Non è più PM e non è stato eletto nelle elezioni. Per questo motivo gli è stata tolta la scorta.
Ma evidentemente ció di cui si occupa ancora, su analoghi temi scottanti interessa molto...
***
Sono entrati da una terrazza condominiale sul tetto senza forzare nulla, hanno segato le grate divisorie e hanno “visitato” l’appartamento all’ultimo piano dell’ex pm Antonio Ingroia nel cuore di Roma, mettendolo a soqquadro e portando via alcune pen drive con atti processuali (vecchi, da pm, e nuovi, da avvocato), appunti del- l’ex magistrato “padre della trattativa Stato-mafia” insieme a diari e considerazioni personali.
Ma evidentemente ció di cui si occupa ancora, su analoghi temi scottanti interessa molto...
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Sono entrati da una terrazza condominiale sul tetto senza forzare nulla, hanno segato le grate divisorie e hanno “visitato” l’appartamento all’ultimo piano dell’ex pm Antonio Ingroia nel cuore di Roma, mettendolo a soqquadro e portando via alcune pen drive con atti processuali (vecchi, da pm, e nuovi, da avvocato), appunti del- l’ex magistrato “padre della trattativa Stato-mafia” insieme a diari e considerazioni personali.
A
pochi giorni dalla revoca di ogni forma di protezione del Viminale nei
confronti di Ingroia, un misterioso e inquietante furto avvenuto la
notte tra martedì e mercoledì scorso, dopo che l’ex magistrato si era
allontanato da Roma alle due del pomeriggio per trascorrere due giorni
in Sicilia per lavoro con la moglie, riaccende tutte le perplessità su
quella decisione.
È lo stesso Ingroia a segnalare che è stato un lavoro “da professionisti”: “I miei movimenti erano evidentemente controllati – dice l’ex magistrato, che ha avvertito il 113 non appena una donna di servizio ha dato l’allarme – invece di intervenire nel fine settimana o durante le feste hanno deciso di agire in questo breve lasso di tempo. E la Digos e la Scientifica intervenuti sul posto non hanno trovato una sola impronta digitale utile”. Ne hanno trovata una sola, anzi, su una custodia di telefonino riferibile a una mano guantata a conferma delle cautele “da professionisti” adottate dai misteriosi “visitatori” che si sono diretti subito nello studio dell’ex magistrato, rovistando nei cassetti e nelle librerie, cercando tra i faldoni e le carte, nel tavolo dov’era custodito il computer e portando via alcune pen drive: “Non so ancora quante siano, non ho contezza del danno subito – dice Ingroia – lì dentro c’erano atti più o meno riservati del mio passato di pm, ma anche diari, appunti considerazioni”.
Sul perché abbiano agito proprio adesso l’ex pm mette insieme alcune domande: “Oltre alla notizia della revoca della protezione – dice – in questi ultimi giorni sui giornali sono apparse due o tre notizie che mi riguardano”. Si riferisce all’udienza di Reggio Calabria al processo sulla ’ndrangheta stragista, in cui dopo le audizioni dell’ex ambasciatore Fulci e del generale Ganzer sulla Falange Armata, Ingroia aveva sottolineato la stranezza della mancata identificazione di quel Giulivo Conti, uno dei gladiatori segnalati da Fulci, che aveva accompagnato in Somalia il maresciallo del Sismi Vincenzo Li Causi, ufficialmente ucciso da miliziani somali mentre era con Conti nel novembre del ’93.
