Un caduta di tono, che fa risaltare
l'impegno di chi lotta e non va lasciato solo
Un prete contro i roghi della
camorra
Il prefetto di Napoli richiama pubblicamente un prete impegnato
contro la camorra perché chiama il prefetto di Caserta semplicemente "signora".
Ora il prefetto si è scusato, ma resta il messaggio e la testimonianza di quanti
lottano e hanno bisogno di sentire la nostra solidarietà, allargando la cordata
di un impegno contro tutte le violenze e diffondendo informazione tesa a creare
coscienza civica.
La lettera:
Signor Prefetto,
sono appena ritornato
a casa dopo l'incontro in prefettura di mercoledì 17 ottobre.
Come può
facilmente immaginare mi sento tanto mortificato dalle sue parole gridate nei
miei confronti e senza motivo davanti a un consesso così qualificato.
Che
dirle?
Se a me, prete di periferia, è concesso di ignorare che chiamare
semplicemente "signora", la signora Prefetto di Caserta fosse un'offesa tanto
grave, non penso assolutamente che fosse concesso a lei, arrogarsi
il diritto di umiliare un cittadino italiano colpevole di niente, presente in
prefettura come volontario per dare il suo contributo alla lotta contro lo
scempio dei rifiuti industriali interrati e bruciati nelle nostre
campagne.
Alla fine dell'incontro ho ricevuto la solidarietà di tante persone
presenti all'increscioso episodio e la rassicurazione da parte della signora
Prefetto di Caserta che non si era sentita per niente offesa da me nell'essere
chiamata " signora".
Forse le sarà sfuggito che lei non era e non è un mio
superiore.
Mi dispiace.
Tanto.
Avrebbe certamente potuto consigliarmi
di rivolgermi al Prefetto di Caserta, chiamandola "signora Prefetto". Avrei
accolto immediatamente il suo consiglio. Invece, con il tono di voce del maestro
che redarguisce lo scolaro, e con parole tanto dure quanto
inopportune, ha quasi insinuato che il sottoscritto non avesse rispetto
per lo Stato.
Scrivo sovente per Avvenire, il giornale che ha il merito
di aver portato il nostro dramma alla ribalta della cronaca nazionale. Se vuole
può controllare se tra i miei numerosi editoriali c'è una - dico una
sola - parola dove non risuona un amore sviscerato per la mia
terra, la mia Patria, la mia gente. E un rispetto sofferto per le
Istituzioni.
Al contrario, se una cosa mi addolora ( l'editoriale di ieri,
martedì 16 ottobre lo conferma ), se una cosa mi addolora, dicevo, è constatare
che tante volte è propria la miopia delle istituzioni, la pigrizia di tanti
amministratori, il cattivo esempio di tanti politici che fanno man bassa di
denaro pubblico, a incrementare la sfiducia e la rabbia in tanti
cittadini.
Personalmente sono convinto che la camorra in Campania non la
sconfiggeremo mai. Lo dico non perché sono un pessimista. Al contrario. Non la
sconfiggeremo perché il "pensare camorristico" ha messo radici profondissime in
tutti. Quel modo di pensare e poi di agire che diventa il terreno
paludoso nel quale la malapianta della camorra attecchisce.
Come ho
potuto dirle in corridoio, io alle mortificazioni sono avvezzo. Spendo la mia
vita di prete nella terra del " Clan dei Casalesi". La mia diocesi, Aversa, è
quella di Don Peppino Diana.
Quante umiliazioni, signor Prefetto. Quante
intimidazioni. Quanti soprusi. Quante minacce da parte dei nemici dello Stato o
di semplici delinquenti.
Ma io dei camorristi non ho paura. Lo so,
potrebbero uccidermi e forse lo faranno. Io l'ho messo in conto fin dal primo
momento in cui sono stato ordinato prete.
No, non sono loro che rendono
insonni le mie notti. Loro non sono lo Stato. Loro sono i nemici del vivere
civile. Loro hanno sempre e solamente torto.
Io credo allo Stato.
Alla
democrazia.
Io credo alla libertà.
Io credo alla dignità dell'uomo.
Di
ogni uomo.
Io spendo i miei giorni insegnando ai bambini, ai ragazzi, ai
giovani che non debbono temete niente e nessuno quando la loro coscienza è
pulita. Ma aggiungo che bisogna sradicare il fare camorristico sin dai più
piccoli comportamenti.
Perché tutto ciò che uno pretende in più per sé e non
gli appartiene, lo sta rubando a un altro. Perché ogniqualvolta che una
persona si appropria di un diritto che non ha, sta usurpando un potere che
non gli è stato dato.
Tutti possiamo cadere in queste sottili forme di
antidemocrazia.
Ecco, signor Prefetto - glielo dico con le
lacrime agli occhi - lei stamattina mi ha dato proprio questa brutta
impressione. Lei ha calpestato la mia dignità di uomo.
Ha voluto mortificare
il prete o il volontario impegnato sul dramma dei roghi tossici?
Ha voluto
insegnarmi l'educazione - a 57 anni! - o mettermi a
tacere perché già immaginava ciò avrei denunciato?
Le nostre campagne
languono, signor Prefetto.
I giovani sono scoraggiati.
I tumori sono
aumentati a dismisura.
La gente muore in questa terra avvelenata e
velenosa.
Le amministrazioni locali - qualcuno glielo ha ripetuto
anche stamattina - non riescono a tutelare i loro territori e la
salute dei loro cittadini. E proprio a costoro viene ricordato il dovere
farlo.
È una serpe che si morde la coda.
Noi abitanti di questi paesi a
Nord di Napoli, ci sentiamo prigionieri in questo " Triangolo della morte" dal
quale desideriamo uscire quanto prima, pur sapendo che per tanti di noi i danni
alla salute sono ormai irreparabili.
Lo facciamo per le generazioni
future.
Per andare con serenità incontro a sorella morte quando sarà il
momento.
Ci ripensi.
In mezzo a tanti problemi in cui siamo impelagati;
mentre nei nostri paesi tanta gente scoraggiata non ha fiducia più in niente e
in nessuno; mentre la camorra ancora ci fa sentire il suo fiato
puzzolente sul collo; mentre i rifiuti tossici continuano ad essere
bruciati e interrati nelle nostre terre, il signor Prefetto di Napoli, mette
alla berlina un prete davanti a una cinquantina di persone, perché si è rivolto
al Prefetto di Caserta chiamandola semplicemente " signora", anziché "
signora Prefetto".
Incredibile.
Resto, naturalmente, coi miei
dubbi.
Ai miei diritti non rinuncio facilmente.
Ma, mi creda, cerco a mia
volta di non invadere quelli di nessuno.
Purtroppo, stamattina, credo che
lei, signor Prefetto, pur forse senza volerlo, abbia maltrattato e
rinnegato i miei.
Le auguro ogni
bene.
Il
parrocoSac. Maurizio PATRICIELLO
Frattaminore 17 ottobre 2012
(by Matteo)
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