martedì 30 aprile 2019

lunedì 29 aprile 2019

EsperienzEUROPA. Le best practice italiane. Progetto SYMBI: “Simbiosi Industriale per la Crescita Regionale Sostenibile e una Efficiente Economia Circolare delle Risorse”




Il tema dell’Economia Circolare è sempre più all’attenzione del mondo politico, economico e scientifico.
La Camera di Commercio del Molise si sta dedicando al tema da ormai diversi anni. Si chiama infatti SYMBI – “Simbiosi industriale per la Crescita Regionale Sostenibile e una Efficiente Economia Circolare delle Risorse”, il progetto - cofinanziato dal Programma INTERREG EUROPE - con cui, insieme ad altri 6 partner europei, a partire dal 2016, l’Ente camerale molisano sta diffondendo la cultura europea dell’Economia Circolare con l’intento di allineare le politiche regionali con quanto previsto e disposto dalla Commissione Europea in materia di Economia Circolare. 

Con Symbi si vuole supportare la transizione verso un’economia basata su un utilizzo efficiente delle risorse attraverso processi di Simbiosi Industriale, stabilendo sinergie territoriali per la gestione dei rifiuti, lo scambio di energia e l’utilizzo di prodotti come materie prime secondarie. 
Due gli importanti e ambiziosi obiettivi di fondo:
1) influenzare i policy makers (responsabili politici) nel programmare ed attuare strumenti e misure/interventi volti ad incentivare la diffusione della Simbiosi Industriale, come aspetto dell’Economia Circolare;
2) sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi della Simbiosi Industriale e dell’Economia Circolare, evidenziando, per lo più alle imprese, le opportunità e i benefici derivanti dall’applicazione di questi nuovi modelli economico-produttivi.
Il Progetto SYMBI si propone altresì di contribuire a:
• incoraggiare sistemi regionali di trasformazione dei rifiuti;
• promuovere l’uso di materie prime secondarie e creare un mercato regionale di tali materie;
• agevolare appalti pubblici verdi, come strumento catalizzatore di processi di Simbiosi Industriale;
• sbloccare gli investimenti da parte di operatori finanziari regionali e locali;
• esplorare, valutare, espandere e migliorare le attuali pratiche di innovazione industriale negli Eco Sistemi. 

Oltre alle attività di indagine e ricerca, di incontri di lavoro e meeting interregionali che hanno consentito di mettere a confronto realtà territoriali differenti (quali la Spagna, la Slovenia, la Polonia, la Finlandia, l’Ungheria, la Grecia, l’Italia) portando allo scambio di esperienze e di buone pratiche, la positività del progetto sta soprattutto nel processo bottom-up che si è messo in campo. Sono infatti stati direttamente coinvolti i portatori d’interesse locali, instaurando un proficuo dialogo per favorire la predisposizione di un Action Plan regionale contenente misure finalizzate al miglioramento degli strumenti/programmi di politica regionale rilevanti in materia di Economia Circolare e Simbiosi Industriale.
La definizione di tale documento è il risultato della sintesi delle indicazioni emerse, appunto, in sede di concertazione con gli attori locali e delle lezioni apprese attraverso la cooperazione con gli altri partner di progetto. Va evidenziato che i Tavoli di concertazione hanno generato in maniera spontanea una rete tra organismi, all’interno della quale la Camera di Commercio del Molise si pone, partendo dagli interessi delle imprese, come collettore o facilitatore di incontri, iniziative e collaborazioni consentendo un dialogo attivo e costante tra pubblico e privato.
L’opera di sensibilizzazione verso il tema dell’Economia Circolare e della Simbiosi Industriale, in particolare, è stata, in fase di avvio del progetto, l’aspetto più complicato: un tema nuovo e non di immediato impatto sia per le pubbliche amministrazioni che per le imprese. La transizione da un’economia lineare ad una circolare comporta un importante cambiamento: per rimettere in circolo le risorse e riavviare il processo produttivo occorre una vera e propria rivoluzione culturale che passi anche attraverso la modifica della nozione legislativa di “rifiuto”.
Altrettanto complicato è riuscire ad operare questo cambiamento all’interno della stessa Autorità Regionale e di conseguenza all’interno dello strumento politico di riferimento - ossia il POR FESR FSE - su cui sta operando la Camera di commercio del Molise attraverso SYMBI.
È sicuramente la sfida più importante quella di riuscire a reindirizzare i policy makers
(responsabili politici) regionali verso interventi che favoriscano la suddetta rivoluzione.

francesca.cuna@molise.camcom.it

Fonte: Newsletter CCIAA Molise 

(by Nicola)

sabato 27 aprile 2019

Legittima difesa: la toppa è peggio del buco!




I 4 punti della legge non chiari segnalati da Mattarella ai presidenti di Camera, Senato e al premier Conte:

1- deve esserci la "condizione di necessità";

2- "stato di grave turbamento derivante dalla condizione di pericolo in atto" oggettivo e determinato, in conformità con i principi costituzionali;

3- perché le spese del giudizio sono a carico dello Stato se riconosciuta la legittima difesa domiciliare e non quando uno si difende fuori dal domicilio?;

4- perché si subordina al risarcimento del danno la possibilità di concedere la condizionale della pena per il furto in appartamento o in uno scippo e non anche quando si tratta di una rapina?

P.S.:
Tutto bene Presidente.
I punti avrebbero potuto essere anche 400 e nulla sarebbe cambiato dal momento che Lei quella Legge l'ha firmata!

(by Nicola)


Il 'contadinoroccocirino' è il Wendell Berry de noantri!



