La battaglia contro le fossili e per la difesa del clima si combatte anche nelle aule dei tribunali.
I grandi di petrolio, gas e carbone potrebbero presto essere inchiodati
alle loro responsabilità dai giudici in un paio di sentenze, forse
epocali, che cambierebbero definitivamente il modo in cui l'industria
delle fossili è considerata.
Nelle Filippine
50 aziende potrebbero essere infatti riconosciute responsabili di
violazioni dei diritti dell'uomo, per i danni degli eventi meteorologici
estremi, come i ricorrenti tifoni, la cui maggiore frequenza e
intensità è dovuta al riscaldamento globale, causato anche dalle
emissioni di quelle compagnie.
Negli Usa
invece ExxonMobil è alla sbarra in un caso che ricorda molto quanto
accaduto con i grandi del tabacco: la multinazionale – è la tesi
dell'accusa – sapeva da molti anni che il global warming è causato dalle
emissioni dovute alla combustione di petrolio, gas e carbone, ma ha
negato, ha disinformato coscientemente e nel frattempo non ha fatto
nulla per ridurre le emissioni legate alle sue attività.
Tifoni, emissioni e diritti umani
A fare causa ai grandi delle fossili a Manila sono stati i sopravvissuti ai tifoni, con il supporto di ong come Greenpeace, Amnesty International e molte altre. Si chiede alla Philippines Human Rights Commission (vedi
allegato in basso) di investigare sulla presunta responsabilità di 50
grandi compagnie sugli eventi meteorologici estremi verificatisi nel
Paese. Nella lista degli accusati 50 nomi noti di Big Oil, tra i quali
Chevron, Exxon, BP, Shell e anche la nostra Eni.
Solo
il tifone Yolanda del 2013, ricordiamo, nelle Filippine ha ucciso 6mila
persone e ne ha danneggiato milioni. Il Paese – dato della Banca
Mondiale – spende ogni anno lo 0,5% del Pil per fare fronte a disastri
naturali. Tra il 1998 e il 2009 solo i tifoni e le tempeste hanno
colpito 12 milioni di persone e sono costati 24 miliardi di dollari, cioè quasi il 24% del Pil.
La tesi dei ricorrenti è che le aziende abbiano violato i diritti umani:
alla vita, alle migliori condizioni possibili di salute fisica e
mentale, al cibo, all'acqua e all'autodeterminazione, contribuendo in
maniera determinante, con le loro emissioni, al cambiamento climatico
che sta facendo aumentare frequenza e intensità dei fenomeni
meteorologici estremi.
Se la Philippines Human Rights Commission desse loro ragione si stabilirebbe un precedente giurisprudenziale storico:
si riconoscerebbe che gli impatti dei cambiamenti climatici sono una
violazione dei diritti dell'uomo e che ne è responsabile chi ha emesso
CO2.
Big Oil come Big Tobacco
L'altra battaglia legale importante è iniziata a New York, dove il procuratore generale Eric Schneiderman sta investigando su ExxonMobil per verificare se la compagnia abbia mentito ai propri investitori riguardo al rischio climatico. Un'evidenza emersa da inchieste giornalistiche come quella di InsideClimate News,
che mostra come la compagnia sapesse benissimo della relazione tra
emissioni e cambiamento globale, ma abbia cercato di nascondere la
verità.
Membri del Congresso,
candidati alle presidenziali e ong ambientaliste stanno chiedendo che
anche il governo federale apra un'indagine a riguardo. L'inchiesta
potrebbe andare avanti anche in altre sedi e coinvolgere altre aziende delle fossili.
Come mostrato anche da un dossier che
abbiamo pubblicato quest'estate, infatti, ci sono molte prove che da
quasi 30 anni le più grandi compagnie sono a conoscenza del fatto che le
loro attività sono all'origine dei cambiamenti climatici e che per
tutto questo periodo hanno tentato deliberatamente di manipolare l'opinione pubblica,
minimizzando i rischi del global warming e mettendo in dubbio la
relazione tra clima ed emissioni di CO2 da combustione di carbone,
petrolio e gas.
Come, 'Big Tobacco',
insomma, da decenni 'Big Oil' era consapevole della dannosità dei propri
business e ha pianificato campagne di comunicazione per negare
l'evidenza, pagando scienziati e facendo lobbying sulla politica per
evitare leggi punitive. Se un tribunale lo riconoscerà ufficialmente
sarà un duro colpo per la reputazione e (si spera) di conseguenza per
l'influenza politica delle grandi compagnie delle fonti fossili.
(by Nicola)
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