“Ho emesso una sentenza ingiusta”,
scrive Michelangelo Russo, consigliere di Corte d'appello di Salerno in
un articolo pubblicato in prima pagina del Corriere del Mezzogiorno –
Campania, di sabato 14 febbraio. In sostanza il magistrato ha “condannato giustamente un uomo per un fatto commesso svariati anni fa”.
La giusta sentenza, perché emessa sulla base della legge, è in realtà
una senza ingiusta perché avviene a distanza di anni dai fatti.
Il magistrato non è d'accordo con chi sostiene che il resto non conta quando ci sono la Crisi e le Riforme. “Il fatto è che il resto conta, e come!” scandisce il Dott. Russo. Perché le decine di migliaia di casi che “riguardano reati non gravi, vecchi di anni, che intasano i ruoli dei Tribunali rallentando il percorso dei fatti urgenti.”
Dopo una serie di valutazioni sul governo, l'ordine forense e la
magistratura il Dottor Russo scrive “(...) Proprio ieri a Salerno si è
tenuto un convegno, organizzato dalla Corrente di Area, sui criteri
prioritari visti come ancora di salvezza per evitare il naufragio
dell'apparato giudiziario. (...) Dal convegno non pare però che sia
stata affrontata quella che appare nella convinzione della maggior parte
dei magistrati l'unica possibile soluzione per salvare i principi e i
processi più importanti, sommersi dalla quantità impressionante di
arretrato, e cioè l'amnistia. Per quanto odiosa, questa parola che fa
tanto Prima Repubblica ha consentito per decenni la scolmatura periodica
degli inevitabili ingorghi giudiziari, non risolvendo i problemi di
fondo, ma almeno lasciando intatti principi costituzionali le cui
modifiche sarebbero incognite inquietanti.”
L'amnistia quindi come antidoto alle violazioni costituzionali in
atto, per evitare sentenze ingiuste e perseguire reati ben più gravi
destinati alla prescrizione.
Fonte: PR
(by Nicola)
Nessun commento:
Posta un commento