"Per cinquanta o sessant'anni ci siamo cullati nell'illusione che finché avremo denaro avremo cibo. Ci siamo sbagliati. Se continueremo ad offendere la terra e il lavoro che ci consentono di nutrirci, la scorte alimentari diminuiranno e ci ritroveremo con un problema molto più grave del crollo di quest'economia di carta. Il Governo non sarà in grado di produrre cibo semplicemente regalando centinaia di miliardi di dollari alle società di agribusiness... Dobbiamo renderci conto che i tentativi sregolati del comunismo e del capitalismo industriali sono ugualmente falliti. Le pretese di produttività, redditività ed efficienza, di crescita, benessere economico, potere, meccanizzazione e automazione senza limiti, per un certo tempo possono arricchire e conferire autorità ai pochi, ma prima o poi ci distruggeranno tutti"

Wendell Berry

(by Nicola)


Crapsi

(by Nicola)

venerdì 26 aprile 2019

Class action di Altroconsumo contro Facebook


Dovrebbe essere chiaro che i dati utilizzati da Facebook appartengono ai consumatori e solo a loro. Diventa necessario che ciascun utente abbia il controllo sui propri dati, sappia esattamente per quale scopo siano utilizzati e possano ottenere una parte equa del valore creato dalle società che utilizzano le informazioni. E quando i consumatori sono tratti in inganno devono ottenere un risarcimento adeguato, come in questa vicenda. Con la nostra azione non intendiamo boicottare Facebook, al contrario pretendiamo un Facebook migliore che riconosca finalmente il ruolo centrale delle persone che popolano tale piattaforma, il rispetto dei loro diritti fondamentali, della loro libertà di scelta e dei loro legittimi interessi economici, i consumatori infatti non sono burattini con i quali Facebook può giocare a suo piacimento”.

Ivo Tarantino, responsabile Public Affairs & Media Relations  Altroconsumo


(by Nicola)

Co. n. o. s. c. i. il “carrello della felicità?”




Il 'Coordinamento nazionale degli operatori per la salute nelle carceri italiane (Co. n. o. s. c. i)' ha deciso di migliorare l'assistenza farmaceutica penitenziaria. 
Su un campione di 16.000 detenuti il 67,5% soffre di una situazione patologica (disturbi psichici, malattie dell'apparato digerente e infettive). Ma il vero problema è rappresentato dall'abuso di psicofarmaci, nell'ambiente definito “il carrello della felicità”. 
Tali farmaci aiuteranno anche a sopportare i luoghi di pena e di carcerazione preventiva ma di sicuro non risolvono il problema... lo posticipano. 

P.S.
A Pozzuoli dodici detenute vivono nella stessa cella per 21 ore al giorno.

(by Nicola)

giovedì 25 aprile 2019

Liberazione

 
John Creuzot,  giudice statunitense ha l'obiettivo di chiudere almeno tre prigioni nei prossimi quattro anni. E' stato di parola: come primo passo ha iniziato letteralmente a svuotarle, le carceri, depenalizzando i «reati minori», in particolare quelli dei beni necessari (cibo, pannolini, latte in polvere, coperte) commessi da persone in stato di indigenza per un costo inferiore ai 750 dollari.
La depenalizzazione non sarà applicata se gli articoli vengono rivenduti.
Altro cavallo di battaglia di Creuzot riguarda la libertà sotto pagamento di cauzione che privilegia le classi più agiate.

(by Nicola)

sabato 20 aprile 2019

Auguri dall'OML

(by Nicola)

Promuviamo un’azione giudiziaria per portare la legge elettorale vigente all’esame della Corte Costituzionale



'Attuare la Costituzione' - Associazione di promozione sociale, persone e organizzazioni nell'esercizio della sovranità popolare - presieduta dal prof. Paolo Maddalena, ritiene necessario promuovere un’azione giudiziaria per portare la legge elettorale vigente, piena di incongruenze e illegittimità, all’esame della Corte Costituzionale.
L'OML sosterrà l'operato di 'Attuare la Costituzione' e invita quanti leggeranno il presente scritto ad attivarsi concretamente al riguardo. I fondi raccolti serviranno a far fronte, nella malaugurata ipotesi di condanna, alle spese di lite. In caso di vittoria del giudizio, verranno puntualmente restituite.
Il ricorso è stato redatto dal gruppo dei giuristi gratuitamente.
(by Nicola)

"I nostri governanti sanno che il loro dovere è difendere il territorio e il popolo italiano (art. 52 Cost)?"




La Lega, classificata tra le forze politiche populiste e sovraniste, dimostra sempre più il suo vero volto: essa è neoliberista, vuole cioè la sottomissione del territorio e del popolo italiano agli interessi delle multinazionali.
Oltre alle vicende Tav e Tap, si consideri che su proposta della Lega è stato approvato il decreto cosiddetto di emergenza, il quale autorizza in pratica la pubblica amministrazione allo sradicamento di tutti gli ulivi del Salento per sostituirli con degli ulivi monocolturali, imposti dalle multinazionali, che producono un olio di qualità pessima, devono essere rimpiantati ogni tre anni e hanno bisogno di moltissima acqua che in Puglia manca. A tale fine si sancisce che questa operazione deve essere effettuata anche in contrasto che le norme che tutelano l’ambiente, l’ecosistema, il paesaggio, i beni storici, la salute, ed altri fondamentali interessi costituzionalmente protetti (art. 2, 3, 41, 42, 43, 44, 117 comma seconda lettera S della Costituzione).
Si tratta in vero di un grande favore alle multinazionali straniere che vedono nell’ottimo olio pugliese un concorrente fortissimo da eliminare.
E la nostra Camera si è piegata a questa proditoria volontà. Speriamo che il Senato rinsavisca e che si ponga il problema di tutelare gli interessi degli italiani, evitando l’uso di un linguaggio fuorviante sul piano della comunicazione.
È interessante notare che il fenomeno Puglia non è isolato, in Toscana si vuole distruggere la pineta del Tombolo, proclamando il falso fine della difesa dagli incendi, mentre secondo autorevoli fonti, il taglio dei pini servirebbe solamente alle centrali a biomassa.
I nostri governanti sanno che il loro dovere è difendere il territorio e il popolo italiano (art. 52 Cost)?

