martedì 15 settembre 2020

"Non è vero... ma ci credo" (cit) -2


I segreti del Covid

State comodi? Siete pronti ad affrontare un’altra lettura e a scoprire altri segreti?
Dopo l’ultimo racconto sulle gesta della “Gemelli Molise SpA” che tramite la napoletana Celeste Condorelli, legata a doppio filo e da questioni d’affari con Aldo Patriciello, e del demansionamento della dottoressa Sallustio deciso alla ormai ex Cattolica di Campobasso che continuiamo a mantenere in Molise ma che, francamente e a malincuore dobbiamo ammettere, non ha più motivo di esistere se non per mungere noi molisani e usare soldi pubblici, ecco che questa è la volta dei segreti della sanità pubblica.
Così, mentre voi eravate intenti a giudicare la mozione di sfiducia a Toma andata in scena martedì scorso, noi cercavamo notizie partendo dalle indiscrezioni.
Come dite? La sfiducia era una cosa seria?
Allora apriamo prima una parentesi.
Le mozioni di sfiducia sono cosa seria solo se ci sono i numeri per farla passare. Almeno se la partita è aperta.
Bene hanno fatto i cinque stelle e il Pd a presentarla sapendo che, a parte loro nessuno l’avrebbe votata. Hanno fatto bene perché dal dibattito in aula abbiamo letto tra le righe e abbiamo capito tante cose.
Abbiamo capito che Greco punta alla sua ricandidatura come presidente nel movimento ma, se si va a scadenza di mandato, c’è il rischio che il piazzato Antonio Federico riesca a tirare la volata al sindaco di Campobasso Roberto Gravina.
Abbiamo capito che tra Facciolla e Fanelli c’è una lotta all’ultimo respiro per la leadership, con Facciolla che gioca nella alleanze alternate e la Fanelli che lavora su Roma dove l’attuale segretario del Pd Molise è meno ferrato.
Noi abbiamo capito che Michele Iorio partecipa ai giochi sulla sfiducia solo se il suo ruolo diventa determinante e consente di continuare il percorso politico. Proverbiale resterà nel nostro archivio la sua frase: questo governo non ha la mia fiducia ma non
posso votare la sfiducia perché, votandola, sfiducerei il centrodestra. Della serie: signori, se non mandiamo a casa questo governo io non partecipo perché sto già lavorando su Roma per creare l’alternativa a Toma &CO. Non mi gioco il lavoro iniziato per dare il mio voto in maniera inutile, sapendo che la sfiducia non passerà. Nel sentire la dichiarazione, mi sono chiesta: in effetti, pur votando a favore, cosa cambia nel risultato finale? Nulla.
Abbiamo capito che Micone rivuole la presidenza del Consiglio senza che ci vada Pallante che però a sua volta vuole guadagnare 13.500 euro non 12.500. Di Lucente e la Romagnuolo vogliono entrambi l’assessorato.
A proposito. Si dice che i tre sono pronti non solo a passare a sinistra ma hanno in mente anche ad un altro colpo di scena domani in aula. Seguiamo il consiglio e capiremo.
Sappiamo anche che Berlusconi ha telefonato a Donato Toma imponendogli di non toccare Forza Italia e di non intaccare i rapporti con la Lega.
Sappiamo che Toma ha praticamente snobbato il partito di Giorgia Meloni senza nemmeno convocare il coordinatore regionale per chiarire i rapporti con Fratelli d’Italia.
E mentre l’opinione pubblica è attenzionata da armi di distrazione di massa che vanno avanti dall’8 maggio 2018 (insediamento di Toma) tutti gli altri lavorano per mettercela in quel posto. Ma su
cose serie.
Con la collaborazione di tutti i partiti.
Siete pronti per i racconti seri?
Mettetevi comodi e partiamo dall’inizio.
Argomento principe? Il mancato centro Covid a Larino.
L’antefatto lo conosciamo bene.
