La pensiamo come una questione tecnica, astratta,riservata a esperti neutrali. E invece il modo in cui produciamo e usiamo l’energia racconta non solo il nostro modo di essere, ma anche il livello di democrazia della nostra società. Una società “ingiusta, autoritaria, con tre miliardi di persone che non accedono a riscaldamento e cottura dei cibi, bollette altissime, prevalenza di fonti fossili che riscaldano il mondo, provocando nuove diseguaglianze”, come spiega il professore Livio De Santoli, prorettore per la sostenibilità della Sapienza di Roma e presidente del Coordinamento delle associazioni che si occupano di rinnovabili (Free). Nel suo nuovo libro Energia per la gente. Il futuro di un bene comune, appena uscito per Castelvecchi, descrive il possibile (e obbligato) passaggio verso un’energia democratica e comunitaria, basata su acqua, sole, vento e capace di azzerare la povertà energetica,restituendo alle persone la loro libertà. Proprio come fece, in altri modi, la straordinaria musica degli anni Settanta. Come descriverebbe, in termini di giustizia e democrazia, il modello energetico basato su fonti fossili?Autoritario, centralistico, proprietario. Ad alto immobilizzo di capitali per gli investimenti necessari, ma a bassa intensità di ricchezza distribuita. In contrapposizione con le esigenze e il rispetto del territorio e dell’ambiente. Un modello inquinante, predatorio, squilibrato. Al contrario, la transizione che stiamo vivendo verso un modello energetico definito dalle fonti rinnovabili e dalla eliminazione delle fonti fossili può condurci verso una profonda modificazione della società, una società più giusta e più libera. Più si è predisposti a scambiare energia e interazioni più si alimenta la propria crescita e la propria libertà. Nessun uomo è un’isola e il modello energetico questo lo spiega bene. Come passare da un modello all’altro?Ci sono un paio di pilastri sui quali costruire questa rivoluzione. Il primo è quello dell’uso delle fonti rinnovabili ed il secondo è la realizzazione di comunità dell’energia,il luogo dove si individuano obiettivi comuni e che permette un impegno individuale con una responsabilità sociale. In pratica, grazie alle comunità l’individuo non è solo consumatore, ma si impegna a produrre energia oltre che a consumare, un esercizio di condivisione e collaborazione che attiva in ognuno il senso di partecipazioni attiva e non semplicemente passiva. Lei parla di paura energetica. Cos’è e come si può sconfiggere?La paura energetica è quella che si riferisce alle preoccupazioni climatiche, alle migrazioni di milioni di persone da zone che non permettono più condizioni accettabili di vita, alla povertà energetica. Sono aspetti crescenti ai quali trovare urgentemente una soluzione. Con l’avvento delle fonti rinnovabili ci possiamo riferire ad una energia comune, condivisa, gratuita, pulita che eliminerà anche gran parte delle nostre paure attuali, come l’incertezza pervadente, un aspetto assolutamente insostenibile della vita. Come definire la povertà energetica?Si misura con la disparità tra individui: i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più p veri. Oggi una persona su sette non ha accesso all’elettricità e 3 miliardi di persone non hanno accesso a riscaldamento e cottura dei cibi. Ma anche in Italia 2,2 milioni di famiglie sono in povertà energetica. La povertà energetica è povertà assoluta in quanto ci si priva delle condizioni minime per una vita dignitosa. Dovrebbe essere contrastata per un principio costituzionale ineludibile ed invece assistiamo ad un suo progressivo aumento. Il degrado sociale sta aumentando ed è strettamente legato al degrado ambientale, come dice Papa Francesco. Realizzare uno sviluppo sostenibile significa assicurare energia pulita per tutti; in questo senso, soddisfacendo alle necessità di base, tutti potranno sentirsi liberi. Quali misure aiuterebbero a contrastare la povertà energetica?Nel libro vengono esaminate misure di contrasto alla povertà energetica, che non devono a mio avviso fare riferimento semplicemente a forme di sussidio più o meno emergenziale, ma devono riguardare sistemi strutturati, come ad esempio l’utilizzo di una imposta di scopo. Un tributo corrisponde a logiche contributive volte al finanziamento di opere pubbliche: il contrasto alla povertà energetica deve essere considerata alla stessa stregua di una opera pubblica. E poi, come diceva prima, il passaggio alle comunità energetiche. Sì, con la loro progressiva penetrazione si passerebbe dal monopolio alla democrazia,dalla centralizzazione alla distribuzione, dallo spreco di risorse alla loro valorizzazione. Ma anche dalla proprietà al bene comune, che protegge e preserva le future generazioni e che permette la ridistribuzione della ricchezza anziché la sua concentrazione in poche mani. È una vera rivoluzione che si farà nel giro di un paio di decenni. Nel libro sostiene l’importanza di una educazione all’energia. Perché?Anche il modello formativo delle nostre scuole e delle nostre università dopo quasi cento anni è chiamato a rinnovarsi profondamente. Un modello energetico caratterizzato da abbondanza gratuita di sole, acqua, capaci di generare energia per tutti, erode pilastri dei metodi attuali di insegnamento: la separazione tra le discipline,la iper-specializzazione, la mancanza di visione unitaria. L’attenzione alla sostenibilità e all’energia potrebbe fornire una prospettiva diversa, quella di uno studente partecipante attivo della propria educazione e quella di un insegnante partecipante attivo del proprio apprendimento, in uno scambio integrato delle reciproche funzioni. Si parla sempre più di idrogeno, di cui lei è un grande esperto: in che misura può rappresentare una fonte energetica democratica, che contrasti la povertà energetica e favorisca la giustizia sociale?L’idrogeno è l’elemento più diffuso dell’universo ed è anche quello più leggero,impalpabile. È un elemento naturale e non contiene carbonio; può immagazzinare energia che può essere utilizzata in un secondo momento. Con un diffuso utilizzo dell’idrogeno si completerebbe il percorso della decarbonizzazione, che vedrà il definitivo superamento della fonte fossile a quote via via decrescenti di carbonio: dalla legna al carbone, al petrolio, al gas. L’idrogeno può essere considerato il simbolo di questo processo, il primo elemento della tabella periodica. E in conclusione, cosa c’entra il rock progressive con l’energia?I musicisti a cavallo degli anni ‘70 godevano di una libertà assoluta che ha permesso una produzione musicale sconfinata di grande ed inarrivabile qualità. La musica descrive la società, è da questa prodotta, ed è segno dell’insoddisfazione del presente ma allo stesso tempo influisce sulla società, perché propone la protesta necessaria per il suo cambiamento. Proprio quello che stiamo vivendo oggi nel settore dell’energia. Lo dico molte volte nel libro, cambiare il modello energetico significa cambiare la società.
Fonte: il fatto quotidiano
(by nicola)
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