Paolo Maddalena 

(by Nicola)

venerdì 19 aprile 2019

Il nostro amico Angelo Consoli invita a firmare per la Legge di iniziativa popolare per la "Transizione Energetica"


Finalità: sfruttare le potenzialità dell'idrogeno come combustibile 'davvero pulito e sostenibile' per fare della Puglia un laboratorio energetico a zero emissioni!
Acadìa (FG) sarà sede del primo villaggio a idrogeno in Europa, mentre Taranto sarà città simbolo per la lotta all'utilizzo di energia derivante da fonti fossili.
La Proposta di Legge risponde all’appello alla società civile di tutto il mondo del Segretario delle Nazioni Unite Antonio Guterres affinché non si superino 1,5 °C di aumento della temperatura media del Pianeta, rispetto ai livelli preindustriali. Gli impegni governativi attuali, rispetto al taglio delle emissioni, porterebbero a un disastroso aumento di oltre 3° C. Occorre agire ora, invertire la tendenza all’aumento a partire dal 2020, per azzerare le emissioni climalteranti entro il 2050.

L'OML sarà a fianco di CETRI-TIRES e della Fondazione H2U per la campagna di raccolta firme.

(by Nicola)

La 'Caponnetto' parte civile nel processo contro esponenti del clan Di Silvio accusati di associazione mafiosa


Le nostre vive congratulazioni agli amici della 'Caponnetto.'

(by Nicola)

giovedì 18 aprile 2019

«Voi siete la schifezza di Napoli». La nascita del movimento anticamorra in Campania - 6


E il mondo cattolico? La Democrazia cristiana permane in uno stato d’imbarazzante silenzio. Del resto, lo scandalo provocato dal rapimento di Ciro Cirillo ha zittito anche le poche voci dissidenti. Certo c’è il dinamismo della Cisl, ma l’unitarismo dell’azione sindacale la rende un soggetto assimilabile alla galassia che ruota intorno al partito comunista. Non rimane che la Chiesa, ma parte da una posizione svantaggiata: deve scontare il pregiudizio dei comunisti e il silenzio di molti parroci dinanzi alle magnanime offerte dei camorristi in occasione delle feste patronali e delle celebrazioni sacramentali. Ad Acerra, però, dal 1978 c’è un vescovo di fresca nomina, Antonio Riboldi. È lombardo ma arriva dalla Sicilia, da Santa Ninfa precisamente, dove, da parroco, ha guidato i fedeli contro mafiosi e politici corrotti per impedire che si spartissero i finanziamenti destinati alla ricostruzione del Belice, colpito dal sisma nel 1968. Da «don terremoto» a «vescovo anticamorra» il passo è breve: «Ai primi degli anni Ottanta [...] venne la mattanza. I morti si contavano due al giorno [...] tutti dovevano camminare in punta di piedi, non parlando, quasi non pensando, per non essere colpiti». L’11 dicembre 1981 Papa Giovanni Paolo II rivolgendosi ai vescovi siciliani scrive: «Esistono purtroppo alcuni fenomeni aberranti [...]. Si tratta di quella mentalità o struttura mafiosa che [...] pretende di fare a meno della legge e di poterla impunemente violare; di qui il moltiplicarsi della violenza e degli omicidi i cui mandanti ed esecutori sono protetti dall’omertà». E conclude: «occorre reagire, non bisogna assolutamente rassegnarsi! [...] bisogna aiutare i fedeli a formarsi e a maturare una retta coscienza etica». Don Riboldi, che ben conosce la realtà siciliana, comprende che è arrivato il momento di schierarsi. È il natale 1981 quando, ai fedeli riuniti per la messa di mezzanotte, dice: «Non è possibile intrattenerci qui sentimentalmente sul Natale […] quando si vive in mezzo alle pistole, in mezzo alla violenza». Da quel momento non si ferma più. Diventa un vero e proprio testimonial della lotta contro la camorra: rilascia interviste, partecipa a convegni, guida cortei, scrive editoriali, convoca riunioni. Qual è il pensiero di don Riboldi? La camorra, negli anni del benessere, si è tramutata in una «multinazionale della delinquenza». È un’organizzazione mafiosa che ha una sua legalità all’interno di un sistema di regole criminali. Un ordinamento strutturalmente avverso ai Comandamenti che vuole farsi cultura per imporre con il terrore un modo di esistere «inumano». La camorra è «“dentro” e “contro” il tessuto umano e culturale d’un popolo». Dentro perché sfrutta l’insicurezza e l’emarginazione per occupare gli spazi lasciati vuoti dalla società; contro perché ogni sua attività è una sopraffazione della libertà di esprimersi. Perciò mafiosi e camorristi peccano contro Dio e contro l’uomo. Sono portatori di «un’eresia» che non ha nulla in comune con la comunità cattolica. «Si è parlato di scomunica. Ma questi uomini sono già fuori». Chi proclama la morte è naturalmente avverso alla comunione cristiana: «Se la parola scomunica vuol dire questo, ecco, la scomunica c’è già». Tocca agli «uomini di buona volontà» reagire al clima di terrore. Come? Scendendo in strada, riconquistando il territorio, occupando lo spazio pubblico che è diventato «teatro» di omicidi e luogo d’esercizio di una «dittatura» Il potere della camorra, secondo don Riboldi, «c’interroga in maniera perentoria sul nostro modo di essere Chiesa in Campania», ma soprattutto «ci sfida ad [...] un’autentica proposta di civiltà, ad essere non solo credenti, ma credibili». La posizione del vescovo di Acerra si sposa con l’azione della Caritas campana che intende studiare le forme della violenza organizzata e le cause che la generano per organizzare una risposta civile della Chiesa attraverso l’azione pastorale delle parrocchie. È in questo contesto che fiorisce il Documento contro il fenomeno della camorra della Conferenza episcopale campana. L’esortazione iniziale è affidata ad un verso del profeta Isaia: «Per amore del mio popolo non tacerò». I Vescovi ritengono la camorra «una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di diventare componente endemica nella nostra società campana». È un’organizzazione criminale che «ha sempre cercato di nobilitarsi dandosi una ideologia e cercando di imporla quasi come interpretazione della cultura della gente della Campania». È un sacrilegio ideologico che chiama famiglia un clan mafioso, che considera virtù la forza bruta, che identifica l’onore con l’orgoglio della vendetta, che qualifica l’estorsione come un atto di giustizia, che pretende di avere una sua religiosità strumentalizzando «la funzione del padrinato nei sacramenti». Di fronte a tutto questo la Chiesa non può tacere e deve intervenire per demitizzare e isolare la camorra, rinnovare la proclamazione del Vangelo, educare alla verità e alla giustizia, predicare il perdono, sostenere la testimonianza dei pastori, e soprattutto «non permettere che la funzione di “padrino”, nei sacramenti che lo richiedono, sia esercitata» dai camorristi, né «celebrare con solennità la liturgia funebre per coloro che notoriamente siano stati legati alla camorra». In sostanza, se il Pci è il riferimento politico, la Chiesa è il rifermento morale della lotta alla camorra.


