Attuazione della Costituzione economica
Elenco delle priorità
Elenco delle priorità
La globalizzazione dei capitali, e la conseguente globalizzazione della povertà, insieme con la “gabbia” costituita dalle prescrizioni che ci vengono imposte dalla BCE, dalla Commissione (sempre più prona a tutelare gli interessi della Germania e a essere estremamente rigida nei nostri confronti) e dal Fondo monetario internazionale (espressione di enormi capitali “privati” di carattere mondiale), ci impongono di adottare in un primo momento “provvedimenti urgenti”, per arginare la crisi in atto che ogni giorno fa perdere colpi alla nostra economia nazionale, e poi “provvedimenti a carattere definitivo”, necessari per risolvere il problema nella sua interezza (mediante revisione dei Trattati europei, valutazione dell’uscita dall’euro, possibile costituzione di un “euromed” tra i Paesi di economie simili che si affacciano sul mediterraneo, ecc.).
E’ indubbio, comunque, che allo stato delle cose, l’adozione di provvedimenti urgenti può essere frutto solo di un’azione diretta dei cittadini e delle cittadine effettuata sulla base dei poteri di “partecipazione” che ad essi assegna la vigente Costituzione repubblicana. Basti pensare che lo sfacelo economico nel quale ci troviamo è dovuto proprio a leggi che ci hanno propinato i “nostri rappresentanti politici” a partire dagli inizi degli anni novanta fino ad ora. Leggi che hanno tradito il popolo italiano per favorire gli interessi della grande finanza e delle multinazionali, come del resto suggerisce il pensiero neoliberista dominante.
Conviene allora ricordare che la “partecipazione popolare” può svolgersi, sia sul “piano legislativo” (proposta di legge popolare e referendum, artt. 72 e 75 Cost.); sia sul “piano amministrativo”, utilizzando quanto dispone l’ultimo comma dell’art. 118 della Costituzione (a proposito dello svolgimento di attività di carattere generale da parte di cittadini singoli o associati secondo il principio di sussidiarietà) e la specifica disposizione di cui agli articoli 9 e 10 della legge n. 241 del 1990, secondo la quale “i portatori di interessi diffusi” devono essere ascoltati dal “responsabile del procedimento” concernente interessi generali e possono estrarre copia dei provvedimenti a tali interessi inerenti; e sia sul “piano giudiziario”, con l’esercizio dell’azione popolare, ai sensi del citato art. 118 Cost., ultimo comma.
E si deve sottolineare che fondamentale, a proposito della “partecipazione popolare”, è la recente sentenza della Corte costituzionale n. 275 del 2016, la quale ha sancito la prevalenza giuridica della tutela dei “diritti fondamentali" sul “pareggio di bilancio”, improvvidamente introdotto in Costituzione
dal governo Monti. E che altrettanto fondamentale è il richiamo alla teoria cosiddetta dei “contro limiti”, in base alla quale la Corte costituzionale si è sempre dichiarata competente a “vietare” l’ingresso nell’ordinamento giuridico italiano di norme europee lesive di diritti fondamentali. Due orientamenti giurisprudenziali, dunque, indispensabili per l’attuazione piena dei principi fondamentali della nostra Costituzione repubblicana.
Tutto ciò premesso, le materie sulle quali intervenire urgentemente nei termini appena descritti dovrebbero essere le seguenti.
Primo punto
Vietare le “privatizzazioni di beni e servizi pubblici essenziali”, le cosiddette “delocalizzazioni” e le “svendite”.
Questi divieti si possono far valere, sia, ove ancora possibile, sul piano amministrativo, altrimenti, sul piano giudiziario, impugnando gli atti o i comportamenti della P.A. che operano questi trasferimenti di ricchezza da tutti i cittadini a singole persone fisiche o giuridiche. Si deve ricordare, infatti, che, mentre l’art. 41 Cost. afferma che “l’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”, l’art. 42 della Cost. prevede che “la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge (cioè dalla volontà suprema del Popolo) ... “allo scopo di assicurarne la funzione sociale”, e, infine, che l’art. 43 Cost. sancisce che “a fini di utilità sociale”, “determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fronti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale”, dovrebbero essere riservate “allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti”. Basti pensare che le “privatizzazioni”, le “delocalizzazioni” e le “svendite” pongono in primo piano l’interesse privato, e di conseguenza svuotano completamente di significato le sopra ricordate disposizioni costituzionali, tutte rivolte a tutelare primieramente l’interesse pubblico. Ed è da sottolineare che il disprezzo maggiore per l’interesse pubblico è avvenuto con la “privatizzazione” dei demani idrico, marittimo, minerario e culturale, di cui al decreto legislativo n. 85 del 2010 (il cosiddetto “federalismo demaniale”), in base al quale si stanno svendendo isole, montagne, tratti di costa, i fari, gli immobili dello Stato (e cioè dei cittadini) di interesse artistico e storico e così via dicendo. E si tenga presente a questo proposito che la “privatizzazione” spezza il legame tra bene (industria) e territorio, per cui il bene può circolare nel mondo come circola il suo titolare, producendo disoccupazione e miseria.
