sabato 15 gennaio 2022

ROMA CAPITALE DEVE PUNTARE SUL COMPOSTAGGIO AEROBICO E NON SUI BIO-DIGESTORI ANAEROBICI


10 anni fa con la chiusura della discarica di Malagrotta si è giustamente messo fine a una situazione insostenibile per Roma e provincia. Da allora, però, non si è fatto quasi nulla per avviare una gestione dei rifiuti urbani in linea con le normative di economia circolare. La raccolta differenziata è ferma a circa il 40%, con forte presenza di contaminazione da “frazioni estranee” sia nei materiali inorganici che in quelli organici e la capitale non è autosufficiente né sul trattamento dei rifiuti indifferenziati né di quelli differenziati.

Paradossalmente, questa quasi totale “assenza impiantistica” potrebbe favorire una svolta radicale per Roma se la giunta attuale decidesse con convinzione di investire risorse sulla filiera impiantistica per il riutilizzo, il riciclo e il “recupero di materia” con impianti diffusi di piccola e media taglia.

Questo processo richiede l’attuazione del “decentramento” di nuovi poteri ai Municipi (veri e propri “Comuni Urbani”), il rinnovamento della struttura di AMA e una rete di confronto paritetico tra l’amministrazione e i cittadini (sul modello degli Osservatori Rifiuti Zero).

Il ciclo dei rifiuti nell’economia circolare prevede la riprogettazione di beni e prodotti, la prevenzione/riduzione dei rifiuti, la preparazione al riutilizzo e il riciclaggio dei materiali differenziati. Queste ultime due fasi sono incluse nel concetto di “recupero di materia”, che prescinde quindi da quelle definite come “altre forme di recupero” come il recupero di energia che rientra nella fase di smaltimento. La “circolarità” è data dalla conservazione della materia e del suo contenuto energetico. Sono fuori da questo processo sia l’utilizzazione della materia come combustibile da incenerire che l’estrazione di combustibili liquidi o gassosi con conseguente distruzione della materia al pari dei processi di smaltimento finale.

La questione dell’“umido” o FORSU (Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano).

Si tratta della maggiore componente percentuale dei rifiuti urbani prodotti. Esistono due filiere impiantistiche deputate al trattamento di questo tipo di rifiuto, il trattamento aerobico e quello anaerobico (tenendo conto che il 50% in peso della frazione organica è costituito dall'acqua che è trattenuta nella massa).

Il trattamento aerobico produce circa il 35% di compost di alta qualità riutilizzabile come ammendante per usi agronomici e florovivaistici rientrando a pieno nelle attività di recupero di materia previste nell’attuazione dell’economia circolare e contribuendo al ritorno al suolo di parte del carbonio prelevato con la produzione agricola.

Il trattamento anaerobico – tramite bio-digestori – punta alla produzione del biogas ed alla sua successiva combustione per il recupero di energia, dunque non è compreso nel riciclo e nell’economia circolare. Questo trattamento produce biogas (ca. il 50 %), e una fanghiglia semiliquida detta "digestato", di cui la parte "solida" viene sottoposto a compostaggio aerobico per produrre un "compost di pessima qualità" per appena il 13%; il restante 87% viene smaltito attraverso lo spargimento su campi.

Questo digestato, come già rilevato in Veneto e in Friuli, comporta una forma di inquinamento grave dei terreni e delle acque superficiali a causa dei composti ammoniacali presenti e dei metalli pesanti concentrati nel processo di trattamento di grandi quantità di frazione organica inquinata anche se differenziata. Illuminante in tal senso l’inchiesta condotta da Fanpage.it sul digestato prodotto dall’azienda SESA di Padova - https://www.fanpage.it/attualita/sesa-la-guarda-di-finanza-indaga-e-i-sindaci-della-bassa-padovana-si-ribellano-al-compost/ - in cui vengono tuttora conferiti i rifiuti organici di Roma e su quanto succede nei campi circostanti il megaimpianto della BIOMAN di Pordenone.

Per questo motivo affermiamo che ROMA CAPITALE DEVE PUNTARE SUL COMPOSTAGGIO AEROBICO E NON SUI BIO-DIGESTORI ANAEROBICI.

Inoltre, la gestione dei rifiuti, per essere efficiente ed efficace ai fini della riduzione delle emissioni in atmosfera, deve rispondere al principio di “prossimità” o di “autosufficienza territoriale” che prevede che il rifiuto debba essere trattato in impianti ubicati vicino ai luoghi di produzione dei rifiuti stessi. Questi impianti devono essere compatibili con la salute pubblica ed essere di piccola o media dimensione, rapportati comunque alle quantità di rifiuti prodotti nei luoghi di produzione “prossimi”.

Questo è solo un accenno alla questione che abbiamo trattato approfonditamente e relazionato nel seguente documento che invitiamo tutti a leggere attentamente: https://www.leggerifiutizero.org/.../per-roma-capitale.../

Il documento è stato realizzato dal Movimento Legge Rifiuti Zero per l'Economia Circolare insieme al comitato DeLiberiamo Roma #mirifiuto, ISDE - Associazione Medici per l'Ambiente, Associazione Italiana Composta

 

(by nicola)

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