(continua)

Autore: Marcello Ravveduto

(by Nicola)

mercoledì 17 aprile 2019

Due rinvii a giudizio per il caso Fabio De Luca, 'deceduto' nel carcere di Isernia

(by Nicola)

LE INFILTRAZIONI MAFIOSE IN MOLISE - Conclusioni - 16


Il pericolo mafia in Molise esiste e alcuni casi riportati in cronaca e molti atti giudiziari ne sono ormai la testimonianza inconfutabile. Come organizzarsi, cosa deve fare la politica e le istituzioni preposte alla sicurezza ma soprattutto le coscienze locali, gli intellettuali che sono chiamati in causa e soprattutto i cittadini. A volte mi pongo alcune domande, scomode a tanti e che in molti censurano o mettono in secondo piano. Una di queste è: se le infiltrazioni in Molise fossero anche lo specchio delle alterazioni della società molisana? In Molise raramente è dato vedere cittadini che scendano in piazza o manifestino per ripulire il territorio dai politici “affaristi” o dai colletti bianchi e dagli imprenditori che hanno collusioni con le mafie. Salvo alcune manifestazioni “folcloristiche”, la reazione del molisano è stantia. La lotta alle mafie non può interessare solo i magistrati e le forze di polizia ma deve coinvolgere necessariamente anche la cittadinanza e il modo di essere cittadini. A testimoniare tale assunto vi è anche lo scarso coinvolgimento dei pochi intellettuali molisani. I mass media cercano di fare il loro dovere e informano al meglio le degenerazioni che man mano emergono. Chi vuole documentarsi meglio, inoltre, può farlo poiché le fonti non mancano. In Molise, purtroppo, pesa una sorta di anestetizzazione indifferenziata che trova la sua fonte in un atavico clientelismo che nei confronti del fenomeno mafia potrebbe diventare omertà o peggio negazionismo estremo. Quando molti anni fa parlavo d’infiltrazioni mafiose in Molise (era il 1993), ero tacciato di allarmismo e di esagerazione. La frase più comune era: “Non è assolutamente vero che in Molise c’è la mafia”, “il Molise è un’isola felice”. Quasi tutti assumevano l’atteggiamento difensivo dello struzzo. Oggi, continuo a chiedermi dove sono le misure di prevenzione e repressione delle mafie, giacché dai partiti politici è possibile aspettarsi ben poco? Perché non si mobilitano le cd. eccellenze molisane? L’intreccio perverso fra mafia, colletti bianchi, imprenditoria e corruzione potrebbe essere anche conseguenza di questo immobilismo. Per contrastare le infiltrazioni in Molise, ritengo, non sia necessario essere eroi civili, motivati da grandi passioni, ma basta pensare al futuro dei nostri figli, perché questi criminali mettono in pericolo il futuro di tutti noi. Se prendessimo coscienza di questo forse, anche nel nostro piccolo Molise potrebbe nascere una ribellione civile. Il procuratore nazionale Antimafia, Cafiero De Raho, ospite a Campobasso più volte – che ho avuto l’onore di conoscere quando era in Calabria – ha lanciato questo messaggio: “Non siete più un’oasi felice, la malavita oggi investe in Molise”. Si è poi soffermato sul ruolo delle istituzioni ricordando che le stesse devono essere più determinate nel palesare vicinanza al cittadino per evitare che questi si chiuda a riccio e scelga di non collaborare con lo Stato. Io mi sento di condividere totalmente il suo messaggio precisando che è giunta l’ora che i molisani comincino a svegliarsi dal lungo torpore che li affligge”. Le mafie mediante nuovi strumenti criminosi si garantiscono un’infiltrazione sempre più profonda nel territorio, evitando quando possono l’uso della violenza e delle armi, controllando, di fatto, l’economia locale. In Molise il manifestarsi del fenomeno usuraio ed estorsivo inizia a destare preoccupazione, soprattutto riguardo alla crisi che stanno vivendo numerose imprese locali. Questa condizione precaria apre le porte alla liquidità delle organizzazioni criminali che con le enormi disponibilità finanziare dettano addirittura le regole del mercato. L’ultima relazione del Procuratore Nazionale Antimafia ha confermato la presenza mafiosa in Molise. I primi “bacilli” risalgono ai tempi in cui Vito Ciancimino era in soggiorno obbligato nel Comune di Rotello. Non mancano tuttavia presenze di famiglie mafiose del foggiano, siciliane, casertane, napoletane e calabresi. Alcuni esponenti, trasferiti in Molise al soggiorno obbligato, hanno messo radici non solo economicamente, ma anche famigliarmente, con imprenditori, professionisti e proprietari terrieri molisani. Non dimentichiamoci che anche nella nostra regione si sono avute le prime confische di beni di provenienza mafiosa. Nella situazione generale di crisi economica strettamente connessa a una sempre maggiore