𝗜 𝗗𝗘𝗕𝗜𝗧𝗜 𝗗𝗘𝗜 𝗠𝗢𝗟𝗜𝗦𝗔𝗡𝗜? 𝗙𝗨𝗢𝗥𝗜 𝗕𝗜𝗟𝗔𝗡𝗖𝗜𝗢!

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Nei procedimenti giudiziari degli ultimi vent’anni contro i “colletti bianchi”, tutti conclusi con un nulla di fatto, nel mio libro sulla giustizia molisana documento spese triple milionarie a carico della collettività.   Parlo di tre voci ben distinte: (𝟭) le spese, ingentissime, sostenute dallo Stato; (𝟮) quelle dei singoli indagati/imputati, spesso costretti a difendersi per anni; (𝟯) quelle rimborsate agli amministratori, politici e dirigenti, che si fanno coprire le spese legali dall’ente pubblico in cui sono stati eletti o nominati, purché non vi sia conflitto d’interessi, l’avvocato sia gradito e l’esito non sia una condanna per dolo o colpa grave.    Un bel privilegio! E non finisce qui: la spesa cresce ancora quando la Regione si costituisce parte civile e nomina un proprio legale che, se non liquidato dal giudice penale, viene comunque pagato dalla Regione. Il salasso continua.   L’ultima “stangata” è nella 𝗱𝗲𝗹𝗶𝗯𝗲𝗿𝗮 𝗱𝗶 𝗚𝗶𝘂𝗻𝘁𝗮 𝗻. 𝟯𝟳𝟴 ?...

Gli effetti della turistificazione. Il caso Assisi: un monito anche per il Molise

 

Assisi non è in vendita. Assisi è già stata venduta!
E non per colpa dei pellegrini o dei turisti, ma di un sistema che trasforma l’ospitalità in rendita, l’identità in brand, la comunità in cornice.

Nel video-inchiesta “Assisi in vendita” si racconta con lucidità un processo che conosciamo fin troppo bene: la turistificazione. Un meccanismo che, dietro la retorica della valorizzazione culturale, produce concentrazione economica, monocultura commerciale, espulsione degli abitanti, appiattimento simbolico.

Assisi è la meta religiosa per eccellenza in Umbria, con oltre 600.000 visitatori l’anno, una cifra destinata ad aumentare nel biennio 2025-2026, tra Giubileo, canonizzazione di Carlo Acutis e celebrazioni per gli 800 anni dalla morte di San Francesco.

Quello che accade ad Assisi è un monito per il Molise: serve una valorizzazione che custodisca, non che svenda. Altrimenti anche qui rischiamo di diventare scenografia senza anima, territorio senza comunità. 

Ma chi trae davvero beneficio da questo fiume di presenze?

Il video rivela che la maggior parte è nelle mani di pochissimi soggetti. Una concentrazione inquietante che richiama scenari da cartolina addomesticata, dove l’autenticità del vivere si piega alla logica della massimizzazione.

Emergono nomi, famiglie, assetti proprietari. Tra questi, alcuni cognomi si ripetono. Uno per tutti, quello dei Maisto, protagonisti di un’economia privatizzata della bellezza. Le vie di Francesco diventano corridoi del profitto. Gli spazi comuni, luoghi dove tutto ha un prezzo.

Questa non è una storia solo umbra. È un monito per ogni territorio fragile, per ogni paese in cerca di futuro, per ogni comunità che rischia di essere espropriata della propria anima in nome del turismo.

🔥 E qui arriva il Molise

Una terra che deve guardarsi bene da operazioni speculative e predatorie, provenienti da regioni confinanti e non.
Da troppi anni continuiamo a sentire il solito mantra: “tenere alta la guardia”, per via di possibili infiltrazioni malavitose, che troverebbero terreno fertile grazie anche a una debolezza istituzionale troppo spesso strutturale.

Ma il problema non è solo la criminalità organizzata.

Il rischio è più sottile e pervasivo: finzione di sviluppo, quando avremmo bisogno di progresso, per dirla con Pasolini; false promesse di valorizzazione, strategie di conquista economica mascherate da investimenti culturali.

Non possiamo permettere che il Molise diventi il prossimo laboratorio della turistificazione tossica.

Non bastano eventi e flussi: servono visioni, alleanze, presenze.
E soprattutto: serve che i territori tornino a essere abitati prima che visitati.

✍️ Nicola Frenza

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