I
limiti previsti dal Decreto Genova
non vanno nella direzione giusta
per la Salute e per l’Ambiente.
non vanno nella direzione giusta
per la Salute e per l’Ambiente.
L’art.41,
inserito nel “disegno di legge di
conversione in legge del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109,
recante disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza
della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi
sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze”,
relativo all’utilizzo di fanghi di depurazione in agricoltura,
desta notevole preoccupazione nell’Associazione
Italiana Medici per l’Ambiente per
la possibilità che vengano contaminati suoli, ecosistemi e catena
alimentare, con inquinanti tossici, persistenti, bioaccumulabili, di
cui alcuni classificati come cancerogeni certi per l’uomo
dall’Agenzia per la Ricerca sul Cancro (IARC) e senza che siano
stati adeguatamente valutati rischi per la salute umana.
L’inserimento
dell’art.41 con decretazione d’urgenza nel “Decreto Genova” è
stato motivato dalla necessità di superare lo stallo creatosi con la
sentenza n° 1782 del TAR Lombardia Sez III 20 luglio 2018 che, per
gli idrocarburi, imponeva limiti che la maggior parte degli impianti
di depurazione non sarebbero in grado di ottemperare.
I
fanghi di depurazione non provengono solo da acque reflue di scarichi
civili in quanto il Dlgs 27 gennaio 1992, n. 99, che regola la
materia, equipara anche quelli provenienti da attività produttive a
quelli da insediamenti civili, la separazione dei flussi
all’origine è solo raramente praticata, per cui agli impianti di
depurazione arrivano reflui delle più disparate qualità e
provenienze.
Sempre
secondo il Dlgs
27 gennaio 1992, n. 991,
l’utilizzo di fanghi in agricoltura, è consentito se: “..non
contengono sostanze tossiche e nocive e/o persistenti e/o
bioaccumulabili in concentrazioni dannose per il terreno, per le
colture, per gli animali, per l’uomo e per l’ambiente in
generale”, ma con le norme
introdotte i fanghi potranno contenere valori non trascurabili di:
Arsenico, Berillio, Cromo, Cromo VI,
Idrocarburi, Toluene, Selenio, Policlorobifenili (PCB), Diossine e
Furani
L’Allegato
1 B del Dlgs del 1992 stabiliva caratteristiche agronomiche e limiti
solo per alcuni inquinanti e per altri le Regioni hanno deliberato
autonomamente. La Regione
Lombardia2,
ad esempio, aveva posto un limite per gli idrocarburi a 10.000 mg/kg
di sostanza secca (ss), limite giudicato troppo alto dalla sentenza3
n°1782 del TAR Lombardia Sez III 20 luglio 2018, che, accogliendo il
ricorso di numerosi Comuni, di fatto, secondo quanto dichiarato da
più parti avrebbe bloccato gli sversamenti.
1
http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1992/02/15/092G0139/sg
2
http://www.regione.lombardia.it/wps/wcm/connect/75f88ec2-3c37-4374-a8a9-20a6d36a4a4f/dgr_7076_2017.pdf?MOD=AJPERES&CACHEID=75f88ec2-3c37-4374-a8a9-20a6d36a4a4f
3
https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/wcm/idc/groups/public/documents/document/mday/odi1/~edisp/fpnhqcvskyoze6rc7bb72ebkxq.html
Nella
Sentenza, richiamando anche precedenti pronunciamenti della
Cassazione, si indicava che, in assenza di norme nazionali, nei
fanghi di depurazione si dovevano rispettare i limiti indicati
nei suoli1
ad uso verde/residenziale (cui sono assimilati i suoli agricoli),
oltre i quali scattano le procedure per la bonifica specificando
che: ”i fanghi ad uso
agricolo debbono rispettare i limiti previsti per le matrici
ambientali a cui dovranno essere assimilati, osservando con
argomentazione del tutto condivisibile, che escludere l’applicabilità
dei valori di cui alla suindicata tabella, porterebbe al risultato
per cui un rifiuto può essere impiegabile nello spandimento su un
terreno agricolo sebbene abbia valori di contaminazione ben superiori
ai limiti di accettabilità per aree industriali”.
Per
Cromo totale, Diossine, PCB, Selenio, Toluene i limiti indicati
dall’art 41 sono superiori ai quelli indicati per la bonifica dei
suoli per uso residenziale; per
Diossine e Furani la concentrazione consentita nei fanghi è 25 ng/kg
ss, mentre nei suoli è 10 ng/kg ss; per i PCB è 0.8 mg/kg
sostanza secca (ss), quando sono soggetti a bonifica i suoli con 0,06
mg/Kg ss ed addirittura per il Toluene il limite è 100 mg/kg ss,
quando per i suoli uso residenziale è 0,5 mg/kg e per quelli
industriali 50 mg/kg ss!
Ricordiamo
che Arsenico, Berillio, Cromo VI,
Diossine PCB sono classificati dalla IARC a livello I (cancerogeni
umani);
Per
quanto riguarda gli idrocarburi
C10-C40 nell’art 41 il limite è di 1000 mg/kg su “tal quale” e
non su “sostanza secca”, ciò significa che se i fanghi hanno
elevate percentuali di acqua si potranno raggiungere anche i 10.000
mg/kg ss della normativa della
Regione Lombardia bocciata dal TAR.
