martedì 15 novembre 2011

L’invasione eolica devasterà Sepino? Il territorio non si può delocalizzare!

Ora Sepino, dopo un lungo, silenzioso lavoro di scavi, vincoli, acquisizioni, espropri, restauri durato oltre mezzo secolo, può dirsi totalmente recuperato, con risultati esemplari. La Soprintendenza del Molise ha portato a conclusione un lavoro ammirevole riuscendo a tutelare e a valorizzare il patrimonio archeologico ma anche l’agglomerato rurale e pastorale che è sorto intorno e sopra la città romana». Nessuno immaginava cosa il prossimo futuro riservava.

Queste righe fanno, infatti, parte di un articolo del 1996 di un eminente storico dell’arte, Antonio Paolucci, che abbiamo voluto riportare proprio per dare ai nostri lettori una descrizione significativa di quale ambiente unico nel mondo stia per essere violentemente deturpato dall’ennesima invasione eolica: 16 pale alte 150 metri pari alla cupola di San Pietro, incomberebbero su di un paesaggio archeologico e storico che era stato da poco restaurato e recuperato.

Siamo già ai terzo scontro di fronte alla giustizia amministrativa tra il Direttore regionale ai Beni culturali che, assieme ad Italia nostra, difende l’integrità di Sepino e la SBS Power che gestisce l’impresa. Questa ha già utilizzato un antico trattura, sottoposto a vincolo per preservare le tracce della sistemazione romana, per sovrapporvi una strada di cantiere, che ha cancellato ogni reperto.

Dietro ricorso del Direttore regionale è intervenuto il Tribunale di Campobasso sul piano penale, ha posto sotto sequestro il manufatto e accusato di danneggiamento aggravato la società.

Questa gode illogicamente dall’appoggio della sezione del Consiglio di Stato che ha più volte ribaltato le sentenze contrarie della Corte dei conti. L’argomento del giudice amministrativo è davvero singolare: da un lato ignora il Codice dei Beni culturali che autorizza il Direttore archeologico a vietare o a disporre la sospensione di lavori qualora esse siano di danno per le caratteristiche artistico paesaggistiche di una località, tanto più se vincolata; dall’altra sostiene l’aberrante principio secondo cui, essendo in discussione la costruzione di un impianto industriale, le norme da applicare sono quelle che vigono per l’edilizia. L’esatto contrario di quanto sostiene il Codice che sancisce, proprio nelle norme sull’edilizia, che queste non possono trovare applicazione quando contrastino con la tutela archeologico-paesaggistica. Il mese prossimo nuova sentenza. Speriamo che i venti di oscura origine vengano dissolti per la salvezza di Sepino.

Immaginate una città romana che vi appare all’improvviso, in mezzo a un incantevole paesaggio di verdi pascoli e di neri boschi. Questo luogo esiste davvero. Si trova nel cuore dell’Italia, in Molise, sulla strada che da Venafro porta a Campobasso… al punto d’incrocio dei grandi tratturi, le strade d’erba, percorse dagli armenti che per migliaia d’anni hanno attraversato questa parte d’Italia…

È l’antico municipio di Sepino, che toccò il culmine del suo splendore tra la fine della Repubblica romana e il primo Impero, per poi lentamente decadere come città e riemergere in forma di borgo rurale e pastorale di inusuale bellezza… La città che per conto dell’imperatore governava il transito delle mandrie lungo i tratturi d’Abruzzo e di Molise venne abbandonata. Non del tutto però perché pastori e contadini continuarono per secoli a frequentare questo luogo e a usarlo come ricovero stagionale, come stazzo fortificato per radunare gli animali. Con le pietre e i marmi della città antica (sovrapponendosi l’architettura spontanea ai monumenti diruti e utilizzati come cave di materiali) costruirono case e stalle, ricoveri e fienili. Si tratta di una edilizia minore che, nel corso dei secoli, ha travato forme di umile osmosi con lo scheletro della città romana. Per cui accade che gli architravi delle casupole dove dormivano braccianti e mandriani siano costruite con colonne corinzie ed epigrafi spezzate, che sarcofagi strigilati assolvano alla funzione di abbeveratoi…
Mario Pirani

Fonte: La Repubblica, 14.11.2011

(by Nicola)

Nessun commento:

Posta un commento