Presentato il rapporto della Caritas “La povertà a Roma – Un punto di vista – Anno 2019”.
Un quadro desolante che tende a peggiorare. È la periferia a pagare il prezzo più alto.
In sintesi il quadro della Capitale è il seguente: famiglie composte
da 4 persone ; 1700 di reddito mensile; affitto o mutuo medio intorno a
1000 euro al mese.
È la nuova tipologia di poveri (i cosiddetti “equilibristi della
povertà”) che si sta diffondendo nella città di Roma. A segnalarlo è il
rapporto di Caritas Roma “La povertà a Roma: un punto di vista – anno
2019″.
Una instabilità, che secondo il rapporto «li fa camminare
costantemente sull’orlo del precipizio della povertà vera e propria, in
cui cadono di fronte a imprevisti anche minimi».
Duecento pagine ricche di dati e info grafiche, riporta anche un
quadro generale della situazione socio-economica della Capitale e tre
ambiti di approfondimento su sovra-indebitamento delle famiglie,
l’esigibilità dei diritti e il problema casa. Non manca, poi, un report
sull’attività dei 157 centri di ascolto promossi dalle parrocchie
romane.
Nasce così una nuova tipologia di poveri che si sta diffondendo nella
città di Roma. Sono gli “equilibristi della povertà”, persone che hanno
un reddito sufficiente a pagare un affitto o anche un mutuo, ma che
riescono a malapena a pagarsi di che mangiare o a pagare le utenze.
Sopravvivono in una situazione vulnerabile che li fa camminare
costantemente sull’orlo del precipizio della povertà vera e propria, in
cui cadono di fronte a imprevisti anche minimi.
“Sono persone – si legge nell’introduzione del direttore della
Caritas, don Benoni Ambarus – che vivono sul piano inclinato del disagio
senza mai riuscire a mettersi al sicuro in maniera definitiva. Sono
persone che facilmente ricorrono al sostegno di finanziarie impassibili,
entrano nel gorgo del sovra-indebitamento, ricorrono a prestiti usurai
con la speranza di riuscire a trovare una soluzione momentanea e
rassegnandosi a vivere alla giornata”. “Con tutte le conseguenze del
caso in termini di equilibrio psicologico individuale, di auto
percezione della deprivazione, di pudore e nascondimento di uno stato di
povertà cui non si è assuefatti e cui non ci si vuole assuefare”,
afferma ancora, Elisa Manna, responsabile del Centro Studi della Caritas
diocesana.
CHI SONO I NUOVI POVERI
Chi sono i poveri a Roma? E chi a rischio povertà? Anzitutto gli anziani.
A Roma l’indice di vecchiaia, che misura il numero di anziani
presenti in una popolazione ogni 100 giovani, è passato dal 163,8% del
2016 al 166,2% del 2017 e al 170,2% dello scorso anno. Anziani sempre
più dipendenti.
L’altro indice di rischio povertà è quello economico. La quota delle
persone con redditi fino a 35mila euro è pari all’80% dell’intera
popolazione, così suddivisa: 40,1% da 0 a 15mila euro e un altro 40,1%
tra 15mila e 35mila. Una situazione che si aggrava se prendiamo in
considerazione le famiglie. A Roma quelle con figli minori e con redditi
fino a 25mila euro rappresentano il 9,2% del totale. Per capire come
vivano queste famiglie basti pensare che nel caso del valore massimo
(25mila euro) una famiglia tipo monoreddito, con 2 adulti (di età
compresa tra i 18-59 anni) e 2 bambini (di età tra i 4-10 anni), ha una
disponibilità stimata netta di circa 21mila euro l’anno, cioè di circa
1.700 euro al mese per 4 persone (che nel caso di abitazione in
locazione diventano effettivamente meno di mille euro).
E LE FAMIGLIE…
L’Istat stima la soglia di povertà (per il caso tipo in esame) sotto i
1.541,25 euro mensili. Basta niente e si cade nel baratro. Ma a Roma
cresce soprattutto la “solitudine della sfera privata, per molti non più
luogo del ritrovo tra persone care ma tutt’al più di ritrovo con
l’animale domestico”. A fronte di un numero totale di famiglie pari a
1.360.158 quelle formate da una sola persona arrivano a 602.695, con
un’incidenza media del 44,3%. Era il 43,8% nel 2018. E questo, si legge
nel rapporto, ha “risvolti nelle dinamiche socio-economiche che
producono significative conseguenze nella gestione delle relazioni
personali e dell’affermazione del sé individuale a discapito del sé
sociale”.
POVERTÀ E DISPERSIONE SCOLASTICA
Ma ci sono altri preoccupanti indici di rischio A Roma il tasso di
dispersione scolastica negli ultimi 4 anni ha registrato un aumento del
+19,6%, passando da -575 studenti nel 2015/2016 a -715 nel 2018/2019.
