Non è più PM e non è stato eletto nelle elezioni. Per questo motivo gli è stata tolta la scorta.
Ma evidentemente ció di cui si occupa ancora, su analoghi temi scottanti interessa molto...
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Sono entrati da una terrazza condominiale sul tetto senza forzare
nulla, hanno segato le grate divisorie e hanno “visitato” l’appartamento
all’ultimo piano dell’ex pm Antonio Ingroia nel cuore di Roma,
mettendolo a soqquadro e portando via alcune pen drive con atti
processuali (vecchi, da pm, e nuovi, da avvocato), appunti del- l’ex
magistrato “padre della trattativa Stato-mafia” insieme a diari e
considerazioni personali.
A
pochi giorni dalla revoca di ogni forma di protezione del Viminale nei
confronti di Ingroia, un misterioso e inquietante furto avvenuto la
notte tra martedì e mercoledì scorso, dopo che l’ex magistrato si era
allontanato da Roma alle due del pomeriggio per trascorrere due giorni
in Sicilia per lavoro con la moglie, riaccende tutte le perplessità su
quella decisione.
È lo stesso Ingroia a segnalare che è stato un
lavoro “da professionisti”: “I miei movimenti erano evidentemente
controllati – dice l’ex magistrato, che ha avvertito il 113 non appena
una donna di servizio ha dato l’allarme – invece di intervenire nel fine
settimana o durante le feste hanno deciso di agire in questo breve
lasso di tempo. E la Digos e la Scientifica intervenuti sul posto non
hanno trovato una sola impronta digitale utile”. Ne hanno trovata una
sola, anzi, su una custodia di telefonino riferibile a una mano guantata
a conferma delle cautele “da professionisti” adottate dai misteriosi
“visitatori” che si sono diretti subito nello studio dell’ex magistrato,
rovistando nei cassetti e nelle librerie, cercando tra i faldoni e le
carte, nel tavolo dov’era custodito il computer e portando via alcune
pen drive: “Non so ancora quante siano, non ho contezza del danno subito
– dice Ingroia – lì dentro c’erano atti più o meno riservati del mio
passato di pm, ma anche diari, appunti considerazioni”.
Sul
perché abbiano agito proprio adesso l’ex pm mette insieme alcune
domande: “Oltre alla notizia della revoca della protezione – dice – in
questi ultimi giorni sui giornali sono apparse due o tre notizie che mi
riguardano”. Si riferisce all’udienza di Reggio Calabria al processo
sulla ’ndrangheta stragista, in cui dopo le audizioni dell’ex
ambasciatore Fulci e del generale Ganzer sulla Falange Armata, Ingroia
aveva sottolineato la stranezza della mancata identificazione di quel
Giulivo Conti, uno dei gladiatori segnalati da Fulci, che aveva
accompagnato in Somalia il maresciallo del Sismi Vincenzo Li Causi,
ufficialmente ucciso da miliziani somali mentre era con Conti nel
novembre del ’93.
Ma anche l’intervista a un quotidiano di
Salerno sui depistaggi istituzionali seguiti all’omicidio di Angelo
Vassallo, il sindaco di Pollica ucciso nel 2010 i cui familiari sono
oggi assistiti dall’avvocato Ingroia che nell’intervista aveva
sottolineato, tra l’altro, l’avvio di indagini difensive a 360 gradi
anche sui depistaggi. “Non dico che sono tutti fatti collegati tra loro –
dice Ingroia – ma rassegno questi fatti, insieme alla considerazione
che chi ha agito lo ha fatto da professionista, scegliendo attentamente
sia il momento per intervenire, sia gli strumenti utili al superamento
degli ostacoli per entrare nel mio appartamento”. E cioè esattamente
quattro giorni dopo la revoca della protezione residua rimastagli, una
“vigilanza dinamica a orari convenuti” (se comunicava per tempo via
email quando usciva di casa, sarebbe arrivata un’auto della polizia a
sorvegliare l’uscita), motivata dalla fine del suo mandato di
amministratore pubblico della società Sicilia & Servizi e dalla
mancata elezione alle Politiche nonostante il suo impegno da avvocato
sia proseguito su analoghi temi “scottanti’” che lo avevano visto
protagonista da pm. E, come ha detto il pm Nino Di Matteo commentando la
revoca, “la mafia e i potenti che colludono con la mafia non
dimenticano”.
Il Fatto Quotidiano
(by Nicola)
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