Da 'Libera' Molise riceviamo e pubblichiamo
Mentre il ministro del lavoro e del Welfare Giuliano Poletti
definisce «uno strumento universale» la legge contro la povertà che
esclude sette poveri assoluti su dieci che sarà approvata oggi dal
Senato, in un question time alla Camera ieri il ministro per gli affari regionali Enrico Costa ha confermato il taglio
di 211 milioni di euro al fondo delle politiche sociali (ridotto da 311
a 99 milioni) e di 50 milioni a quello sulle non autosufficienze (450
da 500). In questo modo il governo colpirà gli asili nido, le famiglie
in difficoltà, i centri antiviolenza, l’assistenza domiciliare e il
sostegno a disabili e anziani.
La decisione è stata presa dalle regioni e dal ministero dell’Economia ed è stata confermata nei giorni scorsi dal sottosegretario al lavoro Luigi Bobba in risposta a un’interrogazione di Donata Lenzi (Pd). «Un atto gravissimo» avevano denunciato il forum del terzo settore, la Federazione italiana superamento handicap (Fish) e la federazione delle associazioni nazionali sulla disabilità (Fand). «È la definitiva cancellazione del disagio sociale dall’agenda politica – attacca Gianmario Gazzi, presidente del consiglio nazionale degli assistenti sociali – Una mossa inqualificabile, tutta monetaria e frutto delle alchimie di bilancio. Un ultimo pessimo regalo fatto proprio l’8 marzo nella festa delle donne. Saranno proprio le donne a pagare il prezzo più alto di una crisi economica che porta per loro disoccupazione e precariato. Sulle loro spalle si scaricherà il ruolo di supplenza delle istituzioni in termini di welfare familiare reso più gravoso dall’assenza di una rete di servizi».
«Un teatrino ridicolo e vile». Così i deputati del movimento 5 Stelle hanno definito la condotta omissiva e imbarazzata degli esponenti del governo incalzati nelle ultime due settimane dalle associazioni, a se guito dell’intesa Stato-regioni che ha stabilito il taglio. «Solo la scorsa settimana – sostiene M5S – Bobba si era detto assolutamente contrario ai tagli. Il Mef però li ha approvati. Ed è partito lo scaricabarile. Il governo non ha niente da dire anche sul taglio da 422 milioni al fondo sanitario nazionale». «Non c’è che dire, un gran regalo per l’8 marzo – sostiene Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana – e per chi è costretto al lavoro di cura familiare o ha bisogno di conciliare il lavoro con la famiglia. Le statistiche sul disastro sociale del paese evidentemente non le leggono».
Costa ha provato a giustificare una situazione imbarazzante per il governo nel giorno dello sciopero delle donne e a poche ore dall’approvazione del poco più che simbolico provvedimento contro la povertà. «Il fondo per le non autosufficienze per il 2017 è comunque superiore alle risorse stanziate nel 2016, malgrado la riduzione di 50 milioni». Una posizione che non giustifica la marcia indietro su un fondo che era stato incrementato con 50 milioni dalla legge di stabilità e di altrettanti dal decreto legge di fine anno sul Mezzogiorno.
Il taglio al fondo sociale è drammatico. L’accanimento dei vari governi dal 2004 a oggi è evidente. Tredici anni fa il finanziamento ammontava a 1.884 miliardi di euro. Nel 2012 era stato tagliato al punto da arrivare a 43,7 milioni per poi risalire nel 2013 a 344 milioni. Nel 2015 lo si è reso «strutturale» con una dotazione annua di 300 milioni. Oggi, nel pieno di una crisi più dura di sempre, è stato di nuovo tagliato a 99 milioni, il 5% rispetto al fondo disponibile nel 2004.
La decisione è stata presa dalle regioni e dal ministero dell’Economia ed è stata confermata nei giorni scorsi dal sottosegretario al lavoro Luigi Bobba in risposta a un’interrogazione di Donata Lenzi (Pd). «Un atto gravissimo» avevano denunciato il forum del terzo settore, la Federazione italiana superamento handicap (Fish) e la federazione delle associazioni nazionali sulla disabilità (Fand). «È la definitiva cancellazione del disagio sociale dall’agenda politica – attacca Gianmario Gazzi, presidente del consiglio nazionale degli assistenti sociali – Una mossa inqualificabile, tutta monetaria e frutto delle alchimie di bilancio. Un ultimo pessimo regalo fatto proprio l’8 marzo nella festa delle donne. Saranno proprio le donne a pagare il prezzo più alto di una crisi economica che porta per loro disoccupazione e precariato. Sulle loro spalle si scaricherà il ruolo di supplenza delle istituzioni in termini di welfare familiare reso più gravoso dall’assenza di una rete di servizi».
«Un teatrino ridicolo e vile». Così i deputati del movimento 5 Stelle hanno definito la condotta omissiva e imbarazzata degli esponenti del governo incalzati nelle ultime due settimane dalle associazioni, a se guito dell’intesa Stato-regioni che ha stabilito il taglio. «Solo la scorsa settimana – sostiene M5S – Bobba si era detto assolutamente contrario ai tagli. Il Mef però li ha approvati. Ed è partito lo scaricabarile. Il governo non ha niente da dire anche sul taglio da 422 milioni al fondo sanitario nazionale». «Non c’è che dire, un gran regalo per l’8 marzo – sostiene Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana – e per chi è costretto al lavoro di cura familiare o ha bisogno di conciliare il lavoro con la famiglia. Le statistiche sul disastro sociale del paese evidentemente non le leggono».
Costa ha provato a giustificare una situazione imbarazzante per il governo nel giorno dello sciopero delle donne e a poche ore dall’approvazione del poco più che simbolico provvedimento contro la povertà. «Il fondo per le non autosufficienze per il 2017 è comunque superiore alle risorse stanziate nel 2016, malgrado la riduzione di 50 milioni». Una posizione che non giustifica la marcia indietro su un fondo che era stato incrementato con 50 milioni dalla legge di stabilità e di altrettanti dal decreto legge di fine anno sul Mezzogiorno.
Il taglio al fondo sociale è drammatico. L’accanimento dei vari governi dal 2004 a oggi è evidente. Tredici anni fa il finanziamento ammontava a 1.884 miliardi di euro. Nel 2012 era stato tagliato al punto da arrivare a 43,7 milioni per poi risalire nel 2013 a 344 milioni. Nel 2015 lo si è reso «strutturale» con una dotazione annua di 300 milioni. Oggi, nel pieno di una crisi più dura di sempre, è stato di nuovo tagliato a 99 milioni, il 5% rispetto al fondo disponibile nel 2004.
Roberto Ciccarelli
(by Nicola)
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