Ben 2.442 bambini e ragazzi hanno abbandonato la scuola. C’è poi il
dramma della casa. Il numero dei nuclei familiari aventi diritto ed in
lista di attesa per un alloggio popolare, è di circa 13mila Nel 2018
sono state emesse 6.113 sentenze di sfratto (di cui l’92% per morosità),
e ne sono stati eseguiti 2.150 con l’intervento dell’Autorità pubblica.
“Il dato della morosità – denuncia la Caritas – è persistente e persino
in aumento sugli anni precedenti, ed è una segnalazione chiara che le
difficoltà a pagare un affitto, permangono ed anzi aumentano”.
IL DISAGIO DELL’AFFITTO
L’area del disagio all’affitto è estesa a oltre 30mila nuclei
familiari. Ma la risposta dell’Amministrazione Capitolina rimane solo
quella dei residence dove vivono “oltre 1.200 nuclei familiari, con
costi elevatissimi per il bilancio pubblico”. In mancanza di vere
risposte c’è poco da stupirsi se “nelle occupazioni di immobili pubblici
e non (non destinati ad abitazione: ex uffici, ex scuole e depositi
abbandonati o altro), vi sono ancora oggi circa 5.500 persone”.
Il Comune di Roma Capitale, depositario del sistema delle
assegnazioni delle case popolari, delle circa 650-700 case che all’anno
ritornano nella disponibilità pubblica (per decessi, per spostamenti,
ecc.) ne riesce ad assegnare circa 300. “Non si capisce che fine fanno
le altre”, denuncia la Caritas sottolineando come “la casa pubblica a
Roma è dunque un indicatore di un contesto di welfare che non funziona e
che crea disuguaglianza”.
I NUMERI DELLA POVERTÀ A ROMA
Le persone che si sono rivolte ai servizi della Caritas nel 2018 sono
state 19.969, in particolare alla Caritas diocesana 13.780 e ai Centri
Caritas parrocchiali 6.189. Nel 2017 erano state 15.046 i diocesani e
6.103 i parrocchiali.
“La lieve diminuzione registrata dagli utenti dei Centri Caritas
diocesani – spiega il rapporto – conferma il fatto che la povertà,
contrariamente a quanto ritenuto comunemente, prevalentemente non è una
condizione necessariamente perpetua ma, al contrario, è caratterizzata
da un carattere oscillante che fa sì che la persona vulnerabile ed
esposta ad essa si ritrovi a vivere costantemente su una frontiera che
separa i poveri dai non poveri, gli ultimi dai penultimi”. La conferma,
anche in questi dati, dei poveri “equilibristi”.
GLI “ALTRI” POVERI
Per quanto riguarda lo status degli utenti, troviamo nei centri
diocesani che gli uomini sono il 71,7%, mentre nei parrocchiali
prevalgono le donne con il 68,7%. I primi accolgono utenti più giovani
(il 28,9 % non arriva a 30 anni), nei secondi prevalgono le classi d’età
più elevate: il 46,6% appartiene alla fascia d’età 46-65 e gli ultra
65enni sono il 15,5%. Aumenta nei centri diocesani l’incidenza dei
cittadini extracomunitari e degli italiani, mentre diminuiscono i
comunitari. E così anche nei centri parrocchiali. L’extra Ue che chiede
aiuto fugge soprattutto dalla violenza o dalla guerra; è in Italia per
asilo politico nel 38% dei casi, per motivi umanitari (21%) e per
esigenze di protezione sociale (14%). L’81% si dichiara in regola, il
rimanente 19% irregolari. Sembra incredibile, ma le persone più istruite
che entrano nel circuito Caritas cercano soprattutto prodotti di prima
necessità: olio, pasta, pelati, scatolame, zucchero, caffè,
omogeneizzati, pannolini. Per quanto riguarda l’occupazione, circa i 3/4
degli utenti dichiara di avere un contratto di lavoro temporaneo. Ma si
conferma l’incidenza dei lavori a più basso capitale formativo (operai e
assimilati), dei disoccupati, dei precari. Tutto questo incide
prevedibilmente sulla disponibilità economica: i due terzi degli utenti
diocesani non possono contare su alcuna fonte di reddito; tra i
parrocchiali la situazione è diversa, quasi il 45% gode di sussidi, il
22% è pensionato, il 17,3 ha reddito da lavoro. Una differenza
sostanziale dei profili confermata anche per i rapporti personali. Tra
gli utenti parrocchiali il 59,1% vive in famiglia e solo il 10,9% da
solo. Invece il 52,1% degli utenti diocesani dichiara di vivere da solo,
con o senza dimora, e scarse relazioni con familiari e amici. “La
povertà – osserva la Caritas – dunque non è solo economica, ma anche
educativa e relazionale. È una condizione multidimensionale ed è frutto
di una combinazione di fattori personali, sociali e ambientali”.
Francesca Giarratana, 'I Fatti News'
(by nicola)
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