𝗜 𝗗𝗘𝗕𝗜𝗧𝗜 𝗗𝗘𝗜 𝗠𝗢𝗟𝗜𝗦𝗔𝗡𝗜? 𝗙𝗨𝗢𝗥𝗜 𝗕𝗜𝗟𝗔𝗡𝗖𝗜𝗢!

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Nei procedimenti giudiziari degli ultimi vent’anni contro i “colletti bianchi”, tutti conclusi con un nulla di fatto, nel mio libro sulla giustizia molisana documento spese triple milionarie a carico della collettività.   Parlo di tre voci ben distinte: (𝟭) le spese, ingentissime, sostenute dallo Stato; (𝟮) quelle dei singoli indagati/imputati, spesso costretti a difendersi per anni; (𝟯) quelle rimborsate agli amministratori, politici e dirigenti, che si fanno coprire le spese legali dall’ente pubblico in cui sono stati eletti o nominati, purché non vi sia conflitto d’interessi, l’avvocato sia gradito e l’esito non sia una condanna per dolo o colpa grave.    Un bel privilegio! E non finisce qui: la spesa cresce ancora quando la Regione si costituisce parte civile e nomina un proprio legale che, se non liquidato dal giudice penale, viene comunque pagato dalla Regione. Il salasso continua.   L’ultima “stangata” è nella 𝗱𝗲𝗹𝗶𝗯𝗲𝗿𝗮 𝗱𝗶 𝗚𝗶𝘂𝗻𝘁𝗮 𝗻. 𝟯𝟳𝟴 ?...

Per le donne del Sudan ora il medioevo è finito

  

Da quasi trent’anni non potevano indossare i pantaloni, vedere la tv, ascoltare la musica, assistere a manifestazioni sportive o semplicemente camminare da sole per la strada.

In sostanza le donne del Sudan non potevano fare nulla, umiliate e o offese dalla Legge sull’ordine pubblico instaurata dal regime di Omar Bashir; un insieme di norme tanto invasive e feroci quanto vaghe e indefinite da permettere la loro applicazione in ogni meandro della vita quotidiana. Non una pedissequa trasposizione della shariah ma un dispositivo autoritario generale, che ha sfruttato le suggestioni della legge coranica come pretesto per esercitare un controllo sociale illimitato sulla popolazione femminile. Un sistema fondato sul «terrore e la discriminazione» per impiegare le parole dell’attivista per i diritti umani Hala al- Karib.
L’articolo 152 dell’ormai ex codice penale sudanese ad esempio stabiliva che il reato di prostituzione fosse tale «per ogni luogo in cui delle donne sono riunite assieme a degli uomini con i quali non hanno rapporti di famiglia». Sono migliaia nel corso dei decenni le donne condannate a pene durissime, tra cui la pubblica flagellazione o addirittura la lapidazione, in base alle disposizioni dell’articolo 152. O dell’articolo 153 che definiva il reato di “possesso di materiale contrario alla morale comune”. Del tutto esposte alle scorribande e alle persecuzioni della polizia dei costumi che, oltre a reprimere ogni manifestazione di libertà individuale, ha spesso abusato del suo potere sottoponendo le donne a ogni tipo di violenza, anche a ripetuti abusi sessuali.
Da ieri la Legge sull’ordine pubblico è stata finalmente abrogata in un pacchetto di misure che prevede anche lo scioglimento del National Congress Party ( Ncp), il partito dell’ex presidente Bashir, vera e propria macchina per succhiare soldi e risorse allo Stato. Per consiglio civile e militare che attualmente guida il paese si tratta di un passaggio obbligato: «Le leggi sull'ordine pubblico e la morale pubblica erano uno strumento di sfruttamento, umiliazione e violazione dei diritti dei cittadini e una violazione della dignità del popolo. Mando un omaggio ai giovani uomini e donne del mio Paese che hanno sopportato gli orrori dell'applicazione di queste leggi», scriveva ieri mattina su Twitter il primo ministro del governo di transizione Abdalla Hamdok.
D’altra parte la partecipazione delle donne alle proteste di piazza che la scorsa
primavera hanno contribuito a rovesciare pacificamente il regime è stata decisiva, trasfor-mando una contestazione “economica” nata dalla lotta all’austerità e all’aumento del prezzo del pane in un movimento politico più ampio contro il potere del clan Bashir e contro la cultura arretrata in cui ha vissuto il Sudan. Hanno sfidato i divieti senza aver paura delle dure ritorsioni delle autorità. Proprio come la 22enne Alaa Salah, la giovane che dal tetto di un’auto circondata da migliaia di manifestanti arringava la folla intonando canti di libertà. La sua immagine ha fatto il giro del mondo, diventando il simbolo della ribellione sudanese e del riscatto del paese da una dittatura corrotta e sessista
Il 25 novembre nella capitale Khartoum migliaia di persone hanno partecipato per la prima volta alla Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, quasi ad anticipare la svolta di ieri in unanazione che per lunghi anni ha vissuto nelle tenebre di un nuovo medioevo e che ora si avvia ad affrontare una complessa transizione verso la democrazia in cui le donne per la prima volta avranno un ruolo fondamentale.

DANIELE ZACCARIA

(by nicola)

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