La questione dell’“umido” o FORSU (Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano).
Si tratta della maggiore componente percentuale dei rifiuti urbani prodotti. Esistono due filiere impiantistiche deputate al trattamento di questo tipo di rifiuto:
- quella aerobica;
- quella anaerobico.
Il trattamento aerobico produce circa il 35% di compost di alta
qualità riutilizzabile come ammendante per usi agronomici e
florovivaistici rientrando a pieno nelle attività di recupero di materia
previste nell’attuazione dell’economia circolare e contribuendo al
ritorno al suolo di parte del carbonio prelevato con la produzione
agricola.
Il trattamento anaerobico – tramite bio-digestori – punta
alla produzione del biogas ed alla sua successiva combustione per il
recupero di energia, dunque non è compreso nel riciclo e nell’economia
circolare. Questo trattamento produce biogas (ca. il 50 %) e una
fanghiglia semiliquida detta "digestato", di cui la parte "solida" viene
sottoposto a compostaggio aerobico per produrre un "compost di pessima
qualità" per appena il 13% che viene smaltito attraverso lo spargimento
su campi.
Questo digestato, come già rilevato in Veneto e in Friuli,
comporta una forma di inquinamento grave dei terreni e delle acque
superficiali a causa dei composti ammoniacali presenti e dei metalli
pesanti concentrati nel processo di trattamento di grandi quantità di
frazione organica inquinata anche se differenziata. Illuminante in tal
senso l’inchiesta condotta da Fanpage.it sul digestato prodotto
dall’azienda SESA di Padova in cui vengono tuttora conferiti i rifiuti
organici di Roma e su quanto succede nei campi circostanti il
megaimpianto della BIOMAN di Pordenone https://www.fanpage.it/attualita/sesa-la-guarda-di-finanza-indaga-e-i-sindaci-della-bassa-padovana-si-ribellano-al-compost/
Per questo motivo affermiamo che ROMA CAPITALE DEVE PUNTARE SUL COMPOSTAGGIO AEROBICO E NON SUI BIO-DIGESTORI ANAEROBICI. Inoltre, la gestione dei rifiuti, per essere efficiente ed efficace ai fini della riduzione delle emissioni in atmosfera, deve rispondere al principio di “prossimità” o di “autosufficienza territoriale” che prevede che il rifiuto debba essere trattato in impianti ubicati vicino ai luoghi di produzione dei rifiuti stessi. Questi impianti devono essere compatibili con la salute pubblica ed essere di piccola o media dimensione, rapportati comunque alle quantità di rifiuti prodotti nei luoghi di produzione “prossimi”.
Il documento è stato realizzato dal Movimento Legge Rifiuti Zero per l'Economia Circolare insieme al comitato DeLiberiamo Roma #mirifiuto, ISDE - Associazione Medici per l'Ambiente, Associazione Italiana Compostaggio e con il contributo dell'ing. Francesco Girardi.
(by nicola)
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