difficoltà di accesso al credito bancario, è facile per le organizzazioni criminali “infiltrarsi” nel sistema economico, sociale e politico della nostra Regione. Dalle indagini giudiziarie delle tre procure della Repubblica molisane, nell’ultimo decennio, è emerso che alcune imprese del territorio sono entrate in contatto con chi, come le organizzazioni mafiose, hanno offerto liquidità finanziarie in modo rapido e senza troppi cavilli. Il tutto ovviamente nell’illusoria opportunità di salvezza dalla crisi economica. In realtà, con questi mezzi, la criminalità organizzata s’impadronisce delle aziende e le gestisce pur lasciandole in proprietà agli imprenditori in crisi. In Molise, così come in tante altre regioni d’Italia, esistono – continua la nota – imprese che hanno chiuso i battenti per debiti o usura. Le denunce purtroppo sono poche, in pratica il delitto di usura appare quasi inesistente. Le vittime in larga parte sono persone che hanno sempre operato nel commercio e che hanno oggettive difficoltà a riconvertirsi nel mercato del lavoro e, quindi, tentano di tutto per evitare il protesto di un assegno, il fallimento della loro attività. Solitamente sono commercianti, gestori di negozi di ogni genere, dall’abbigliamento all’alimentare. Sono queste le categorie che oggi pagano, più di ogni altro comparto, il prezzo della crisi. Come in ogni mercato, anche in quello del credito illegale, è inevitabile che, con il crescere della domanda, si sviluppi anche l’offerta. Nascono i cd. “pseudo-usurai”, figure che vanno dalle società di servizi alla mediazione finanziaria che spesso fanno capo a soggetti legati a organizzazioni mafiose. Questi nuovi meccanismi di prestito di denaro hanno trovato forza nella crescente richiesta da parte delle imprese in crisi. In Molise non è difficile comprendere che la liquidità di denaro mafioso derivi essenzialmente dal traffico di droga (soprattutto dalla vicina Albania). All’inizio il mafioso si accontenta d’interessi modesti, poiché il suo obiettivo finale è impadronirsi dell’azienda del debitore. La crisi contribuisce a questo passaggio, il mafioso interviene a sostegno di chi ha bisogno di somme rilevanti, commercianti o imprenditori che hanno la necessità di movimentare notevoli somme per non essere tagliati fuori del mercato o per non perdere commesse. Quest’aspetto che all’apparenza può apparire scontato al contrario è pericolosissimo poiché il mafioso offre non solo un servizio funzionale, ma al contempo accresce il suo consenso sociale affermandosi nei luoghi in cui agisce. Al tempo stesso il suo sistema usurario crea legami stabili con settori dell’economia legale, acquisendo costanti flussi di liquidità che gli permettono di realizzare la ripulitura dei capitali di origine illecita. L’ingresso della criminalità organizzata (soprattutto della mafia foggiana, della camorra e della ndrangheta) nell’attività economica molisana ha favorito la trasformazione della stessa spalancando le porte dei grandi circuiti finanziari (fondi europei, fondi post sisma, fondi in agricoltura). Ormai in Molise non si può più negare la presenza delle mafie che condizionano oggettivamente alcuni aspetti della vita economica del territorio (la regione offre molti motivi d’interesse per le mafie che vanno dal turismo fino all’agricoltura). La battaglia non può e non deve essere lasciata solo agli addetti ai lavori come le forze di polizia e la magistratura, deve coinvolgere tutti, perché la mafia è un problema per cittadini, lavoratori, studenti, pensionati. È necessario costruire una rete di responsabilità e di consapevolezza tra amministrazioni locali, imprenditori, associazionismo laico e religioso, sindacati d’imprese e dei lavoratori, forze dell’ordine, organi d’informazione e magistratura inquirente. È utile fare tesoro delle esperienze, purtroppo molto consolidate, che l’associazionismo antimafia, antiusura e antiracket del mezzogiorno del Paese può offrire, aumentando le opportunità di scambio culturale e civile, sia invitando in Molise rappresentanti di questo mondo, sia organizzando dei veri e propri tour nei luoghi dove quest’associazionismo è più organizzato ed efficace. Il nostro Osservatorio suggeriva ai vari presidenti della Regione succedutisi nell’ultimo decennio l’approvazione di una legge regionale che sancisca che le mafie sono anche qui da noi e che quindi occorre creare strumenti di sbarramento alla loro continua penetrazione nel territorio. I segnali che ne testimoniano la presenza sono molti, bisogna imparare a percepirli e a contrastarli, per difendersi e per difendere la nostra regione prima che sia troppo tardi”.





