giovedì 11 aprile 2019

«Voi siete la schifezza di Napoli». La nascita del movimento anticamorra in Campania - 5


La sottovalutazione della minaccia camorristica deriva, pertanto, da un deficit di analisi. Anche il Pci aggiorna la sua lettura: la camorra non è più una criminalità residuale, destinata a scomparire con l’incedere della modernità, risponde, piuttosto, «al bisogno di industrializzazione del crimine». Non è l’evoluzione di un’antica tradizione delinquenziale (che pure ha avuto la sua influenza) ma il risultato delle particolari condizioni economiche, sociali e politiche generate dalla disordinata crescita urbana, intrecciata all’emergere della «questione giovanile» e alla crisi delle «istituzioni democratiche». La lotta alla camorra, perciò, diventa il principale obiettivo politico dei comunisti già nel 1980, quando, agli inizi di novembre, a Castellamare di Stabia, roccaforte del partito, gli operai dei cantieri navali scioperano per protestare contro le infiltrazioni criminali tra le maestranze della fabbrica. Pochi giorni dopo i commercianti di Napoli manifestano contro lo «strangolamento» delle estorsioni di massa. Lo scrittore Antonio Ghirelli segna l’evento come una data storica della città, «della sua maturazione civica, del suo pieno e definitivo inserimento nella vita nazionale». Il segretario regionale del Pci, Antonio Bassolino, dalle colonne de L’Unità, plaude all’iniziativa: «Poteva essere la risposta di un “ceto” separato dal resto della città. Invece, c’è stato il tentativo di ricercare un punto d’incontro tra i commercianti e le forze popolari che si battono per il rinnovamento di Napoli e del Mezzogiorno». L’editoriale indica la volontà del Pci di costruire un’alleanza trasversale per reagire al «sistema di potere» che governa reggendosi su un «clima di corruzione e connivenze». Un’alleanza in difesa della democrazia: «la camorra, la mafia sono un pericolo grave come il terrorismo, sono il “terrorismo” del Mezzogiorno». La lotta alla criminalità organizzata «non è altra cosa rispetto a quella per lo sviluppo e per la democrazia». L’antimafia come salvaguardia della Costituzione repubblicana dall’aggressione terroristica delle mafie diventa una caratteristica identificante per i comunisti meridionali. Nel novembre 1979, su Rinascita, Pio La Torre così scrive:
Non c’è dubbio comunque che con gli ultimi assassinii verificatisi a Palermo siamo di fronte ad un gruppo politico mafioso che ha scelto di farsi avanti con i sistemi
del terrorismo politico. [...] Quella che noi sollecitiamo 
è una presa di coscienza del pericolo mortale 
che l’attacco convergente dei criminali mafiosi 
e dei terroristi fa correre alle istituzioni democratiche 
nel nostro Paese.

E concludendo aggiunge: «La mobilitazione unitaria dei lavoratori e di tutto il popolo dovrà avvenire in forme originali, corrispondenti alla specifica realtà di ciascuna regione e alle caratteristiche del nemico con cui occorre fare i conti». L’editoriale di Bassolino, perciò, prova a declinare il modo in cui i comunisti campani intendono «fare i conti» con il «terrorismo della camorra», a partire da una nuova interpretazione del fenomeno: «il nemico che ci è di fronte ha il volto di strutture mafiose “moderne” che hanno estesi legami nazionali ed internazionali». Intorno a questa nuova consapevolezza il partito attrezza una risposta a più livelli. Il primo è quello della ricerca: politici, sindacalisti, magistrati e studiosi di area Pci lavorano all’aggiornamento dell’analisi. Anche la redazione napoletana de L’Unità sostiene l’iniziativa lanciando un sondaggio a cui rispondono più di 11 mila persone. Il secondo è teso all’aggregazione di un vasto fonte di opposizione sociale attraverso la tattica del collateralismo politico. La «battaglia», secondo il consigliere regionale Isaia Sales, «dovrà avere un grande respiro ideale, il respiro di una vera e propria lotta di liberazione». Il terzo è quello dell’iniziativa politica. Il gruppo consiliare del Pci presenta quattro proposte di legge regionale: 1) realizzazione della banca dati sulle opere pubbliche e istituzione del bollettino degli appalti e delle forniture; 2) creazione di un fondo per le vittime di estorsione; 3) finanziamento di progetti didattici anticamorra; 4) partecipazione delle cooperative alle gare d’appalto per evitare il ricorso al subappalto. Insomma, il Pci campano mette in campo saperi scientifici, competenze tecniche e iniziative culturali presentandosi all’opinione pubblica come il principale referente politico della lotta alla camorra.

(continua)

Autore: Marcello Ravveduto

(by Nicola)

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