Il Consiglio regionale approva, con tutto il centrodestra, la linea programmatica: aprire un centro Covid a Larino per l’emergenza sanitaria. Era il 6 aprile 2020. In quella circostanza Pallante fa inserire nella mozione una postilla che richiedeva l’utilizzo delle strutture private in caso di necessità. Si gridò allo scandalo: aiuto aiuto, Patriciello vuole mettere le mani sul Vietri. Già, Patriciello. L’eurodeputato proprietario del Neuromed di Pozzilli con il cognato che occupa il ruolo di vice presidente della Giunta regionale, aveva avuto qualche settimana prima un gran problema: i casi di Covid a Neuromed. Il rifiuto di Toma a trasferire i pazienti da Pozzilli al Cardarelli di Campobasso avevano prima spinto Aldo Patriciello ad offrire armi e bagagli per avere un centro covid a Larino, poi ha afferrato che in sanità l’unica possibilità di rientrare nel circuito mangiasoldi era quello di mettere in piedi progetti legati alla pandemia e da buon imprenditore, abbandona il tentativo inutile di convincere Toma a trasferire i pazienti e cambia strategia.
E qui entra in campo Giustini.
Il commissario ad acta alla sanità, consapevole della volontà di Patriciello di aprire il Covid a Larino, insegue la teoria agganciandosi alle volontà di Iorio che da inizio pandemia predicava: liberate gli ospedali pubblici dai pazienti Covid altrimenti i molisani non si andranno più a curare e si recheranno fuori dal Molise, se sopravviveranno a patologie serie.
Anche i medici del Cardarelli prima, i primari del Molise poi, sono preoccupati per le sorti della sanità pubblica. Scrivono lettere a Florenzano, le inviano per conoscenza a Giustini che si limita a riferire al ministero dove però non accade nulla. Florenzano, anch’egli di origine campana, minaccia tutti coloro che si permettono di contraddire una sua o di Toma volontà.
I medici, che non si sentono protetti da Giustini e che ricevono le prime rappresaglie, si fermano. Inutile lottare contro i mulini a vento.
Risultato: il commissario ad acta non è in grado di gestire queste
situazioni. In fondo si ritrova a dirigere un sistema sanitario avendo imparato nella vita a ricevere ordini, non a darli.
Risultato?
Il Molise va a Roma con due progetti: uno del centro Covid a Larino votato il 6 aprile dal centrodestra che poi cambia idea, a maggio dalle opposizioni. L’onnipresente a votare sempre a favore è solo Iorio.
Un secondo progetto appare dal nulla. E’ firmato da Florenzano e
dalla vice di Giustini.
Cosa accade a Roma?
Il ministro della Salute, seppur informato della situazione molisana e consapevole che il centro misto usato in Molise ha prodotto migliaia di morti a nord, emana un decreto in cui si stabilisce che i centri covid debbano essere separati dagli altri reparti e che ogni regione deve approvare con atto regionale un progetto.
Se ne deduce che quando a Roma arrivano i due progetti, la torre al Cardarelli e il Covid a Larino, si dovrebbe prendere in considerazione la volontà del consiglio regionale.
Il taciturno Speranza, invece, gioca a fare Ponzio Pilato: si lava le mani, decide che lui non vuole andare in contrasto con il governatore Toma. E cosa fa? Decide che devono decidere i tecnici.
E qui inizia il bello.
A Roma c’è il Direttore Generale della Programmazione Sanitaria
del Ministero della Salute: Andrea Urbani, uomo fidato del senatore Antonio Gentile detto Tonino. Chi è? Originario di Cosenza e socialista di nascita si è trasferito armi e bagagli in Forza Italia per poi ritrasferirsi nel Nuovo centrodestra di Alfano ricoprendo l’incarico di sottosegretario alle Infrastrutture e trasporti con il governo Renzi. L’incarico dura poco perché il Tonino calabrese rassegna le dimissioni per la vicenda legata a “L’ora della Calabria”. Cos’è? Più conosciuto con il nome di Calabria ora, era un quotidiano locale edito da due imprenditori calabresi che il 19 gennaio 2008 rilevarono “Paese sera editoriale