La Cassazione ha ribadito che i professionisti rispondono di omicidio colposo se non trasferiscono tempestivamente il paziente grave in strutture più attrezzate.
La sentenza si riferisce a una paziente deceduta dopo aver partorito. La donna, alla 35esima settimana di gravidanza, verso le ore 11.25 veniva ricoverata in una casa di cura a causa di abbondanti perdite ematiche causate dal «distacco totale di placenta», per cui veniva subito sottoposta a taglio cesareo con estrazione del feto privo di battito cardiaco.
Dopo l'intervento, i sanitari decidevano di non asportare l'utero perché si stava contraendo e riportavano la donna in reparto. Le condizioni cliniche della paziente rimanevano stazionarie sino alle ore 17, quando venivano registrati i primi sintomi di anemizzazione acuta, manifestatasi con calo pressorio e tachicardia. Il medico di guardia decideva il trasferimento della puerpera in altra struttura ospedaliera maggiormente attrezzata dove però veniva trasportata alle ore 20 circa e sottoposta, subito dopo, a operazione di asportazione dell'utero. Ciò nonostante la paziente è morta il mattino dopo.
Secondo la Cassazione gli imputati sono responsabili perché sapevano che la clinica sanitaria era inadeguata in caso di emergenza. Omissioni e sottovalutazioni hanno comportato interventi diagnostici e curativi lenti, connessi con il mancato trasferimento della paziente, dopo l'esecuzione del parto cesareo.
Fonte: e-dott
(by Nicola)
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