La sentenza –
La sentenza con cui i giudici del Tribunale di Grosseto hanno dato
ragione alle associazioni ambientaliste è arrivata dopo un anno e mezzo
di lavoro dei consulenti tecnici che, aiutati da medici in grado di valutare le patologie più frequenti nell’area dell’impianto, hanno definito “insostenibile” nella sua “attuale configurazione impiantistica e gestionale” e “da un punto di vista ambientale e/o sanitario”
la ripresa delle attività dell’impianto di Scarlino. Non solo: secondo i
consulenti del Tribunale, le immissioni degli ultimi anni avrebbero
provocato “sia rischi sanitari certi, sia rischi
sanitari probabili nel tempo”. Per questo, scrivono i giudici, “deve
dunque ritenersi che l’impianto nel suo attuale stato e nella
configurazione in cui si trova, qualora messo in funzione sia
suscettibile di produrre tutta una serie di immissioni dannose
per la salute”. Come dire: il diritto alla salute viene prima di tutto.
La sentenza viene considerata storica anche perché apre alla
possibilità che un impianto di smaltimento rifiuti possa essere bloccato o chiuso nel caso si dimostri che produca emissioni pericolose per la salute dei cittadini.
La storia dell’inceneritore – La storia dell’inceneritore di Scarlino viene da lontano, almeno dagli anni Sessanta quando nella piana a nord di Grosseto si insedia il colosso della chimica Montedison che qui produce acido solforico. Poi arriva Eni che tenta di produrre energia elettrica dell’incenerimento dei rifiuti prima di vendere l’impianto alla società privata Scarlino Energia che però da dieci anni è al centro di una lunga diatriba giudiziaria per le emissioni inquinanti e la situazione economico-finanziaria dell’impianto. La causa civile parte nel 2013, dopo i controlli di Arpat che avevano registrato emissioni sei volte superiori al limite consentito. Da quel momento le istituzioni – Provincia e Regione – concedono le autorizzazioni e bruciare i rifiuti sempre bocciate, di fronte ai ricorsi, dai giudici amministrativi. Dal 2015 l’impianto è chiuso proprio dopo l’ultima sentenza del Consiglio di Stato. Proprio dopo questa sentenza la società, che nel 2015 aveva 64 milioni di debiti e che si trova in concordato preventivo, ha annunciato il licenziamento di 36 dipendenti che si sono concretizzati lo scorso aprile. Eppure, dopo la chiusura dell’inceneritore di Case Passerini a Firenze, quello di Scarlino sarebbe dovuto diventare il nuovo centro di raccolta di rifiuti da smaltire dal centro della Toscana, con più di 300mila tonnellate annue. A fine luglio, dopo anni di sostegno degli inceneritori, anche il Pd aveva detto di volersi “opporre a qualsiasi impianto di questo tipo”.
Le reazioni – La sentenza depositata mercoledì ha provocato reazioni contrastanti. Da una parte ci sono le associazioni ambientaliste che esultano: “La sentenza conferma quanto abbiamo documentato da tempo – dice Roberto Barocci del Forum Ambientalista Grosseto – l’impianto di incenerimento di Scarlino ha funzionato fuori norma dal 2005 con i forni privi delle dimensioni imposte dalla legge per l’abbattimento delle micidiali diossine, disperse nel territorio della piana”. Anche il M5s toscano, che da sempre si batte contro gli inceneritori, chiede alla Regione di “adeguarsi definitivamente” e di “impedire qualsivoglia riapertura dell’inceneritore, fuorilegge dal 2005”. Dall’azienda invece la risposta ufficiale è del presidente Moreno Periccioli che parla di “sentenza attesa e scontata” che non avrà “conseguenze dirette sull’operatività gestionale” visto che l’impianto è chiuso da tre anni. Non solo: la Energia Scarlino spa potrebbe solo “prendere atto della sentenza” senza fare appello visto che nel dispositivo “si parla della ‘attuale configurazione impiantistica’ le cui criticità evidenziate dal Consiglio di Stato nell’ultima sentenza, sono oggetto di richieste di integrazioni e chiarimenti formulate dalla Regione Toscana nel corso dell’ultima Conferenza dei Servizi”: “Ovviamente le sentenze si rispettano, sia quando sono a favore che quando sono avverse, ma nella fattispecie non c’è nessun effetto pratico. Da mesi stiamo lavorando per superare le obiezioni tecniche e ripartire”, conclude Periccioli.