srl”, nuova società editrice della testata calabrese e titolare di Paese Sera, il quotidiano nazionale nato nel 1948 su incoraggiamento del Partito Comunista italiano per contrastare le testate democristiane come Il Messaggero, Il Tempo e Il Giornale d’Italia. Nel 2014, il 18 aprile, alle ore 18.28 il liquidatore dell’azienda annuncia con una mail alla redazione la cessazione con effetto immediato della pubblicazione cartacea e dell’operatività del sito internet. Proprio in quella occasione il giornale avrebbe dovuto pubblicare un articolo su un’indagine della procura di Cosenza per abuso d’ufficio, falso ideologico e associazione a delinquere a carico del figlio del senatore Gentile (Andrea, un avvocato che lavorava anche come consulente per l’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza).
L’Ora della Calabria nel giorno della nomina di Gentile sottosegretario, dieci giorni dopo l’accaduto ha diffuso l’audio di una telefonata avvenuta quel martedì sera tra l’editore del giornale Alfredo Citrigno e De Rose (che oltre che tipografo dell’Ora della Calabria è anche presidente della società finanziaria a capitale pubblico Fincalabra). Durante la telefonata De Rose suggerisce con insistenza a Citrigno di togliere l’articolo e di non “inimicarsi” la famiglia Gentile che smentì qualsiasi coinvolgimento.
In fondo la potenza Gentile, che in Calabria sono un sistema di familismo collaudato, nel 2014 si può sintetizzare in questo modo:
Antonio Gentile detto Tonino, senatore, sottosegretario alle Infrastrutture e coordinatore calabrese di Ncd. Giuseppe Gentile detto Pino, il fratello, assessore alle Infrastrutture e ai Lavori Pubblici della Regione Calabria, indagato. Raffaele Gentile, segretario regionale della Uil-Flp (federazione poteri locali) in Calabria. Katya Gentile, figlia di Pino e già vicesindaco di Cosenza e assessore ai Lavori pubblici, cacciata dal sindaco Mario Occhiuto (che a sua volta ha un fratello ex deputato, Roberto) per una struttura affidata all’ex marito. Andrea Gentile, figlio di Tonino e indagato per le consulenze nel settore sanitario della Calabria. Claudio Gentile, fratello di Pino, Tonino e Raffaele, assunto alla Camera di Commercio di Cosenza. Massimiliano Manna, nipote dei Gentile, idem come lo zio Claudio. Daniela Gentile, altra nipote, assunta alla “Promocosenza” che dipende dalla Camera di Commercio. Anna Rosa Gentile, Antonella Gentile, Katya Gentile, Manuela Gentile e Barbara Gentile, tutte figlie e nipoti e tutte vincitrici di un concorso all’Asl di Cosenza. Sandro Mazzuca, nipote di Pino Gentile, in organico a Sviluppo Italia Calabria.
Nel 2014 a spingere Gentile nel sottogoverno renziano è stato l’ex
governatore Giuseppe Scopelliti, sostenuto da Renato Schifani.
Il 29 gennaio 2016, in occasione del rimpasto del governo Renzi,
Tonino Gentile viene rinominato sottosegretario, questa volta al
Ministero dello Sviluppo Economico.
Il 18 dicembre 2017 Gentile passa ad Alternativa Popolare, il 31 dicembre ritorna in Forza Italia e alle politiche del 2018 lascia il posto della candidatura alla Camera dei deputati al figlio Andrea, nelle fila di Forza Italia. Ma il figlio del capobastone della Lorenzin non viene eletto.
Che c’entra tutto questo con il Molise?
Ritorniamo al Ministero della salute al suo Direttore Generale della Programmazione Sanitaria del Ministero della Salute, Andrea
Urbani. Questo, definito testa d’ariete dell’ex ministro alla sanità Beatrice Lorenzin, è stato sub commissario ad acta alla sanità in Calabria sotto la protezione dei Gentile e il 2 marzo 2017 è stato nominato dg della programmazione sanitaria.