Secondo punto
Altro capitolo strettamente legato a quanto si è appena detto è quello che attiene alla necessità del passaggio alla proprietà pubblica comunale dei “beni e dei terreni abbandonati”. Lo consente il citato art. 42 della Costituzione, il quale afferma, come si è appena visto, che “la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge …. allo scopo di assicurarne la funzione sociale”, afferma cioè, senza ombra di dubbio, che “l’inadempimento della funzione sociale”, e a maggior ragione il perseguimento di fini antisociali (come è il licenziamento dei lavoratori) fa “venir meno” la tutela giuridica, e cioè la tutela e la garanzia del diritto di proprietà privata. Questa disposizione costituzionale, come è ovvio, contraddice il principio dell’imprescrittibilità dell’azione di rivendica della proprietà privata disposta dal codice civile, ma nessuno può porre in dubbio che quest’ultimo principio, risalente al 1942, quando l’ordinamento giuridico italiano era dominato dallo Statuto albertino, deve ritenersi tacitamente abrogato proprio dalla citata disposizione dell’art. 42 Cost. Ora l’Italia è piena di industrie e capannoni abbandonati ed è mai possibile pensare che il popolo italiano deve portarsi sulle spalle queste rovine in ossequio di una disposizione di legge ordinaria superata da una precisa disposizione della vigente Costituzione? Questo recupero alla “proprietà pubblica” è in corso di attuazione da parte di due benemeriti Comuni, il Comune di Napoli e il Comune di S. Giorgio di Pesaro, mentre un folto gruppo di volontari e volontarie sta lottando per attuare la medesima cosa nel Comune di Ciampino.
Terzo punto
Assolutamente importante è la “nazionalizzazione” delle banche e delle industrie che vengono salvate con danaro pubblico.
La storia dell’economia italiana dal 1990 in poi è una storia di “fallimenti” privati e di “salvataggi pubblici”: appare chiaro a chiunque che è urgente e indispensabile che i beni, sui quali, come dice Carl Schmitt, anche se privati, insiste sempre una “super-proprietà del popolo”, una volta che siano finiti in malora e salvati con il danaro del popolo, ritornino (si ricordi che la proprietà privata deriva da cessioni volute dal Popolo di parti della proprietà collettiva) nella proprietà di quest’ultimo per essere adibiti a fini di utilità sociale. Va da sé, poi, che occorre prevedere sanzioni severissime per i dipendenti e amministratori pubblici che violino i loro doveri. Una colpa imperdonabile pesa oggi su coloro che con il loro comportamento scorretto nell’esercizio di pubbliche funzioni e di pubblici servizi, hanno dato man forte al neoliberismo oggi imperante, agevolando la diffusione dell’idea secondo la quale “il privato” sarebbe meglio “del pubblico”, mentre si tratta di una pura “menzogna”, poiché affidare beni e servizi pubblici a privati, vuol dire che questi ultimi sono legittimati per legge a perseguire i loro personali interessi (hanno diritto al profitto), mentre, se fossero dipendenti pubblici l’obiettivo della loro azione dovrebbe essere soltanto il perseguimento di “interessi pubblici”, con la conseguenza di essere sottoposti a ben altre disposizioni di carattere civile, amministrativo, contabile e penale.
Va ricordato in questo quadro la urgente necessità di istituire una “banca pubblica”, che, sulle orme della KFW tedesca, aiuti le imprese in difficoltà sottraendole alla morte certa verso cui le sospinge la politica di austerity imposta all’Italia. Sarebbe sufficiente, a tal fine, trasformare la
Cassa Depositi e Prestiti, da “Tesoreria del Governo”, in una banca commerciale. Mentre, d’altro canto, si dovrebbe immediatamente provvedere, quanto meno, a separare le banche commerciali dalle banche d’investimento.
Quarto punto
Difendersi dalle attività degli “speculatori finanziari”, i quali, come è noto, sono in grado di agire fittiziamente sullo spread tra i titoli del Tesoro tedeschi e quelli italiani, con valutazioni del tutto arbitrarie, che incidono peraltro pesantemente sulla tutela dei diritti fondamentali del Popolo Italiano.
A tal riguardo, è estremamente importante restringere il campo di applicabilità delle “vendite allo scoperto” nelle transazioni finanziarie, e vietare l’istituto dell’anatocismo bancario. E’ evidente poi che si dovrebbe provvedere con urgenza ad una “revisione” del nostro debito pubblico, per depurarlo dagli effetti delle speculazioni finanziarie indotte dalle Agenzie di rating, le quali, come si è visto, agiscono per lo più in modo arbitrario manipolando l’uso dei dati economici effettivi.
Quinto punto
L’istituzione di un “Difensore del Popolo”, organo formato da volontari e volontarie con preparazione in materie giuridiche ed economiche, che siano democraticamente eletti/e e che abbiano come fine essenziale quello di segnalare all’opinione pubblica l’emanazione di leggi incostituzionali e di aiutare anche le Associazioni e i Comitati ad agire sul piano giudiziario con “azioni popolari” dirette a portare dette leggi all’esame della Corte costituzionale.
Paolo Maddalena
(by Nicola)
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