mercoledì 29 novembre 2017

Leucemia e smog. L'ematologo Visani: "Nanoparticelle di metalli pesanti nei malati"



Pesaro, 22 dicembre 2016 - Smog, fumi industriali da combustione ad alte temperature che prevede, nella produzione, impiego massiccio di silicio sono fonti di inquinamento da nanoparticelle. Per capire che vivere in ambienti del genere possa essere insalubre basta il buon senso, ma fino a quanto l’inquinamento da nanoparticelle possa avere un ruolo nella malattia l’ha scoperto un team interdisciplinare composto da medici, biologi, farmacisti, bioingegneri e ambientalisti coordinato dall’ematologo Giuseppe Visani, direttore del Centro trapianti Midollo Osseo dell’Ospedale San Salvatore di Pesaro e dall’ingegnere biomedico Antonietta Morena Gatti del laboratorio Nanodiagnostics di Modena.
Lo studio che prende in esame un campione di venti persone, tutte affette da leucemia acuta mieloide e venti persone sane, ha dimostrato che nel sangue delle persone leucemiche la presenza di nanoparticelle in forma di metalli pesanti è significativamente più elevato. Di quanto? «Facciamo un esempio. Davanti ad una nanoparticella di acciaio presente nel sangue di un organismo sano – spiega Gatti – quelle rinvenute nel corpo di un soggetto, affetto dal particolare tipo di leucemia osservata, è risultata anche cento volte maggiore».
Quindi? «La nostra scoperta – spiega Visani – non dice che l’inquinamento da metalli pesanti sia la causa della leucemia mieloide acuta. Dimostra, invece, che tutti i pazienti affetti dalla malattia sono stati esposti a contaminazione ambientale. Ed è la prima volta, in assoluto, che si scopre una compromissione ambientale sotto forma di nanoparticelle presenti nel sangue di pazienti affetti da leucemia acuta mieloide». La ricerca, fatta con il contributo del Dipartimento di Scienze biomolecolari dell’Università di Urbino, dell’Azienda ospedaliera Marche Nord, dell’Agenzia per la protezione ambientale delle Marche, con il sostegno dell’Ail Pesaro è stata pubblicata dalla rivista internazionale Leukemia Research.
Ma perché proprio la leucemia acuta mieloide? «Per ristringere il campo di analisi – osserva Visani –, ma anche perché si tratta di una forma frequente in Italia che colpisce a tutte le età. Ogni anno ci sono almeno 3000 nuovi casi». Qual è il significato di questa scoperta, è presto detto. «Lo studio ha messo in luce una nuova tecnica diagnostica che prende in considerazione l’ambiente esterno quale fattore capace di incidere sulla malattia. In particolare grazie a tecniche di microscopia elettronica estremamente sensibili quelle indebite presenze possono essere identificate nel corpo umano (sangue e midollo osseo) e così dimostrare l’esposizione a contaminazioni ambientali». Infatti il corpo umano non può produrre particelle del genere: può solo averle assunte dall’esterno. Inoltre, il team di ricercatori ha verificato che il corpo, non riconoscendo come proprie le nanoparticelle di metalli pesanti, reagisce attivando il sistema di difesa. «Gli studi evidenziano – conclude Visani – che le le particelle identificate vengono ricoperte da una specie di “anello di Saturno proteico” (protein-corona), cioè composto da proteine del sangue le quali, denaturandosi, attivano il sistema immunitario».
Alla scoperta Visani e Gatti sono arrivati agendo in sinergia con il team di specialisti e scienziati del Dipartimento di Scienze Biomolecolare dell’Università di Urbino (Uniurb (Gobbi, Manti, Valenti, Papa Rocchi, Canonico); di Nanodiagnostics di Modena (Montanari, Capitani, Nitu); di Aormn e Ail Pesaro (Lo Scocco, Isidori, Gabucci); di Arpam (Ammazzalorso, Benini e Pizzagalli). «E’ il contatto profondo con questi materiali non biocompatibili e a volte chimicamente tossici – osserva Pietro Gobbi, professore dell’Università di Urbino – il fattore di rischio che potrebbe contribuire al processo della malattia». Ma per definire questo serviranno ulteriori studi. Sui possibili effetti sociali sono Gatti e Visani a rispondere: «Le nanoparticelle sono nel pulviscolo ambientale che respiriamo o che ingeriamo con cibi contaminati. I dati dell’Organizzazione mondiale della sanità registrano l’inquinamento da particelle fini, pari a Pm 2.5, presenti ovunque. La Pianura Padana è particolarmente interessata dal fenomeno. Quindi è una scoperta che coinvolge tutti e sprona la ricerca verso una maggiore considerazione dei fattori di rischio ambientale sia nella diagnosi delle malattie e che nella prevenzione».

Fonte: Il Resto del Carlino

(by Nicola)

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