I segreti del Covid
State
comodi? Siete pronti ad affrontare un’altra lettura e a scoprire
altri segreti?
Dopo
l’ultimo racconto sulle gesta della “Gemelli Molise SpA” che
tramite la napoletana Celeste Condorelli, legata a doppio filo e da
questioni d’affari con Aldo Patriciello, e del demansionamento
della dottoressa Sallustio deciso alla ormai ex Cattolica di
Campobasso che continuiamo a mantenere in Molise ma che, francamente
e a malincuore dobbiamo ammettere, non ha più motivo di esistere se
non per mungere noi molisani e usare soldi pubblici, ecco che questa
è la volta dei segreti della sanità pubblica.
Così,
mentre voi eravate intenti a giudicare la mozione di sfiducia a Toma
andata in scena martedì scorso, noi cercavamo notizie partendo dalle
indiscrezioni.
Come
dite? La sfiducia era una cosa seria?
Allora
apriamo prima una parentesi.
Le
mozioni di sfiducia sono cosa seria solo se ci sono i numeri per
farla passare. Almeno se la partita è aperta.
Bene
hanno fatto i cinque stelle e il Pd a presentarla sapendo che, a
parte loro nessuno l’avrebbe votata. Hanno fatto bene perché dal
dibattito in aula abbiamo letto tra le righe e abbiamo capito tante
cose.
Abbiamo
capito che Greco punta alla sua ricandidatura come presidente nel
movimento ma, se si va a scadenza di mandato, c’è il rischio che
il piazzato Antonio Federico riesca a tirare la volata al sindaco di
Campobasso Roberto Gravina.
Abbiamo
capito che tra Facciolla e Fanelli c’è una lotta all’ultimo
respiro per la leadership, con Facciolla che gioca nella alleanze
alternate e la Fanelli che lavora su Roma dove l’attuale segretario
del Pd Molise è meno ferrato.
Noi
abbiamo capito che Michele Iorio partecipa ai giochi sulla sfiducia
solo se il suo ruolo diventa determinante e consente di continuare il
percorso politico. Proverbiale resterà nel nostro archivio la sua
frase: questo governo non ha la mia fiducia ma non
posso
votare la sfiducia perché, votandola, sfiducerei il centrodestra.
Della serie: signori, se non mandiamo a casa questo governo io non
partecipo perché sto già lavorando su Roma per creare l’alternativa
a Toma &CO. Non mi gioco il lavoro iniziato per dare il mio voto
in maniera inutile, sapendo che la sfiducia non passerà. Nel sentire
la dichiarazione, mi sono chiesta: in effetti, pur votando a favore,
cosa cambia nel risultato finale? Nulla.
Abbiamo
capito che Micone rivuole la presidenza del Consiglio senza che ci
vada Pallante che però a sua volta vuole guadagnare 13.500 euro non
12.500. Di Lucente e la Romagnuolo vogliono entrambi l’assessorato.
A
proposito. Si dice che i tre sono pronti non solo a passare a
sinistra ma hanno in mente anche ad un altro colpo di scena domani in
aula. Seguiamo il consiglio e capiremo.
Sappiamo
anche che Berlusconi ha telefonato a Donato Toma imponendogli di non
toccare Forza Italia e di non intaccare i rapporti con la Lega.
Sappiamo
che Toma ha praticamente snobbato il partito di Giorgia Meloni senza
nemmeno convocare il coordinatore regionale per chiarire i rapporti
con Fratelli d’Italia.
E
mentre l’opinione pubblica è attenzionata da armi di distrazione
di massa che vanno avanti dall’8 maggio 2018 (insediamento di Toma)
tutti gli altri lavorano per mettercela in quel posto. Ma su
cose
serie.
Con
la collaborazione di tutti i partiti.
Siete
pronti per i racconti seri?
Mettetevi
comodi e partiamo dall’inizio.
Argomento
principe? Il mancato centro Covid a Larino.
L’antefatto
lo conosciamo bene.