Fonte: il Fatto
(by nicola)
La storia dell’inceneritore – La storia dell’inceneritore di Scarlino viene da lontano, almeno dagli anni Sessanta quando nella piana a nord di Grosseto si insedia il colosso della chimica Montedison che qui produce acido solforico. Poi arriva Eni che tenta di produrre energia elettrica dell’incenerimento dei rifiuti prima di vendere l’impianto alla società privata Scarlino Energia che però da dieci anni è al centro di una lunga diatriba giudiziaria per le emissioni inquinanti e la situazione economico-finanziaria dell’impianto. La causa civile parte nel 2013, dopo i controlli di Arpat che avevano registrato emissioni sei volte superiori al limite consentito. Da quel momento le istituzioni – Provincia e Regione – concedono le autorizzazioni e bruciare i rifiuti sempre bocciate, di fronte ai ricorsi, dai giudici amministrativi. Dal 2015 l’impianto è chiuso proprio dopo l’ultima sentenza del Consiglio di Stato. Proprio dopo questa sentenza la società, che nel 2015 aveva 64 milioni di debiti e che si trova in concordato preventivo, ha annunciato il licenziamento di 36 dipendenti che si sono concretizzati lo scorso aprile. Eppure, dopo la chiusura dell’inceneritore di Case Passerini a Firenze, quello di Scarlino sarebbe dovuto diventare il nuovo centro di raccolta di rifiuti da smaltire dal centro della Toscana, con più di 300mila tonnellate annue. A fine luglio, dopo anni di sostegno degli inceneritori, anche il Pd aveva detto di volersi “opporre a qualsiasi impianto di questo tipo”.
Le reazioni – La sentenza depositata mercoledì ha provocato reazioni contrastanti. Da una parte ci sono le associazioni ambientaliste che esultano: “La sentenza conferma quanto abbiamo documentato da tempo – dice Roberto Barocci del Forum Ambientalista Grosseto – l’impianto di incenerimento di Scarlino ha funzionato fuori norma dal 2005 con i forni privi delle dimensioni imposte dalla legge per l’abbattimento delle micidiali diossine, disperse nel territorio della piana”. Anche il M5s toscano, che da sempre si batte contro gli inceneritori, chiede alla Regione di “adeguarsi definitivamente” e di “impedire qualsivoglia riapertura dell’inceneritore, fuorilegge dal 2005”. Dall’azienda invece la risposta ufficiale è del presidente Moreno Periccioli che parla di “sentenza attesa e scontata” che non avrà “conseguenze dirette sull’operatività gestionale” visto che l’impianto è chiuso da tre anni. Non solo: la Energia Scarlino spa potrebbe solo “prendere atto della sentenza” senza fare appello visto che nel dispositivo “si parla della ‘attuale configurazione impiantistica’ le cui criticità evidenziate dal Consiglio di Stato nell’ultima sentenza, sono oggetto di richieste di integrazioni e chiarimenti formulate dalla Regione Toscana nel corso dell’ultima Conferenza dei Servizi”: “Ovviamente le sentenze si rispettano, sia quando sono a favore che quando sono avverse, ma nella fattispecie non c’è nessun effetto pratico. Da mesi stiamo lavorando per superare le obiezioni tecniche e ripartire”, conclude Periccioli.
Fonte: il Fatto
(by nicola)
Nessun commento:
Posta un commento