Protetto dal sistema Gentile è anche un altro soggetto conosciuto meglio in Molise: calabrese anche lui, arrivato in Molise con Frattura presidente a dirigere l’Asrem e divenuto ottimo amico di Aldo Patriciello. Parliamo di Gennaro Sosto.
Nato a Rossano Calabro il 16.05.1969 con laurea in Ingegneria Elettrotecnica presso l’Università “La Sapienza” di Roma, ha un curriculum di tutto rispetto nella realizzazione strutturale e reparti ospedalieri.
Anche lui, Delfino del senatore calabrese (Ncd) Tonino Gentile.
Con Sosto arriva in Molise anche la società di brokeraggio calabrese, Aon, legata anche all’ex consigliere giuridico del presidente Toma, Nunzio Luciano con “l’assunzione” della sorella per le cause dell’Asrem. La stessa società legata alla ex vice prefetta di Campobasso Paola Galeone, anche lei calabrese, arrestata per aver preso mazzette e assidua frequentatrice delle feste in casa di Francesco Trebisonda, direttore generale di Aon.
Torniamo a Sosto, il delfino di Gentile che ha, a sua volta, ottimi legami con Urbani al ministero.
Lo stesso ministero che il 29 novembre 2018 ha designato l’ingegner Gennaro Sosto tra i componenti del Nucleo nazionale di
valutazione e verifica degli investimenti pubblici. Quest’organismo, di fresco riordinamento, è composto da dirigenti ministeriali e da esperti, 13 in totale, indicati direttamente dal Dicastero e individuati tra una rosa di professionisti di tutt’Italia con spiccate capacità manageriali, professionali e tecniche.
Il 6 agosto 2019 Gennaro Sosto, dopo un violento litigio a via Genova con Donato Toma, accetta la nomina alla guida dell’Asl Napoli Sud 3: Castellammare, Torre del Greco, Torre Annunziata, Pompei, Ercolano e tutta la penisola sorrentina.
Il 19 dicembre 2019 arriva in Molise il commissario dell’Asrem, già direttore sanitario all’Asl Napoli 2: Virginia Scafarto. Coniuge del più celebre Giovanni Zito, medico cardiologo, Ds, dal 1999 al 2001 per due anni alla guida del Municipio di Pompei dimessosi dopo aver saputo di essere ufficialmente indagato per associazione camorristica. “Le dimissioni del primo cittadino di Pompei, a sette giorni dalle elezioni, sono l' ultima immagine forte di un caso politico giudiziario che tiene banco da due settimane. Il 23 aprile un blitz congiunto di carabinieri e finanzieri, portò dietro le sbarre 57 persone accusate di avere rapporti con il clan Cesarano. Fra gli arrestati, il presidente del consiglio comunale di Pompei, il ds Giuseppe La Marca. Secondo le indagini del pool anticamorra, la cosca dei Cesarano inquinava appalti e decisioni politiche. E lo faceva tramite un uomo soprannominato il ministro, Luigi D' Apice, anche lui finito in cella” scriveva Repubblica.
A suggerire a Toma di prendere Virginia Scafarto e lo stesso Gennaro Sosto che poi prepara la strada a Oreste Florenzano nominato l’8 febbraio 2020. Il 50enne napoletano era secondo in graduatoria. Guarda un po’: il primo Thomas Schael, del nord Italia,
ha rinunciato all’incarico. Florenzano arriva e poi nomina come direttore amministrativo Virginia Scafarto.
Il clan che era partito dal senatore calabrese Tonino Gentile, che
aveva già spedito in Molise Gennaro Sosto e che vede a Roma, al Ministero alla salute, l’altro braccio operativo del clan Andrea Urbani, ha chiuso il cerchio in Molise.
Torniamo ai progetti Covid: quando Roma si vede arrivare due progetti, uno a firma di Giustini e uno a firma di Florenzano, avendo come ministro quel cuor di leone di Roberto Speranza, che da buon Ponzio Pilato si lava le mani e scarica la decisione sui tecnici (stile Toma quando non vuole responsabilità), e quando i progetti arrivano sul tavolo di Andrea Urbani, secondo voi si poteva decidere qualcosa di buono per il Molise?

Livia Bonetti

(by nicola)

 

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