Il
Consiglio regionale approva, con tutto il centrodestra, la linea
programmatica: aprire un centro Covid a Larino per l’emergenza
sanitaria. Era il 6 aprile 2020. In quella circostanza Pallante fa
inserire nella mozione una postilla che richiedeva l’utilizzo delle
strutture private in caso di necessità. Si gridò allo scandalo:
aiuto aiuto, Patriciello vuole mettere le mani sul Vietri. Già,
Patriciello. L’eurodeputato proprietario del Neuromed di Pozzilli
con il cognato che occupa il ruolo di vice presidente della Giunta
regionale, aveva avuto qualche settimana prima un gran problema: i
casi di Covid a Neuromed. Il rifiuto di Toma a trasferire i pazienti
da Pozzilli al Cardarelli di Campobasso avevano prima spinto Aldo
Patriciello ad offrire armi e bagagli per avere un centro covid a
Larino, poi ha afferrato che in sanità l’unica possibilità di
rientrare nel circuito mangiasoldi era quello di mettere in piedi
progetti legati alla pandemia e da buon imprenditore, abbandona il
tentativo inutile di convincere Toma a trasferire i pazienti e cambia
strategia.
E
qui entra in campo Giustini.
Il
commissario ad acta alla sanità, consapevole della volontà di
Patriciello di aprire il Covid a Larino, insegue la teoria
agganciandosi alle volontà di Iorio che da inizio pandemia
predicava: liberate gli ospedali pubblici dai pazienti Covid
altrimenti i molisani non si andranno più a curare e si recheranno
fuori dal Molise, se sopravviveranno a patologie serie.
Anche
i medici del Cardarelli prima, i primari del Molise poi, sono
preoccupati per le sorti della sanità pubblica. Scrivono lettere a
Florenzano, le inviano per conoscenza a Giustini che si limita a
riferire al ministero dove però non accade nulla. Florenzano,
anch’egli di origine campana, minaccia tutti coloro che si
permettono di contraddire una sua o di Toma volontà.
I
medici, che non si sentono protetti da Giustini e che ricevono le
prime rappresaglie, si fermano. Inutile lottare contro i mulini a
vento.
Risultato:
il commissario ad acta non è in grado di gestire queste
situazioni.
In fondo si ritrova a dirigere un sistema sanitario avendo imparato
nella vita a ricevere ordini, non a darli.
Risultato?
Il
Molise va a Roma con due progetti: uno del centro Covid a Larino
votato il 6 aprile dal centrodestra che poi cambia idea, a maggio
dalle opposizioni. L’onnipresente a votare sempre a favore è solo
Iorio.
Un
secondo progetto appare dal nulla. E’ firmato da Florenzano e
dalla
vice di Giustini.
Cosa
accade a Roma?
Il
ministro della Salute, seppur informato della situazione molisana e
consapevole che il centro misto usato in Molise ha prodotto migliaia
di morti a nord, emana un decreto in cui si stabilisce che i centri
covid debbano essere separati dagli altri reparti e che ogni regione
deve approvare con atto regionale un progetto.
Se
ne deduce che quando a Roma arrivano i due progetti, la torre al
Cardarelli e il Covid a Larino, si dovrebbe prendere in
considerazione la volontà del consiglio regionale.
Il
taciturno Speranza, invece, gioca a fare Ponzio Pilato: si lava le
mani, decide che lui non vuole andare in contrasto con il governatore
Toma. E cosa fa? Decide che devono decidere i tecnici.
E
qui inizia il bello.
A
Roma c’è il Direttore Generale della Programmazione Sanitaria
del
Ministero della Salute: Andrea Urbani, uomo fidato del senatore
Antonio Gentile detto Tonino. Chi è? Originario
di Cosenza e socialista di nascita si è trasferito armi e bagagli in
Forza Italia per poi ritrasferirsi nel Nuovo centrodestra di Alfano
ricoprendo l’incarico di sottosegretario alle Infrastrutture e
trasporti con il governo Renzi. L’incarico dura poco perché il
Tonino calabrese rassegna le dimissioni per la vicenda legata a
“L’ora della Calabria”. Cos’è? Più
conosciuto con il nome di Calabria ora, era un quotidiano locale
edito da due imprenditori calabresi che il 19 gennaio 2008 rilevarono
“Paese sera editoriale srl”, nuova società editrice della
testata calabrese e titolare di Paese Sera, il quotidiano nazionale
nato nel 1948 su incoraggiamento del Partito Comunista italiano per
contrastare le testate democristiane come Il Messaggero, Il Tempo e
Il Giornale d’Italia. Nel 2014, il 18 aprile, alle ore 18.28 il
liquidatore dell’azienda annuncia con una mail alla redazione la
cessazione con effetto immediato della pubblicazione cartacea e
dell’operatività del sito internet. Proprio in quella occasione il
giornale avrebbe dovuto pubblicare un articolo su un’indagine della
procura di Cosenza per abuso d’ufficio, falso ideologico e
associazione a delinquere a carico del figlio del senatore Gentile
(Andrea, un avvocato che lavorava anche come consulente per l’Azienda
sanitaria provinciale di Cosenza).
