Regole e legalità cancellate
Il 1993 segna lo  spartiacque per comprendere cosa è avvenuto nel territorio e nelle  città. Tangentopoli aveva mostrato lo stretto intreccio tra  l’urbanistica e la corruzione: a Roma e Milano, solo per fermarci alle  due maggiori città, le regole venivano sistematicamente cambiate dalla  politica collusa con la proprietà fondiaria e con l’affarismo.
 
Nulla  di nuovo. Una storia iniziata nell’immediato dopoguerra: la Roma  dominata dalla Società generale immobiliare, la Napoli dei tempi di  Lauro, lo scandalo di Agrigento, il sacco di Palermo avevano dimostrato  l’arretratezza del sistema economico che dominava le città. È stata la  speculazione parassitaria a imporre il proprio dominio: dappertutto  erano sorte periferie sfigurate e incivili. 
 
Eppure in quel periodo  il legislatore aveva risposto agli scandali con una serie di riforme che  avevano collocato l’Italia nel panorama dei paesi virtuosi. Regole e  strumenti pubblici chiari e efficaci: la legge sull’edilizia pubblica  del 1962, la legge ponte del 1967, la Bucalossi del 1977, la Galasso del  1985, la legge sulle aree protette del 1991. Era stato mancato  l’obiettivo di scindere in maniera definitiva il diritto di proprietà  dal diritto di edificare analogamente agli altri paesi europei poiché il  tentativo di riforma di Fiorentino-Sullo fallì nel 1963 per la  violentissima reazione del blocco immobiliare. Cionostante, la risposta  agli scempi urbanistici portò a una profonda evoluzione della  legislazione.
La risposta allo scandalo di Tangentopoli è stata  di segno opposto: la legislazione urbanistica è stata infatti  smantellata. La cultura delle regole viene sostituita dalla prassi della  deroga. I piani regolatori, e cioè il quadro coerente dello sviluppo  delle città, vengono sostituiti dall’urbanistica contrattata: volta per  volta si decide la dimensione e i caratteri degli interventi urbani, al  riparo di qualsiasi trasparenza. Conseguenza inevitabile, se si pensa  che le elezioni politiche del 1994 portarono alla vittoria Silvio  Berlusconi che all’interno del suo programma aveva promesso «padroni a  casa propria» slogan che dà il via alla serie di leggi – mai contrastate  negli anni dei governi di centro-sinistra – che avrebbero messo in  crisi il governo pubblico del territorio. 
Quando scompaiono le  regole trionfa l’illegalità. Questo è avvenuto in molti casi,  dall’attacco continuo alla magistratura al falso in bilancio alle  prescrizioni facili. Ma è nelle città che il malaffare ha trionfato.  Quanto emerge dall’inchiesta della magistratura su Sesto San Giovanni ne  è la più chiara dimostrazione. I colloqui tra i protagonisti vertono  sull’esigenza di variare le volumetrie da realizzare nell’area ex Falk  da un milione a un milione e mezzo di metri cubi. Senza alcuna procedura  di evidenza pubblica si regalano alla proprietà fondiaria 500 mila  metri cubi: un arricchimento in termini economici di oltre 200 milioni  di euro. Ammettiamo pure per assurdo che non ci sia stata alcuna  tangente: il fatto grave è che attraverso l’urbanistica contrattata si  alterano le regole di mercato. Altri operatori che sulla base delle  scelte urbanistiche avevano deciso di investire in differenti aree  vengono danneggiati e se non vogliono soccombere hanno un’unica strada:  venire a patti con la politica e iniziare la contrattazione urbanistica.
Questa  patologia spiega il motivo per il quale non c’è nessun operatore  edilizio di altri paesi europei che investa sul mercato italiano: chi è  abituato al rispetto delle regole non può avventurarsi in un far west  dominato da taglieggiatori, speculatori e amministratori pubblici  infedeli. Del resto, siamo il paese dei tre condoni edilizi, una  vergogna sconosciuta negli altri paesi.
Il ripristino della legalità. 
È del tutto evidente che  per essere efficace, le nuove norme in materia di governo del territorio  devono essere perfezionate con l’abrogazione delle normative  derogatorie. In ordine di importanza devono essere cancellati l’accordo  di programma, e cioè il grimaldello che scardina le procedure  urbanistiche ordinarie, e la strumentazione d’emergenza sperimentata in  questi anni dai «galantuomini» della Protezione civile, i «piani casa»,  le zone a burocrazia zero, le compensazioni urbanistiche e quelle  ambientali. Scorciatoie che servono soltanto a nascondere il saccheggio.  
 
E in tema di legalità un discorso particolare merita l’esigenza di  bonificare i troppi siti inquinati esistenti sul territorio nazionale. È  un problema che investe sia il Nord, che riutilizza i suoli  precedentemente produttivi senza le necessarie bonifiche (come ad  esempio a Santa Giulia a Milano), sia il Meridione, in cui il circuito  dei rifiuti gestito dalla malavita organizzata ha riversato sul  territorio ogni tipo di veleno. Un paese civile non può continuare ad  abbandonare intere popolazioni al rischio di morbilità o di malattie  ereditarie. Ripristinare la legalità serve alla salute di un paese  smarrito.
Fonte: MicroMega, 26/10/2011
(by Nicola)
 
Commenti
Posta un commento