Fonte: Osservatorio Antimafia del Molise

(by Nicola)







martedì 16 aprile 2019

LE INFILTRAZIONI MAFIOSE IN MOLISE - La modalità di gestione economico-finanziaria -15



In questo specifico contesto, l’analisi dei bilanci societari è sempre fondamentale e decisiva poiché potrebbe rivelare per ciascun socio la relazione diretta o indiretta con il gruppo criminale. Questo esercizio è da ritenersi solamente esplorativo a causa dalla natura spesso fraudolenta dei bilanci di tali aziende, soprattutto sul lato del conto economico. E’ possibile tuttavia confrontare ciascun’azienda con il suo gruppo di riferimento, composto di aziende a essa simili (stessa provincia, stesso settore, stessa forma giuridica). Un confronto tra le caratteristiche dell’azienda infiltrata com’è e come sarebbe stata (presumibilmente) se non fosse stata infiltrata. Questo confronto – effettuato solo su alcuni settori economici con un numero sufficiente d’imprese – permette di verificare se le aziende sospette si distinguano dalle “analoghe sane” sotto diversi profili. I dati da valutare sono:

1) Dimensione aziendale. Questo dato vale, a livello settoriale, soprattutto per le aziende nel settore delle costruzioni, dell’eolico e per quelle della ristorazione e turistiche.

2) Indebitamento. Questa particolare configurazione delle passività si può spiegare, come suggerito dalla letteratura, in due direzioni. La disponibilità di denaro di provenienza illecita permette innanzitutto alle aziende infiltrate dai gruppi criminali di non avere bisogno del ricorso all’indebitamento bancario, evitando così da un lato oneri finanziari “inutili” e, dall’altro, un contatto con istituzioni finanziarie che potrebbe esporre ad accertamenti da parte degli stessi soggetti obbligati (ad esempio adeguata verifica della clientela) o a segnalazioni di operazioni sospette. Dall’altra parte, il ricorso all’indebitamento commerciale e all’indebitamento nei confronti di soci è invece una forma mascherata di finanziamento occulto che mira fondamentalmente a reintrodurre nel circuito “lecito” risorse di provenienza illecita attraverso forme apparentemente legali.

3) Liquidità.

Coerentemente con quanto fin qui descritto, anche il dato sulla natura circolante dell’attivo aziendale è importante e va misurato attraverso due ratio: il rapporto tra disponibilità liquide e attività totali e quello tra attività correnti e attività totali, ciò conferma la dinamica tipica delle imprese paravento, soprattutto nel settore della ristorazione.

4) Profittabilità.

Per quanto, come segnalato in letteratura, l’analisi del conto economico sconti, più che nel caso della situazione patrimoniale, il rischio di manipolazioni contabili, è utile condurre un’analisi esplorativa della profittabilità delle aziende sospette d’infiltrazione mafiosa. In media i margini di profittabilità appaiono sensibilmente inferiori rispetto al gruppo di controllo. Ciò vale sia nel settore della ristorazione sia in quello delle costruzioni in cui la differenza è meno marcata. Questo risultato va quindi inquadrato ancora una volta nell’ottica di una distinzione tra diversi tipi d’infiltrazione. La minore profittabilità è riconducibile alla dinamica tipica delle aziende paravento. Aziende infiltrate che mantengono una finalità produttiva possono, infatti, presentare livelli di profittabilità addirittura maggiori rispetto alla norma, perché le caratteristiche dei gruppi criminali – se utilizzate allo scopo di migliorare la performance aziendale – possono fornire degli (illeciti) vantaggi competitivi all’azienda tramite l’aumento delle commesse e dei ricavi (collusione con apparati amministrativi corrotti) e la riduzione dei costi (pressioni e intimidazioni su fornitori, clienti, competitor, dipendenti, utilizzo di materiali di bassa qualità, elusione dei controlli, falsificazione di documenti contabili o di altro genere, evasione fiscale).

5) Il riciclaggio. Il classico modello di aziende infiltrate allo scopo di riciclare i proventi illeciti è ancora quello prevalente, in particolare nel settore della ristorazione e (in misura minore) in quello delle costruzioni e dell’eolico. Costituite ad hoc o acquisite tramite l’avvicinamento d’imprenditori in difficoltà e il loro sostanziale “spossessamento”, controllate tramite prestanome e spesso tramite complessi sistemi societari, queste aziende subiscono frequenti cambi di proprietà e trasferimenti delle attività. Sono tenute in vita dalle mafie allo scopo principale di ripulire gli introiti delle attività criminali e reintrodurli nell’economia legale. A questo fine presentano una struttura produttiva spesso inconsistente e sono poco o per nulla indebitate verso gli istituti di credito ma più indebitate della media delle aziende del loro stesso settore verso i fornitori, indicando con
ogni probabilità un sistema di complicità e connivenze che risale la filiera produttiva fino alla lavorazione delle materie prime. Le attività sono mantenute allo stato corrente, per facilitare le operazioni di riciclo (in particolare tramite l’ampio ricorso al contante). La realizzazione di profitti non è l’obiettivo principale di questo modello aziendale, che pertanto è spesso caratterizzato da indici di profittabilità negativi e molto peggiori rispetto alle aziende “sane”. In Molise opera nell’occulto una variante di questo modello – realizzatasi ad esempio nel caso degli stabilimenti balneari, nei bar, nelle sale giochi – concilia le esigenze del riciclaggio dei proventi illeciti con quella di fornire nuove risorse monetarie ai clan. Il ricorso a una contabilità “parallela” rivela la sussistenza di due binari in direzioni opposte cui l’azienda si presta: quello classico dell’ingresso di capitali “sporchi” nell’economia legale (tipicamente tramite l’emissione di ricevute false) e quello opposto dell’utilizzo di risorse di provenienza lecita, mantenute nel sommerso, per il finanziamento di attività illecite.