L’Ora
della Calabria nel giorno della nomina di Gentile sottosegretario,
dieci giorni dopo l’accaduto ha diffuso l’audio di una telefonata
avvenuta quel martedì sera tra l’editore del giornale Alfredo
Citrigno e De Rose (che oltre che tipografo dell’Ora della Calabria
è anche presidente della società finanziaria a capitale pubblico
Fincalabra). Durante la telefonata De Rose suggerisce con insistenza
a Citrigno di togliere l’articolo e di non “inimicarsi” la
famiglia Gentile che smentì qualsiasi coinvolgimento.
In
fondo la potenza Gentile, che in Calabria sono un sistema di
familismo collaudato, nel 2014 si può sintetizzare in questo modo:
Antonio
Gentile detto Tonino, senatore, sottosegretario alle Infrastrutture e
coordinatore calabrese di Ncd. Giuseppe Gentile detto Pino, il
fratello, assessore alle Infrastrutture e ai Lavori Pubblici della
Regione Calabria, indagato. Raffaele Gentile, segretario regionale
della Uil-Flp (federazione poteri locali) in Calabria. Katya Gentile,
figlia di Pino e già vicesindaco di Cosenza e assessore ai Lavori
pubblici, cacciata dal sindaco Mario Occhiuto (che a sua volta ha un
fratello ex deputato, Roberto) per una struttura affidata all’ex
marito. Andrea Gentile, figlio di Tonino e indagato per le consulenze
nel settore sanitario della Calabria. Claudio Gentile, fratello di
Pino, Tonino e Raffaele, assunto alla Camera di Commercio di Cosenza.
Massimiliano Manna, nipote dei Gentile, idem come lo zio Claudio.
Daniela Gentile, altra nipote, assunta alla “Promocosenza” che
dipende dalla Camera di Commercio. Anna Rosa Gentile, Antonella
Gentile, Katya Gentile, Manuela Gentile e Barbara Gentile, tutte
figlie e nipoti e tutte vincitrici di un concorso all’Asl di
Cosenza. Sandro Mazzuca, nipote di Pino Gentile, in organico a
Sviluppo Italia Calabria.
Nel
2014 a spingere Gentile nel sottogoverno renziano è stato l’ex
governatore
Giuseppe Scopelliti, sostenuto da Renato Schifani.
Il
29 gennaio 2016, in occasione del rimpasto
del governo Renzi,
Tonino
Gentile viene rinominato sottosegretario, questa volta al
Ministero
dello Sviluppo Economico.
Il
18 dicembre 2017 Gentile passa ad Alternativa Popolare, il 31
dicembre ritorna in Forza Italia e alle politiche del 2018 lascia il
posto della candidatura alla Camera dei deputati al figlio Andrea,
nelle fila di Forza Italia. Ma il figlio del capobastone della
Lorenzin non viene eletto.
Che
c’entra tutto questo con il Molise?
Ritorniamo
al Ministero della salute al suo Direttore Generale della
Programmazione Sanitaria del Ministero della Salute, Andrea
Urbani.
Questo, definito testa d’ariete dell’ex ministro alla sanità
Beatrice Lorenzin, è stato sub commissario ad acta alla sanità in
Calabria sotto la protezione dei Gentile e il 2 marzo 2017 è stato
nominato dg della programmazione sanitaria.
Protetto
dal sistema Gentile è anche un altro soggetto conosciuto meglio in
Molise: calabrese anche lui, arrivato in Molise con Frattura
presidente a dirigere l’Asrem e divenuto ottimo amico di Aldo
Patriciello. Parliamo di Gennaro Sosto.
