Dalle ultime notizie si apprende che l’infezione del corona virus è
esplosa in tutto il mondo e che, secondo stime per difetto e non per
eccesso i contagiati sono più di 5,4 miliardi e le vittime sono oltre
328 mila.
Il numero maggiore di contagi e di vittime sono negli
Stati uniti, ma, oggi, il nuovo epicentro dell’infezione risulta essere
l’America latina, dove soltanto ieri si sono registrati oltre 30 mila
contagi.
Tutto questo dimostra che dove domina il pensiero
neoliberista, con la conseguenza di affidare la funzione della sanità
pubblica ai privati, accade l’irreparabile.
Anche in Italia, la
regione che ha combattuto meglio il virus (come ha fatto la Germania), è
stata quella del Veneto, poiché quest’ultima ha affidato l’84% delle
cure sanitarie al settore pubblico e il rimanente 16% ai privati.
Cosa inversa è accaduta in Lombardia, Piemonte e Emilia Romagna, dove
la sanità pubblica ha ceduto il passo a quella privata, la quale, tra
l’altro, si è impegnata a dare il suo contributo ospedaliero per le
malattie che rendono maggiori guadagni, escludendo del tutto i pronto
soccorsi.
Altro punto essenziale di differenziazione tra il
Veneto da una parte, e le altre tre regioni sopra accennate dall’altra,
riguarda i medici di base, che sono stati fortemente eliminati da queste
ultime, mentre sono stati mantenuti e potenziati nel Veneto. Esemplare,
a tal proposito è stata la Germania, la quale ha prevenuto il contagio
proprio per aver investito molto sui medici di base, che si sono recati a
fare i tamponi ai loro assistiti, evitando così la ressa degli ammalati
in ospedale.
In proposito non si può evitare di porre in
evidenza che il disastro in campo sanitario, a causa del corona virus, è
imputabile ai nostri rappresentanti politici, i quali, contravvenendo
alle disposizioni e ai principi della Costituzione, hanno concesso a man
bassa le privatizzazioni in materia, depauperando la sanità pubblica
(vedi riforma Maroni) e incrementando quella privata.
Altrettanto
è da dire a proposito della nota questione delle autostrade, la cui
concessione ai Benetton (Atlantia e Aspi) è stata assolutamente
disastrosa (si ricordino le 43 vittime del Ponte Morandi).
In
questo campo la responsabilità maggiore ricade sui nostri governanti che
hanno avuto l’insipienza, forse altrimenti definibile, di prevedere in
convenzione, per il recesso, l’enorme somma di 23 miliardi.
Sia
ben chiaro che questa convenzione è da ritenersi nulla perché contraria
agli interessi del Popolo italiano, e cioè “all’utilità pubblica”, di
cui parla l’articolo 41 della Costituzione, con la conseguenza che deve
essere portata al giudizio di un tribunale ordinario per il suo
annullamento e la dichiarazione della sua nullità ai sensi dell’articolo
1418 del Codice civile.
Ed in proposito è da sottolineare che i
Benetton hanno addirittura offerto, per avere il prolungamento della
loro concessione, un ribasso per cinque anni delle tariffe autostradali,
un investimento di ulteriori 3 miliardi sulle infrastrutture, oltre a
quelli già impegnati, e, per il recesso prima della scadenza della
convenzione così prolungata, un’indennità di recesso al di sotto dei 23
miliardi ora previsti.
Questo dimostra quanto fruttuosa sia la
gestione delle autostrade e quanto dannosa per l’utilità pubblica sia il
procedere a queste alla loro concessione.
Le autostrade, come
più volte abbiamo detto, sono in proprietà pubblica del Popolo italiano,
e i notevoli frutti che provengono dalla loro gestione devono tornare
agli italiani stessi. Ciò è possibile soltanto se si esce dalla
maledetta idea neoliberista, secondo la quale i servizi pubblici devono
essere rimessi al mercato, cioè assegnati a privati, mentre invece, in
base alla Costituzione essi devono essere conferiti allo Stato a enti
pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti (art. 43 Cost.).
Insomma le autostrade devono tornare all’azienda pubblica Anas, la
quale, se ben gestita, potrà aumentare di molto le entrate del bilancio
dello Stato.
Almeno questo dovrebbero ora fare i nostri
governanti, essendo da definire inaccettabile un’attività pubblica
rivolta a favore dei privati e contro gli interessi della Nazione.
Oltre tutto c’è da ricordare che la famiglia Benetton non ha adempiuto
ai suoi obblighi contrattuali e che pertanto spetta al governo chiedere
giudizialmente la risoluzione del contratto ai sensi dell’articolo 1453
del Codice civile.
Discorso analogo è da farsi per l’Ilva di
Taranto, pessimamente gestita da Arcelor Mittal , la società
franco-indiana che oggi vuole porre essa le condizioni dell’accordo,
fruendo tra l’altro del contributo corona virus.
Il colmo delle
pretese è quella che proviene dal comportamento della FCA (ex Fiat), la
quale, dopo aver tradito gli interessi italiani, spostando il grosso
delle sue fabbriche, sia in America e sia nei Paesi in cui la mano
d’opera costa meno, ha fissato la sua sede fiscale in Inghilterra e
quella legale in Olanda. E ora, spudoratamente, chiede, non solo, 6,3
miliardi di contributi per il corona virus, ma di avere anche una
posizione privilegiata rispetto alle altre imprese nella distribuzione
degli aiuti di Stato.
Tutto questo è oltraggioso nei confronti
del Popolo italiano, e spetta al governo far rispettare la nostra
dignità in modo chiaro e inequivocabile.
Paolo Maddalena
(by nicola)
Nessun commento:
Posta un commento