6) Il controllo territoriale. Si tratta di aziende attive in territori particolarmente silenti. Operano in settori commerciali (ad esempio ristorazione, commercio al dettaglio di beni alimentari, ma anche servizi e sport), dove il rapporto con le comunità locali è molto forte. Possono essere aziende di recente costituzione o possono essere acquisite tramite avvicinamento e spossessamento di imprenditori in difficoltà. Generalmente S.r.l. o associazioni, rispondono a strutture piuttosto semplici e producono volumi d’affari contenuti. A differenza delle aziende paravento, sono aziende produttive a tutti gli effetti, anche se l’obiettivo del profitto si mescola con altre finalità, in particolare la costruzione e il mantenimento del consenso sociale e il rafforzamento dell’infiltrazione nel territorio che servirà poi per la successiva fase che è quella del radicamento e del controllo del territorio. Questi elementi sono di fondamentale importanza per i gruppi criminali che fanno dell’infiltrazione in una determinata area la loro strategia di azione. Il consenso sociale si genera tramite la creazione di nuovi posti di lavoro – che rappresentano fonti di reddito per fasce della popolazione tipicamente svantaggiate – e l’inserimento in un circuito imprenditoriale “rispettabile”, composto d’imprenditori, fornitori, rappresentanti delle istituzioni locali. Sono esempi tipici di questo modello il settore dei rifiuti pericolosi gestiti dai Casalesi e dai clan camorristici (storico business della famiglia, Schiavone sin dagli anni 80).

7) Lo scambio politico-mafioso. Si attua mediante aziende il cui business è interamente o principalmente alimentato da commesse pubbliche in settori quali le costruzioni, l’eolico, la sanità privata, la cura dell’igiene e il decoro urbano, la raccolta e il trattamento dei rifiuti, la fornitura di servizi sociali (accoglienza e alloggio per minori, profughi, richiedenti asilo, rom, soggetti in difficoltà). Anche in questo caso, la modalità d’infiltrazione può contemplare sia l’acquisizione o comunque il coinvolgimento di società (o associazioni) già esistenti (come nel caso del villaggio per i minori di San Giuliano di Puglia da parte di cooperative gestite da Salvatore Buzzi nella vicenda di “Mafia Capitale”) sia la costituzione di soggetti ad hoc (come S.r.l. costituite in pochi giorni al fine di accaparrarsi concessioni, sovvenzioni e appalti). Anche queste realtà aziendali hanno natura produttiva, e anzi in questo caso la generazione di profitti è proprio l’obiettivo principale dell’azienda, sebbene possa accompagnarsi da altre finalità quali l’infiltrazione nel territorio e la costruzione di consenso sociale per il successivo radicamento. Gli schemi societari possono essere piuttosto complessi, soprattutto nel caso di volumi d’affari particolarmente sviluppati (come nella circostanza del sistema di cooperative ideato da Buzzi), ma la finalità del riciclo e pertanto dell’occultamento dei profitti è da escludersi a causa della natura pubblica dei finanziamenti. Il modello aziendale persegue il profitto attraverso l’annichilimento della concorrenza e l’abbattimento dei costi. Per entrambe le strategie è determinante la dimensione criminale del gruppo che gestisce l’azienda: la corruzione gioca un ruolo fondamentale nello scoraggiare la concorrenza. Vantaggi competitivi possono scaturire da pressioni sui fornitori, utilizzo di materie prime (o fornitura di servizi) di scarsa qualità e aggiramento dei relativi controlli, compressione salariale derivante da sotto pagamento dei lavoratori e ricorso al lavoro non regolare. Ma è sicuramente la contiguità con ambienti politici e amministrativi a rappresentare la migliore strategia in questo modello di affari. È tramite la collusione con amministratori locali che queste azienderiescono a vincere appalti o a ottenere concessioni in violazione delle regole improntate alla concorrenza e alla competizione, com’è successo ad esempio nell’inchiesta “Mafia Capitale” e in quella delle concessioni agli stabilimenti balneari sul litorale ostiense.

(continua)





Fonte: Osservatorio Antimafia del Molise

(by Nicola)

lunedì 15 aprile 2019

Già operative a Castellone le 'Sentinelle Junior del Territorio' volute dall'OML in collaborazione con l'AIIG Molise

(by Nicola)

Consumo di suolo in Italia. Paolo Maddalena in commissione Ambiente e Agricoltura del Senato

(by Nicola)