Va
segnalato che fanghi industriali con le medesime concentrazioni di
idrocarburi potrebbero essere conferiti solo in discariche speciali e
non potrebbero essere utilizzati per recuperi ambientali se non dopo
essere stati sottoposti a trattamenti che ne abbattano gli
inquinanti, come puntualmente riportato nella sentenza del TAR
Lombardia, precedentemente citata.2
Il
contenuto in idrocarburi in fanghi industriali (non classificati “di
depurazione”) è infatti di 500 mg/kg ss e, come nota il TAR, si
arriva al paradosso che sui suoli agricoli sarebbe consentito
l’utilizzo di fanghi conferibili solo in discariche per rifiuti
industriali e non utilizzabili in recuperi ambientali se non dopo
adeguato abbattimento degli inquinanti.
Essendo
consentito lo sversamento ogni 3 anni di 15 tonnellate di fanghi per
ettaro di suolo agricolo - il cui spandimento difficilmente potrà
essere omogeneo - non è fuori luogo ipotizzare che nel giro di pochi
anni, i suoli agricoli, almeno per alcuni inquinanti persistenti e
bioaccumulabili, potrebbero raggiungere livelli tali di
contaminazione da renderli passibili di bonifica.
I
limiti individuati nell’art 41 non ci risultano supportati da
adeguati studi di impatto ambientale, né da indagini sulla
biodiversità, sulla percolazione nelle falde, sulla tipologia e
qualità dei suoli e sulla presenza già di un “fondo” che per
moltissimi inquinanti che non è certo pari a zero; inoltre non sono
indicati quali e secondo quali scadenze devono essere eseguiti i
controlli, se non per le diossine (ogni 12 mesi).
L’Italia
non ha ancora ratificato la Convenzione di Basilea sul controllo dei
movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro
smaltimento e neppure, unica in Europa, neppure la Convenzione di
Stoccolma per la riduzione e messa al bando degli inquinanti organici
persistenti (POP’s) tra cui diossine, furani e PCB.
L’utilizzo
di fanghi in agricoltura potrebbe rappresentare un utile contributo
alla fertilità dei suoli, ma appare indispensabile dotarsi di
adeguati strumenti scientifici, tecnici e legislativi, imponendo la
separazione dei flussi all’origine.
Le
procedure di depurazione devono consentire una adeguata ed efficace
rimozione degli inquinanti, specie di quelli più tossici,
persistenti e bioaccumulabili che dovranno essere trattati in
sicurezza al fine di ridurne la presenza nell’ambiente, nelle
colture e nella catena alimentare, evitandone quindi l’ulteriore
passaggio dall’ambiente all’uomo.
Gli
inquinanti classificati come cancerogeni a livello I dovrebbero
essere al di sotto della soglia di rilevabilità.
Chiediamo
che venga sollecitamente istituito presso il Governo un Tavolo che
veda coinvolti ISPRA, ISS, CNR, ENEA e CREA per il riassetto organico
di una materia indubbiamente complessa, ma di grande rilievo per le
ricadute sulla salute umana e sull’ambiente; appare urgente che gli
Enti sopra citati forniscano adeguate e specifiche valutazione del
rischio per i contaminanti presenti nei fanghi, anche rispetto alle
diverse caratteristiche dei siti ove se ne prevede l’utilizzo,
specie in relazione “al fondo” già esistente.
Appare
altresì logico e inderogabile inquadrare il problema dei fanghi
all’interno della più complessa normativa che riguarda la gestione
dei rifiuti speciali pericolosi, indubbiamente ancora troppo carente
nel nostro paese.
Riteniamo
che procedere con decretazioni d’urgenza in assenza di un adeguato,
organico e riordino della materia, sia ancora una volta una
scorciatoia che non va nella direzione della difesa della salute e
della tutela dell’ambiente e il cui prezzo ancora una volta, sarà
pagato dalle generazioni future.
Roma,
30 Ottobre 2018
1-http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1992/02/15/092G0139/sg
2- http://www.regione.lombardia.it/wps/wcm/connect/75f88ec2-3c37-4374-a8a9-20a6d36a4a4f/dgr_7076_2017.pdf?MOD=AJPERES&CACHEID=75f88ec2-3c37-4374-a8a9-20a6d36a4a4f
4-http://www.gazzettaufficiale.it/do/atto/serie_generale/caricaPdf?cdimg=14A0658000000130110001&dgu=2014-08-20&art.dataPubblicazioneGazzetta=2014-08-20&art.codiceRedazionale=14A06580&art.num=13&art.tiposerie=SG
5-“Si
avrebbe altresì l'assurdo per cui un fango di natura industriale,
con le medesime concentrazioni di idrocarburi, ma non classificato
come fango di depurazione dovrebbe essere trattato secondo rigorosi
criteri ambientali in operazioni di recupero che ne abbattano gli
inquinanti per poter essere destinati a recuperi ambientali, ovvero
con severe limitazioni anche per essere ammesso in discariche di
inerti (500 mg/kg limite massimo stabilito dal d.lgs. n. 36 del 2003)
e quindi compatibile solo con discariche di rifiuti industriali".
(by Nicola)
Nessun commento:
Posta un commento