corte europea ha avviato l'accertamento di carattere ambientale: potrebbe portare a una sanzione economica. L'Italia, nei quarantun casi citati, non è in regola con le normative europee. In particolare, l'Unione ha individuato le discariche già in funzione dal 16 luglio 2001 e che, recependo la legislazione comunitaria, otto anni dopo avrebbero dovuto essere cancellate o messe in sicurezza. Dal 16 luglio 2009, quindi.Ancora nel maggio 2011 le discariche contestate sul territorio italiano erano centodue, poi scese a cinquanta nel giugno 2015 e a quarantaquattro nel maggio 2017. Ora sono quarantuno. Il censimento del 2017 aveva individuato solo tre siti fuorilegge nel Nord: tutti nel Friuli Venezia Giulia. I restanti quarantuno erano in funzione a Sud. Per la Basilicata sono state 23 le discariche segnalate (in crescita di quattro rispetto a sei anni prima), quindi l'Abruzzo con undici, la Puglia con cinque e la Campania con due. Dal 2011 al 2017 nove regioni sono riuscite a mettere a norma tutte le aree di recupero dei rifiuti: la Sardegna ne aveva dodici irregolari, il Molise dieci, entrambe sono a quota zero. In totale, negli ultimi sette anni il nostro Paese ha risanato 61 siti su 102.
Tra le ragioni che rendono una discarica fuori dalle regole europee c'è la mancata separazione di rifiuti pericolosi, non pericolosi e inerti. Ancora, è un dato negativo il fatto che i gestori dell'area collochino in discarica anche i rifiuti non trattati e smaltiscano all'interno le gomme usate.
  Nel momento in cui la Corte europea del Lussemburgo riconosce che uno Stato membro ha mancato a uno degli obblighi richiesti da una direttiva, lo Stato - l'Italia sulla questione discariche - è tenuto a prendere i provvedimenti richiesti nella sentenza. La Commissione può fissare un termine per l'esecuzione e allo scadere, se l'inadempienza nazionale resiste, può rivolgersi nuovamente alla Corte segnalando "un inadempimento nell'inadempimento" e proporre di condannare lo Stato a sanzioni pecuniarie. Sul tema delle discariche pericolose la Corte europea ha già pronunciato sentenze di condanna nei confronti di Bulgaria, Cipro e Spagna.
  

Fonte: 'R.it'



Conto bonifico bancario intestato a:
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Ag. di Roma Carta Evo

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Causale: supporto alla Campagna nazionale ‘SbloccaItaligameover.’

Info e documentazione: www.leggerifiutizero.org


(by Nicola)

COMUNICATO STAMPA

COMUNICATO STAMPA

Il Coordinamento ‘Legge Rifiuti Zero per l’Economia Circolare’ Molise ha inviato, a mezzo pec, a tutti i Sindaci e Consiglieri comunali della regione l’invito a sostenere la Campagna nazionale ‘SBLOCCAITALIAGAMEOVER* avviata a seguito del primo importante pronunciamento su ricorso presentato dal ‘Movimento’ al TAR Lazio contro il decreto attuativo dell'art. 35 dello “Sblocca Italia”, decreto che ha fatto assurgere gli inceneritori (termovalorizzatori) a ‘impianti strategici di preminente interesse nazionale.”

Il TAR Lazio, nel riconoscere le ragioni e le richieste del ‘Movimento’, ha rimesso il giudizio di merito alla Corte di Giustizia Europea (sentenza N. 04574/2018 del 24 aprile 2018).

Se confermata dalla Corte di Giustizia Europea, questa vittoria porterebbe con sé un impatto enorme dal punto di vista giuridico per la sua immediata applicazione in tutti i 28 Paesi europei. In pratica tutti gli inceneritori (termovalorizzatori) dovranno essere ‘spenti’ per lasciar spazio esclusivamente a interventi di ‘Economia Circolare’ come del resto imposto dalla Direttiva (UE) 2018/851 del maggio scorso!

Potremo, senza ombra di dubbio, affermare che anche il nostro Molise avrà contribuito a dar vita a un nuovo e diverso modello di sviluppo con tutti i benefici facilmente immaginabili in termini di salute, salvaguardia del territorio, occupazione e occupabilità.

