Molise: storia del presente. 𝑸𝒖𝒂𝒏𝒅𝒐 𝒊𝒍 𝒔𝒊𝒍𝒆𝒏𝒛𝒊𝒐 𝒅𝒊𝒗𝒆𝒏𝒕𝒂 𝒎𝒆𝒕𝒐𝒅𝒐
Il silenzio non è assenza di parole. È una tecnica.
In Molise il silenzio non è assenza di parole, è una modalità stabile del discorso pubblico.
Non serve censurare apertamente, non servono querele o divieti
formali.
Spesso è sufficiente spostare la parola, renderla
impersonale, affidarla a voci che parlano senza assumersi una
responsabilità diretta.
Questo meccanismo produce testi duri, definitivi, a volte rabbiosi, che sembrano denunciare un sistema bloccato ma che, di fatto, non aprono alcuno spazio di comprensione condivisa perchè non indicano fatti verificabili, non pongono domande, non chiamano nessuno in causa.
Il risultato è noto: chi legge può riconoscersi nella frustrazione ma non trova un luogo in cui trasformare quest’ultima in consapevolezza civile in quanto la partecipazione non nasce, perché tutto appare già deciso, già spiegato, già perduto.
Eppure la storia recente del Molise racconta altro.
Negli ultimi decenni non sono mancati fatti, passaggi giudiziari, scelte politiche precise.
Molti di questi sono stati
documentati, scritti, firmati da chi ha parlato in prima
persona,assumendosi il peso delle proprie parole.
Quel lavoro non ha prodotto dibattito pubblico, non perché fosse infondato ma perché scomodo.
Il silenzio che ne è seguito non è un vuoto, piuttosto una
continuità.
È ciò che ha consentito agli stessi meccanismi di
ripresentarsi ogni volta come inevitabili,come se non avessero
già una storia alle spalle.
Per questo leggere il presente senza rileggere quella storia significa condannarsi a subirlo.
La domanda, allora non è semplicemente perché il Molise sia
fermo.
La domanda è per chi viene raccontato il Molise, e per
chi no.
Finché la parola pubblica non avrà un nome, finché la memoria resterà sfogo e non patrimonio condiviso, finché il silenzio non verrà riconosciuto come fatto politico, la partecipazione resterà un’illusione.
Questo spazio nasce non per accusare, non per chiudere il discorso ma per ricostruire il filo tra ciò che è già accaduto e ciò che continuiamo a chiamare presente.
Perché chi non conosce la propria storia non solo rischia di ripetere gli stessi errori, ma finisce per scambiarli per destino.
OML – Osservatorio Molisano sulla Legalità
a
cura di Nicola Frenza
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