Nato
a Rossano Calabro il 16.05.1969 con laurea in Ingegneria
Elettrotecnica presso l’Università “La Sapienza” di Roma, ha
un curriculum di tutto rispetto nella realizzazione strutturale e
reparti ospedalieri.
Anche
lui, Delfino del senatore calabrese (Ncd) Tonino Gentile.
Con
Sosto arriva in Molise anche la società di brokeraggio calabrese,
Aon, legata anche all’ex consigliere giuridico del presidente Toma,
Nunzio Luciano con “l’assunzione” della sorella per le cause
dell’Asrem. La stessa società legata alla ex vice prefetta di
Campobasso Paola Galeone, anche lei calabrese, arrestata per aver
preso mazzette e assidua frequentatrice delle feste in casa di
Francesco Trebisonda, direttore generale di Aon.
Torniamo
a Sosto, il delfino di Gentile che ha, a sua volta, ottimi legami con
Urbani al ministero.
Lo
stesso ministero che il 29 novembre 2018 ha designato l’ingegner
Gennaro Sosto tra i componenti del Nucleo nazionale di
valutazione
e verifica degli investimenti pubblici. Quest’organismo, di fresco
riordinamento, è composto da dirigenti ministeriali e da esperti, 13
in totale, indicati direttamente dal Dicastero e individuati tra una
rosa di professionisti di tutt’Italia con spiccate capacità
manageriali, professionali e tecniche.
Il
6 agosto 2019 Gennaro Sosto, dopo un violento litigio a via Genova
con Donato Toma, accetta la nomina alla guida dell’Asl Napoli Sud
3: Castellammare, Torre del Greco, Torre Annunziata, Pompei, Ercolano
e tutta la penisola sorrentina.
Il
19 dicembre 2019 arriva in Molise il commissario dell’Asrem, già
direttore sanitario all’Asl Napoli 2: Virginia Scafarto. Coniuge
del più celebre Giovanni Zito, medico cardiologo, Ds, dal 1999 al
2001 per due anni alla guida del Municipio di Pompei dimessosi dopo
aver saputo di essere ufficialmente indagato per associazione
camorristica. “Le dimissioni del primo cittadino di Pompei, a sette
giorni dalle elezioni, sono l' ultima immagine forte di un caso
politico giudiziario che tiene banco da due settimane. Il 23 aprile
un blitz congiunto di carabinieri e finanzieri, portò dietro le
sbarre 57 persone accusate di avere rapporti con il clan Cesarano.
Fra gli arrestati, il presidente del consiglio comunale di Pompei, il
ds Giuseppe La Marca. Secondo le indagini del pool anticamorra, la
cosca dei Cesarano inquinava appalti e decisioni politiche. E lo
faceva tramite un uomo soprannominato il ministro, Luigi D' Apice,
anche lui finito in cella” scriveva Repubblica.
A
suggerire a Toma di prendere Virginia Scafarto e lo stesso Gennaro
Sosto che poi prepara la strada a Oreste Florenzano nominato l’8
febbraio 2020. Il 50enne napoletano era secondo in graduatoria.
Guarda un po’: il primo Thomas Schael, del nord Italia,
ha
rinunciato all’incarico. Florenzano arriva e poi nomina come
direttore amministrativo Virginia Scafarto.
Il
clan che era partito dal senatore calabrese Tonino Gentile, che
aveva
già spedito in Molise Gennaro Sosto e che vede a Roma, al Ministero
alla salute, l’altro braccio operativo del clan Andrea Urbani, ha
chiuso il cerchio in Molise.
Torniamo
ai progetti Covid: quando Roma si vede arrivare due progetti, uno a
firma di Giustini e uno a firma di Florenzano, avendo come ministro
quel cuor di leone di Roberto Speranza, che da buon Ponzio Pilato si
lava le mani e scarica la decisione sui tecnici (stile Toma quando
non vuole responsabilità), e quando i progetti arrivano sul tavolo
di Andrea Urbani, secondo voi si poteva decidere qualcosa di buono
per il Molise?
Livia
Bonetti
(by nicola)
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