Tale storico obiettivo è, ora, a portata di mano ma necessita del coinvolgimento di tutte, ma proprio tutte, le Comunità, anche di quelle che pur non ospitando inceneritori, cementifici o centrali termoelettriche ne subiscono comunque gli effetti nefasti sotto il profilo sanitario, ambientale e dei costi di smaltimento.

A fronte dell’impegno richiesto il Coordinamento ‘Legge Rifiuti Zero per l’Economia Circolare’ Molise organizzerà - a titolo gratuito - incontri finalizzati a sensibilizzare i cittadini in materia di Economia Circolare.

Per il Coordinamento Regionale Molise
Movimento Legge Rifiuti Zero per l’Economia Circolare’
F.to Nicola Frenza
338.9352833

* Conto bonifico bancario intestato a:
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(by Nicola)

La Greppia


(by Nicola)

mercoledì 21 novembre 2018

Caro Matteo, 'la pacchia è finita!' Se hai ancora voglia di andare a sciare in Danimarca leggi questo articolo




L'INCENERITORE CON LA PISTA DA SCI DI COPENAGHEN CHIUDE PER DIFETTO DI PROGETTAZIONE. OTTIMO !!!
(il sottotitolo è una notizia di cronaca locale estranea al titolo)

Anche se occorre specificare meglio le caratteristiche tecniche di questo "fasullo modello di efficienza" :
1. l'uso delle ceneri per fare i sottofondi stradali in Italia è vietato essendo rifiuti "speciali" e pericolosi,
2. In Italia, ad eccezione di Brescia e Lecco del Nord, il calore generato non ha alcun interesse non essendoci le reti di teleriscaldamento necessarie che al Centro Sud servirebbero per troppo poco tempo l'utenza urbana,
3. Quello che NON DICONO è che insieme ai fumi comunque vengono immesse in aria NANOPOLVERI contenenti metalli pesanti e DIOSSINE (che si ricombinano in sede di raffreddanento)
 

Massimo Piras

Pensando di fare cosa utile a tutti, dal sito del progettista/costruttore dell'inceneritore di Copenhagen:

400,000 tons of waste a year result in:
99% energy efficiency.
District heating for 160,000 households.
Electricity for 62,500 households.
100 million litres of spare water recovered through flue gas condensation.
90% reuse of metals from waste amounting to 10,000 tonnes of metal a year.
100,000 tonnes of bottom ash reused as road material which saves large amounts of gravel
Occorre notare:
la produzione di un 25% di ceneri che vengono riciclate per "pavimentazione stradale";
la produzione di 2,5% di metalli che vengono "riusati";
il recupero di acqua dai fumi per condensazione (una tecnologia che in Italia non trova applicazione);
la distribuzione del calore - acqua calda - alle case dei quartieri vicini (unica ragione per cui l'inceneritore sta in quel posto!)
la produzione di elettricità con un rendimento di ca. 25%
Nulla si dice su quanto esce dal camino né sulla sostenibilità finanziaria dell'opera, costi e benefici.

In definitiva la presunta sostenibilità ambientale dell'impianto sta tutta nel riciclo/riuso degli effluenti solidi e liquidi - tutta da dimostrare se fattibile anche in Italia e senza i quali l'impianto non chiuderebbe affatto il ciclo materiale - e nell'uso per riscaldamento civile del calore residuo. Senza queste fondamentali caratteristiche tecnologiche l'impianto - compreso la sua pista da sci e la passeggiata panoramica - non esisterebbe neppure.
In definitiva l'impianto costituisce un esemplare unico della specie che non può essere riprodotto facilmente in altri siti.
Questo ovviamente sul piano meramente tecnico e fatte salve tutte le obiezioni socio-sanitarie del caso.

http://cphpost.dk/news/local-news-in-brief-countrys-most-expensive-incinerator-closes-down-indefinitely.html?fbclid=IwAR0TRBbaaK5ZdcrI9gqgyitlUAoPw_i-f3DogetuZhDX_ea_a7F4DqSmvOs

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