Ma anche l’intervista a un quotidiano di Salerno sui depistaggi istituzionali seguiti all’omicidio di Angelo Vassallo, il sindaco di Pollica ucciso nel 2010 i cui familiari sono oggi assistiti dall’avvocato Ingroia che nell’intervista aveva sottolineato, tra l’altro, l’avvio di indagini difensive a 360 gradi anche sui depistaggi. “Non dico che sono tutti fatti collegati tra loro – dice Ingroia – ma rassegno questi fatti, insieme alla considerazione che chi ha agito lo ha fatto da professionista, scegliendo attentamente sia il momento per intervenire, sia gli strumenti utili al superamento degli ostacoli per entrare nel mio appartamento”. E cioè esattamente quattro giorni dopo la revoca della protezione residua rimastagli, una “vigilanza dinamica a orari convenuti” (se comunicava per tempo via email quando usciva di casa, sarebbe arrivata un’auto della polizia a sorvegliare l’uscita), motivata dalla fine del suo mandato di amministratore pubblico della società Sicilia & Servizi e dalla mancata elezione alle Politiche nonostante il suo impegno da avvocato sia proseguito su analoghi temi “scottanti’” che lo avevano visto protagonista da pm. E, come ha detto il pm Nino Di Matteo commentando la revoca, “la mafia e i potenti che colludono con la mafia non dimenticano”.
Il Fatto Quotidiano
(by Nicola)
È lo stesso Ingroia a segnalare che è stato un lavoro “da professionisti”: “I miei movimenti erano evidentemente controllati – dice l’ex magistrato, che ha avvertito il 113 non appena una donna di servizio ha dato l’allarme – invece di intervenire nel fine settimana o durante le feste hanno deciso di agire in questo breve lasso di tempo. E la Digos e la Scientifica intervenuti sul posto non hanno trovato una sola impronta digitale utile”. Ne hanno trovata una sola, anzi, su una custodia di telefonino riferibile a una mano guantata a conferma delle cautele “da professionisti” adottate dai misteriosi “visitatori” che si sono diretti subito nello studio dell’ex magistrato, rovistando nei cassetti e nelle librerie, cercando tra i faldoni e le carte, nel tavolo dov’era custodito il computer e portando via alcune pen drive: “Non so ancora quante siano, non ho contezza del danno subito – dice Ingroia – lì dentro c’erano atti più o meno riservati del mio passato di pm, ma anche diari, appunti considerazioni”.
Sul perché abbiano agito proprio adesso l’ex pm mette insieme alcune domande: “Oltre alla notizia della revoca della protezione – dice – in questi ultimi giorni sui giornali sono apparse due o tre notizie che mi riguardano”. Si riferisce all’udienza di Reggio Calabria al processo sulla ’ndrangheta stragista, in cui dopo le audizioni dell’ex ambasciatore Fulci e del generale Ganzer sulla Falange Armata, Ingroia aveva sottolineato la stranezza della mancata identificazione di quel Giulivo Conti, uno dei gladiatori segnalati da Fulci, che aveva accompagnato in Somalia il maresciallo del Sismi Vincenzo Li Causi, ufficialmente ucciso da miliziani somali mentre era con Conti nel novembre del ’93.
Ma anche l’intervista a un quotidiano di Salerno sui depistaggi istituzionali seguiti all’omicidio di Angelo Vassallo, il sindaco di Pollica ucciso nel 2010 i cui familiari sono oggi assistiti dall’avvocato Ingroia che nell’intervista aveva sottolineato, tra l’altro, l’avvio di indagini difensive a 360 gradi anche sui depistaggi. “Non dico che sono tutti fatti collegati tra loro – dice Ingroia – ma rassegno questi fatti, insieme alla considerazione che chi ha agito lo ha fatto da professionista, scegliendo attentamente sia il momento per intervenire, sia gli strumenti utili al superamento degli ostacoli per entrare nel mio appartamento”. E cioè esattamente quattro giorni dopo la revoca della protezione residua rimastagli, una “vigilanza dinamica a orari convenuti” (se comunicava per tempo via email quando usciva di casa, sarebbe arrivata un’auto della polizia a sorvegliare l’uscita), motivata dalla fine del suo mandato di amministratore pubblico della società Sicilia & Servizi e dalla mancata elezione alle Politiche nonostante il suo impegno da avvocato sia proseguito su analoghi temi “scottanti’” che lo avevano visto protagonista da pm. E, come ha detto il pm Nino Di Matteo commentando la revoca, “la mafia e i potenti che colludono con la mafia non dimenticano”.
Il Fatto Quotidiano
(by Nicola)
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