Parvenza del buon Diritto


  Riceviamo e pubblichiamo


Esprimiano la nostra piena soddisfazione per l’Ordinanza n.441/2018 del Tribunale del Lavoro di Isernia, di riammissione immediata in servizio del lavoratore già ingiustamente sospeso dal sindaco di Pettoranello il primo agosto scorso, con privazione della retribuzione.
Il tribunale ha accertato sia la sussistenza del fumus boni iuri (sulla base delle molteplici illiceità dedotte dal lavoratore) sia il pericolo di irreparabili danni economici, socio familiari e alla salute. In particolare, come si legge nell’Ordinanza, era stato eccepito che alla base dell’illecito provvedimento, vi era una mera una ritorsione personalistica del sindaco verso il dipendente, “reo” di aver doverosamente segnalato gravi illiceità nella gestione degli appalti e non solo (fatti inquietanti che il PCL Molise approfondirà).
E ancora: chi pagherà le retribuzioni arretrate e interessi che il Comune dovrà giustamente risarcire al lavoratore per il periodo di sospensione? Sotto il profilo giudiziario sarà la Corte dei Conti a decidere se esse saranno poste a carico del patrimonio personale del sindaco; e comunque occorre attendere la definitività del giudizio di lavoro.
Rimane però ferma la nostra rivendicazione politica e sociale: non è giusto porre tali danni economici a carico della collettività, già privata dell’opera diligente del titolare dell’ufficio tecnico manutentivo comunale, con la conseguente carenza del servizio, tanto più a fronte di esondazioni del evitabili del Carpino, inquinamenti fognari e discariche abusive che avevamo denunciato a seguito di segnalazioni pervenuteci da cittadini di Pettoranello.
Tra l’altro il suddetto dipendente era l’unico che dal Comune forniva validi riscontri tecnici e formali alle nostre iniziative atte ad affrontare le suddette problematiche ambientali, a differenza del sindaco che, senza che avesse risolto uno solo dei problemi ambientali da noi posti, si limitava a scrivere inconcludenti missive, peraltro con affermazioni non veritiere, nelle quali auto esaltava a sproposito la sua mala gestio comunale, insultando gratuitamente il PCL Molise con toni neanche consoni al ruolo.
Ovviamente, al termine dell’inchiesta, sarà la magistratura a verificare se sussistono a carico del sindaco di Pettoranello responsabilità sul piano giudiziario, sia sulla illegittima sospensione del dipendente sia sulle altre predette vicende afferenti all’omesso intervento sull’esondazione reiterata del Carpino, ed altri riferiti a discariche abusive e sversamenti fognari illeciti.
Ma quello che ci interessa in questa opaca vicenda non è il profilo giudiziario o la dimensione strettamente individuale, bensì la sua rilevanza politica e sociale: questo assurdo provvedimento giustamente sospeso dal tribunale, costituisce un pericoloso precedente di attacco ai diritti dei lavoratori ed alla stessa democrazia sui luoghi di lavoro nella pubblica amministrazione locale.
Per questo assumiamo con estremo favore il fatto che il Tribunale abbia dato torto marcio a questo sindaco che nel suo piccolo vorrebbe scimmiottare un… “bullismo politico alla Salvini”. Insomma, questa bella batosta al “sindaco bulletto” non può che far bene alla collettività.
Ed è questo il concetto politico generale che vogliamo esprimere nelle nostre lotte locali contro simili abusi di potere: se passa tra i sindaci la linea di questa sciocca ed incivile arroganza, di questa rozza gestione della cosa pubblica, la conseguenza non può che essere il dilagare della mala gestio negli enti locali, oltre al disastro sociale e democratico.
Non solo per i lavoratori pubblici efficienti e produttivi che vengono colpiti solo perché “scomodi” rispetto al governante di turno, ma anche e soprattutto per tutelare la qualità e l’efficienza dei servizi pubblici essenziali destinati alla popolazione.
Il vero parassita rimane questo potere locale dei comitati esecutivi della borghesia

 15/04/2019                         PCL– SEZIONE DEL MOLISE

(by Nicola) 

venerdì 12 aprile 2019

'Scoprire tra le righe' Le marne


Seconda parte della 'Lectio' tenuta dal nostro socio Nicola Petrella.
Non perdete la prossima: ci parlerà di diamanti...

(by Nicola)

Richiesta di riconoscimento - come “traversa interna” - del tratto di strada S.S. 87


Agli Enti in Elenco - Loro Sedi:

Sindaco e Consiglieri del Comune di Ripalimosani
Via Marconi, 4 - 86025 Ripalimosani CB)
comune.ripalimosanicb@legalmail.it

Sindaco e Consiglieri del Comune di Campobasso
Piazza Vittorio Emanuele, 29 – 86100 Campobasso

Prefetto di Campobasso
Piazza G. Pepe, 24 – 86100 Campobasso
Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti
Via Nomentana, 2 - 00161 Roma

Assessore alla Viabilità e Trasporti della Regione Molise
Viale Elena 1, 86100 Campobasso

ANAS S.p.A. Direzione del Molise
Via M. Romano snc – 86100 Campobasso
anas.molise@postacert.stradeanas.it


Oggetto: riconoscimento come “traversa interna” del tratto di strada S.S. 87 compreso tra il km 145,375 (confine con il Comune di Campobasso) e il Km 146+650.

PREMESSO CHE


nel tratto in questione, a causa delle numerose attività commerciali e civili abitazioni, sussistono elementi di criticità per la sicurezza dei residenti riconducibili a:

1- elevato flusso veicolare di mezzi pesanti;

2- caratteristiche del tracciato, attualmente sprovvisto di attraversamenti pedonali, banchine e sistemi di sicurezza capaci di salvaguardare i pedoni;

3- assenza di illuminazione pubblica, il che rende lo stesso tratto - soprattutto durante i mesi invernali - ancor più pericoloso per i tanti residenti;

4- superamento, accertato, dei limiti massimi di soglia delle emissioni acustiche, causati soprattutto da sorgenti rumorose quali motori e dispositivi di frenata, accentuate dal particolare piano altimetrico del tratto di questione;

5- mancato rispetto - su entrambi i lati marcia - del limite di velocità di 50 Km/h, comportamento che vanifica “l’obbligo di attenzione” che gli automobilisti devono tenere al fine di “avvistare” il pedone e prevenirne l’investimento;


CHIEDO


ai Soggetti in indirizzo, in quanto alle Loro specifiche competenze,


di adottare e con la massima urgenza,

tutte le procedure necessarie 
per la tutela e l’incolumità dei cittadini residenti 
OTTEMPERANDO ALLA RICHIESTA DI CUI IN OGGETTO.

Certo di quanto sopra, resto in attesa - presso i recapiti noti - di comunicazioni al riguardo 
 entro e non oltre i termini di Legge.

Distinti saluti.


Ripalimosani, 12 aprile 2019                                                                   F.to Nicola Frenza


(by Nicola)