Il Monte dei Sospiri è un luogo
bellissimo, remoto ed è un balcone su luoghi remoti, ovvero tutta l’area
compresa tra l’alto Candigliano e l’Alpe della Luna.
Solo il nome del resto, dovrebbe determinare rispetto verso questo luogo aereo ed essenziale, fatto di erba e di cielo.
E’ il paesaggio del Montefeltro dipinto da
Piero della Francesca, da Leonardo.
Vengono segati i lampioni a Piobbico, vengono asportati i guard rail lungo l’Apecchiese
per permettere il passaggio delle colossali strutture che andranno a
costituire le cinque altissime torri, ben più grandi delle antenne del
Monte Nerone.
Un “parco” che rischia di costare molto caro all’intera comunità, non solo a quella di Apecchio.
L’impatto di questo enorme parco
industriale nel cuore vergine dell’Appennino rappresenta una
vulnerazione non solo fisica, ma anche culturale per l’intero
Montefeltro, sub regione per la quale si era attivata l’ipotesi di
riconoscimento di “patrimonio mondiale Unesco” per la coesistenza di
paesaggi e presenze storico artistiche unici al mondo. Ora vi sono
ancora i presupposti per tale riconoscimento, vista l’ineludibile
visibilità dell’ecomostro, che rischia addirittura di costituire uno
degli elementi paesaggistici fondanti del Montefeltro stesso?
Peraltro, si tratta dell’unico parco
eolico che è “passato” nell’Appennino settentrionale; altrove la “Rete
di Resistenza sui Crinali” (e non solo) è riuscita a respingerli tutti.
Ma
Apecchio è risultato un ventre molle, una fessura aperta sul muro
resistente e ora qualcosa di simile ad un’infezione nel corpo sano
dell’entroterra pesarese.
Per giunta, il “parco” viene realizzato proprio su un sito archeologico. La Soprintendenza ha detto che va bene così.
Nessuna resistenza di fronte alla potenza
dell’industria pesante; un’industria senza lavoro però: neanche un
posto. Solo l’insinuarsi di una azienda di remota provenienza, priva di
agganci col territorio, uno sbarco “alieno” in un contesto di completa
destrutturazione politica, senza alcun presidio e con i Comuni in ordine
sparso, in balia di se stessi e di sindaci non sempre in possesso
dell’auspicabile profilo culturale.
E per quanto riguarda “la Città della
Birra” (il Comune di Apecchio), la cifra conferita da contratto al
Comune (110 mila euro l’anno, più una cifra non precisata, da elaborare
in base alla produzione e certificati verdi) è omnicomprensiva. In
pratica, l’importo percepito dal Comune è in buona parte costituito
dalle tasse, che sarebbero comunque dovute. Una vera pacchia per il
proponente. Un vero capolavoro di alta amministrazione, quella comunale
di allora, che ha lasciato ai contemporanei (e ai posteri) la gestione
di questa bella eredità: terre in cambio di specchietti e perline
colorate, gli indigeni ringraziano: un film già visto.
E va sgombrato il campo dall’idea che si tratti di energia “pulita”.
A parte l’impatto ambientale che si ha
ponendo un’area industriale in cima ad una montagna, l’immane quantità
di cemento (e altri materiali) utilizzata e l’incredibile numero di
trasporti necessari (un anno avanti e indietro) alla costruzione del
“capolavoro”, hanno immesso tanto carbonio in atmosfera che ci vorrà
altro che la produzione eolica per pareggiare il conto!
E il vento è proprio quel che sembra mancare.
Le oltre 2000 ore di vento “utile“,
necessarie a rendere economicamente vantaggioso un simile impianto, non
ci risulta ci siano da nessuna parte nel Pesarese.
Se è così, l’“energia pulita” viene prodotta dai finanziamenti pubblici, i soli convenienti per l’installatore: la paghiamo noi.
A completare il quadro, nessun impianto
costruito in Italia ha sostituito un impianto ad energia “fossile”: la
produzione “verde” si somma semplicemente a quella tradizionale.
L’inquinamento non cala di un punto, anzi aumenta.
Dunque a che serve? A chi serve? A chi è servito?
Non si tratta di domande retoriche e non possiamo pagare sempre noi.
La vicenda non è finita: comincia ora,
dalla trasparenza che la Regione Marche proprio in questi casi, non ha
finora garantito. Lo dimostra la legge sulla Valutazione di impatto
ambientale che, dichiarata incostituzionale, ha avuto la sua ultima
modifica a gennaio 2015, ma è tuttora incostituzionale per la
trasparenza partecipativa che di fatto non garantisce.
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus – Marche
(by nicola)
Nessun commento:
Posta un commento