Riceviamo e pubblichiamo
Il P.C.L. Molise chiede che venga ritirato immediatamente e senza indugio l’assurdo licenziamento in tronco dei tre lavoratori in lotta dello stabilimento di Macchia d’Isernia “DR” del gruppo Di Risio, “rei” di aver legittimamente scioperato e manifestato in difesa dei propri elementari diritti di vita e salariati violati dall’azienda (salario non pagato e quant’altro reso noto dalla FIOM Molise). Come ricordava Lenin nel suo prezioso opuscolo “le multe nelle fabbriche”, il capitalista ha il potere di farsi da solo la legge e la sentenza disciplinare, unilateralmente ed arbitrariamente, con immediata esecutività; l’operaio, invece, per le violazioni contrattuali subite deve ricorrere all’odissea dei tribunali se mai vedrà giustizia. Chiediamo alla sinistra politica e sindacale locale dell’area isernina di mobilitarsi e di non lasciare soli gli operai in lotta.
Il P.C.L. Molise chiede che venga ritirato immediatamente e senza indugio l’assurdo licenziamento in tronco dei tre lavoratori in lotta dello stabilimento di Macchia d’Isernia “DR” del gruppo Di Risio, “rei” di aver legittimamente scioperato e manifestato in difesa dei propri elementari diritti di vita e salariati violati dall’azienda (salario non pagato e quant’altro reso noto dalla FIOM Molise). Come ricordava Lenin nel suo prezioso opuscolo “le multe nelle fabbriche”, il capitalista ha il potere di farsi da solo la legge e la sentenza disciplinare, unilateralmente ed arbitrariamente, con immediata esecutività; l’operaio, invece, per le violazioni contrattuali subite deve ricorrere all’odissea dei tribunali se mai vedrà giustizia. Chiediamo alla sinistra politica e sindacale locale dell’area isernina di mobilitarsi e di non lasciare soli gli operai in lotta.
Abbiamo
letto le incredibili lettere di licenziamento: secondo le
spropositate affermazioni padronali, la partecipazione degli operai
al legittimo sciopero indetto dalla FIOM e le legittime critiche
sindacali ivi espresse con dei legittimi striscioni in cui si
rivendicavano solo le spettanze arretrate, costituirebbero
“atteggiamento
denigratorio contro l’azienda”;
sic! Vieppiù, l’aver svolto tale sit
in
di sciopero nella villa comunale sarebbe addirittura “un
atto di intimidazione verso il padrone dell’azienda ”
perché nei pressi di tale villa comunale vi sarebbe l’abitazione
del padrone (qui siamo al delirio puro).
E
ancora: nella lettera v’è l’inaudita, e falsa
ingiuria
agli operai accusati di aver svolto una “manifestazione
non autorizzata”,
mentre vi era stata regolare comunicazione all’autorità di P.S.
(nella cecità repressiva antioperaia, lor signori ignorano che per
le manifestazioni sono previste solo comunicazioni preventive, non
“autorizzazioni”). E’ evidente, dunque, anche il maldestro
tentativo di far scattare una condanna a carico degli operai
ricorrendo ad un vecchio Decreto fascista degli anni ’30, forse
incoraggiati dai grotteschi provvedimenti (già impugnati per
manifesta illiceità ed insensatezza giuridica) adottati dal PM
SCIOLI e dal GIP Messa del Tribunale di Isernia, contro il PCL e gli
altri antifascisti molisani in due recenti e note vicende (sit in
antifascista e inaugurazione “auditorium della cricca contro la
cementificazione selvaggia e le ruberie di denaro pubblico”).
Invero
la Digos, incalzata dagli operai, ha dovuto constatare un fatto
denunciato da noi come illecito e vergognoso: da parte padronale
hanno sguinzagliato un dipendente per scattare le foto degli operai
in sciopero (vi lasciamo immaginare a quali scopi…) senza che gli
operai lo avessero autorizzato; sennonché una funzionaria DIGOS, ha
perciò dovuto far cancellare le “foto fuori legge”. E’
evidente che siamo di fronte ad intollerabili metodologie repressive
antioperaie, di neofascismo aziendale, alla Valletta o alla
Marchionne, combinate con la deprecabile e vecchia pratica di mettere
alcuni lavoratori contri altri lavoratori approfittando delle
condizioni di bisogno di ciascuno. Un appello in tal senso va ai
dipendenti che si prestano ad essere scagliati contro gli altri
operai della FIOM, per compiacere al padrone: così fate del male
anche a voi stessi, poiché solo gli operai uniti che lottano per i
loro diritti lesi possono ottenere risultati positivi; la “guerra
tra poveri” conviene solo a chi si arricchisce alle vostre spalle e
con il vostro lavoro.
Questi
sedicenti “capitani d’industria” molisani (e ve ne sono vari di
esempi), dopo aver fruito di ingenti fondi pubblici, ci lasciano un
bel risultato: si spostano risorse verso la manodopera
semischiavistica del neo capitalismo cinese; e mentre tra una
speculazione e l’altra di fondi pubblici l’impresa si
impoverisce e muore, l’imprenditore si arricchisce.
Vero
è che nell’immediato le impugnazioni legali dei licenziamenti sono
ovviamente necessarie: visti i fatti, suggeriamo agli operai
licenziati di eccepire giuridicamente la rappresaglia, l’ingiuria,
l’intimidazione, l’attentato alle proprie libertà di manifestare
in difesa dei diritti essenziali.
Ma
è chiaro che non basta: il punto principale è che le
maestranze della DR come di ogni altra fabbrica in lotta, devono
iniziare mettere in capo una forza uguale e contraria all’arroganza
padronale, a partire dall’occupazione degli stabilimenti sino a
quando
non
si bloccano i licenziamenti.
Ecco
perché a partire da queste lotte quotidiane e locali le maestranze
devono acquistare più forza ed unità sociale di classe,
collegandosi anche ad una vertenza più ampia, sino al livello
nazionale, che il PCL sta sostenendo da anni contro questo
capitalismo ormai fallito: nazionalizzare le aziende che licenziano –
tanto più quando lo fanno per rappresaglia – senza indennizzo e
sotto il controllo delle maestranze, aprendone i libri contabili per
elaborare dei seri piani industriali, sino a riorganizzare nel tempo
la stessa economia ed il sistema bancario su nuove basi
collettivistiche, in funzione del benessere di tutti e non del
profitto di pochi.
14/06/2013 Il Coordinatore
Tiziano Di Clemente
(by Nicola)
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