Ieri da casa potevo vedere 27 pale eoliche in azione...
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(by Nicola)
Elettricità. L’inutile cavo col Montenegro da 1 miliardo
Nonostante queste
controindicazioni, i lavori per il gigantesco elettrodotto di mille
Megawatt di potenza sono in pieno svolgimento per collegare Villanova in
provincia di Pescara con l’area montenegrina di Tivat-Kotor. Il cavo è
lungo 415 chilometri, 390 passano sotto il mare, 15 nella terraferma
italiana e 10 in Montenegro. Sul versante montenegrino i lavori sono in
fase preparatoria, in Italia invece procedono spediti. Come se quel
collegamento fosse ancora una priorità e un investimento vantaggioso e
non indifferibile per gli italiani.
In realtà c'è chi ci guadagna con l'elettrodotto italo-balcanico: il gruppo Seci-Maccaferri di Bologna che con sorprendente tempismo è andato a costruire una decina di centrali idroelettriche proprio nei Balcani, in Serbia, a ridosso del Montenegro. L'intervento di Maccaferri è gigantesco: 800 milioni di euro per tre centrali idroelettriche lungo la Drina e altri 300 milioni per altre piccole centrali sull’Ibar. Il costo è per il 51 per cento a carico del gruppo bolognese e per il 49 per cento dalla società Eps (Elektroprivreda Srbije).
Quando anni fa apparvero sui giornali le notizie che davano conto dell'operazione Maccaferri, il significato di quell'investimento non fu capito. Il gruppo bolognese, invece, sapeva ciò che stava facendo, avendo probabilmente avuto fin da allora l'assicurazione da chi poteva darla che l'Italia avrebbe sicuramente comprato quell'elettricità prodotta così lontano dai confini nazionali. Il calcolo si è rivelato esatto. In forza di accordi internazionali con la Serbia, il cavo trasporterà in Italia l'elettricità serba di Maccaferri a 155 euro al Megawatt, più del doppio rispetto ai 63 euro del costo medio rilevato alla Borsa elettrica italiana nel 2013. Quelle intese portano le firme di due ministri di governi di centrodestra, entrambi assai vicini a Silvio Berlusconi: Claudio Scajola nel 2009 e Paolo Romani nel 2011. Dopo aver riposato nel cassetto di qualche ufficio, forse anche a causa dei numerosi cambi di governo, quei trattati vengono ripescati proprio nel momento in cui partono i lavori del cavo sottomarino e ora si trovano in Senato per la ratifica. La discussione riprende a settembre. Una volta approvate, quelle intese diventano operative e vincolanti. E il grande affare dell'elettricità balcanica inarrestabile.
La storia del cavo Montenegro-Italia era cominciata in un'altra stagione politica: 2007, secondo governo Prodi, ministro dello Sviluppo Pier Luigi Bersani che nel dicembre di quell'anno volò in Montenegro a firmare un accordo per l'elettrodotto. Di cui allora forse c'era davvero bisogno. A Terna, la società pubblica per la trasmissione dell'elettricità che materialmente sta realizzando l'opera, spiegano che il cavo serve per “magliare” il Centro e soprattutto il Sud. Per evitare cioè che quelle zone d'Italia restino svantaggiate, meno sicure e rifornite di elettricità rispetto al resto del Paese. L'ok alla costruzione del cavo è stato dato dal ministero dello Sviluppo per tre anni di fila (2009, 2010 e 2011).
Anche l'Autorità per l'energia ha detto sì, anche se ora sono diventati assai titubanti. Fino al punto di chiedere al Consiglio di Stato perché mai l'Italia si debba svenare pagando perfino la parte di cavo che si trova in territorio montenegrino.
In realtà c'è chi ci guadagna con l'elettrodotto italo-balcanico: il gruppo Seci-Maccaferri di Bologna che con sorprendente tempismo è andato a costruire una decina di centrali idroelettriche proprio nei Balcani, in Serbia, a ridosso del Montenegro. L'intervento di Maccaferri è gigantesco: 800 milioni di euro per tre centrali idroelettriche lungo la Drina e altri 300 milioni per altre piccole centrali sull’Ibar. Il costo è per il 51 per cento a carico del gruppo bolognese e per il 49 per cento dalla società Eps (Elektroprivreda Srbije).
Quando anni fa apparvero sui giornali le notizie che davano conto dell'operazione Maccaferri, il significato di quell'investimento non fu capito. Il gruppo bolognese, invece, sapeva ciò che stava facendo, avendo probabilmente avuto fin da allora l'assicurazione da chi poteva darla che l'Italia avrebbe sicuramente comprato quell'elettricità prodotta così lontano dai confini nazionali. Il calcolo si è rivelato esatto. In forza di accordi internazionali con la Serbia, il cavo trasporterà in Italia l'elettricità serba di Maccaferri a 155 euro al Megawatt, più del doppio rispetto ai 63 euro del costo medio rilevato alla Borsa elettrica italiana nel 2013. Quelle intese portano le firme di due ministri di governi di centrodestra, entrambi assai vicini a Silvio Berlusconi: Claudio Scajola nel 2009 e Paolo Romani nel 2011. Dopo aver riposato nel cassetto di qualche ufficio, forse anche a causa dei numerosi cambi di governo, quei trattati vengono ripescati proprio nel momento in cui partono i lavori del cavo sottomarino e ora si trovano in Senato per la ratifica. La discussione riprende a settembre. Una volta approvate, quelle intese diventano operative e vincolanti. E il grande affare dell'elettricità balcanica inarrestabile.
La storia del cavo Montenegro-Italia era cominciata in un'altra stagione politica: 2007, secondo governo Prodi, ministro dello Sviluppo Pier Luigi Bersani che nel dicembre di quell'anno volò in Montenegro a firmare un accordo per l'elettrodotto. Di cui allora forse c'era davvero bisogno. A Terna, la società pubblica per la trasmissione dell'elettricità che materialmente sta realizzando l'opera, spiegano che il cavo serve per “magliare” il Centro e soprattutto il Sud. Per evitare cioè che quelle zone d'Italia restino svantaggiate, meno sicure e rifornite di elettricità rispetto al resto del Paese. L'ok alla costruzione del cavo è stato dato dal ministero dello Sviluppo per tre anni di fila (2009, 2010 e 2011).
Anche l'Autorità per l'energia ha detto sì, anche se ora sono diventati assai titubanti. Fino al punto di chiedere al Consiglio di Stato perché mai l'Italia si debba svenare pagando perfino la parte di cavo che si trova in territorio montenegrino.
26 Agosto 2014
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