sabato 23 luglio 2011

L'ISOLA (IN)FELICE

E' stato arrestato Felice Ferrazzo (qui sopra in una foto d'epoca), 56 anni, ex capo clan della 'Ndrangheta, dal 2000 collaboratore di giustizia. E' lui l'affittuario di fatto del garage di via Mazzini di proprietà di una anziana donna di Termoli nel quale è stata ritrovata la Daewoo Lanos imbottita di armi. Una cinquantina di "pezzi" tra kalashnikov, mitra, fucili a pompa da guerra, pistole, silenziatori, munizioni specifiche per le armi trovate, passamontagna e giubbotti antiproiettile. Nell'auto trovata anche della cocaina. L'arrestato è stato rinchiuso nel carcere di Larino. Il contratto di fitto risulta intestato ad un cittadino termolese, ma ad avere la piena disponibilità del garage, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, era proprio l'ex capoclan. Ferrazzo guidava l'omonimo clan attivo in provincia di Crotone, in particolare a Mesoraca. Un clan che aveva come principale attività, secondo quanto emerso nel corso delle indagini, proprio il traffico di armi. In particolare armi da guerra che provenivano dall'est europeo e venivano immesse sul mercato illegale italiano per rifornire clan e gruppi malavitosi. Ferrazzo risiedeva in basso Molise, proprio come il figlio Eugenio, 33 anni, arrestato appena poche settimane fa, il 25 maggio scorso, con l'accusa di gestire a San Salvo una vera e propria raffineria di cocaina. Nella quale gli investigatori trovarono 2 chili e mezzo di coca e cinque pistole perfettamente funzionanti e con il numero di matricola abraso. Con Eugenio Ferrazzo, residente con la famiglia a Campomarino, furono arrestate altre tre persone, tra cui la moglie. Secondo gli inquirenti potrebbero esserci dei legami tra i due fatti, cioè l'attività criminale di Eugenio Ferrazzo e il ritrovamento delle armi in un garage che era nella disponibilità del padre. Si tratta di capire a cosa dovevano servire queste armi. Probabilmente Felice Ferrazzo, che, collaborando con la giustizia, aveva evitato il carcere, si era rimesso in affari con la malavita, tornando a fare quello che aveva fatto quando guidava il suo clan, cioè il trafficante di armi. Probabilmente il garage di Termoli era una specie di "bazar" delle armi, un deposito dal quale venivano prelevate per essere vendute a chi le richiedeva. Più difficile ipotizzare che il garage di via Mazzini potesse essere una base logistica per qualche gruppo criminale. Termoli è troppo lontana dalle zone di influenza della malavita organizzata dove i clan effettuano le loro azioni "militari". Anche se di recente, nella zona tra Abruzzo, Molise e provincia di Foggia si sono registrate diverse rapine. Ci sono anche gli interrogativi sulle modalità attraverso le quali si è arrivati alla scoperta dell'arsenale. Un piccolo foro di forma rettangolare  nella saracinesca ha destato il sospetto di un condomino che ha avvertito il capocondomino il quale ha sua volta ha allertato la Polizia. Un buco fatto di recente, sicuramente dopo sabato. Chi lo ha fatto e perché? Non certo Ferrazzo, che poteva entrare ed uscire dal garage liberamente. Forse qualcuno che, per vendicarsi, ha usato la fiamma ossidrica per far nascere il sospetto e fare in modo che il deposito di armi venisse scoperto. Ferrazzo è una figura di spicco della criminalità organizzata crotonese. E' stato condannato dalla Corte d’assise d’appello di Catanzaro a nove anni e mezzo per due omicidi. Finito in carcere, avrebbe continuato a guidare il suo clan che però, dopo la metà degli anni '90, si è diviso in due tronconi. Uno dei suoi collaboratori, Mario Donato Ferrazzo, si è messo in proprio entrando in concorrenza con il clan guidato da Felice Ferrazzo. Quest'ultimo è finito in manette nell'ottobre del 2000 nell'ambito di una inchiesta sul traffico d'armi dall'estero verso l'Italia. Una volta in carcere, Felice Ferrazzo decise di collaborare con la giustizia riottenendo la libertà e usufruendo dei benefici per i collaboratori. Nel dicembre scorso era stato intervistato dalla Radiotelevisione della Svizzera Italiana nell'ambito di un documentario sulla malavita organizzata calabrese. In quella occasione di sè diceva: "Io ero il capo di un gruppo di dieci persone, dice Ferrazzo. Magari dicevo, non so, dobbiamo andare là a fare una rapina e loro dicevano: va bene, andiamo. Prendevamo la decisione che quello doveva morire ed era morto. Si spara, si combatte. Quello è il tuo nemico e tu lo devi fare fuori. Se non combatti, muori". L'arresto di oggi apre tanti interrogativi sulla figura di questo personaggio. Che dovrà spiegare a cosa servivano le armi che aveva nascosto nel suo garage.

Fonte: Altromolise, 22.07.2011



Intervista a RSI LA1- Falò: http://la1.rsi.ch/falo/welcome.cfm?idg=0&ids=988&idc=41424

(by Nicola)

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