Un'agenda sequestrata al capomafia Lo Giudice chiama in causa il vice di Piero Grasso. Gli inquirenti ritengono che il magistrato antimafia avrebbe avuto conversazioni telefoniche con il boss attraverso un telefono “sicuro”.
Intercettazioni in carcere, la rubrica di un cellulare e un’agenda sequestrate a Luciano Lo Giudice, boss della ‘ndrangheta reggina, stanno scuotendo la Prima commissione del Csm che a gennaio dovrà chiedere o il trasferimento o l’archiviazione per il procuratore aggiunto Alberto Cisterna, numero due della Direzione nazionale antimafia, indagato a Reggio Calabria per corruzione in atti giudiziari. Cisterna avrebbe avuto rapporti stretti con Lo Giudice, arrestato nel 2009 per usura e intestazione fittizia di beni. C’è una sim intestata a una cittadina filippina che Cisterna avrebbe usato per comunicare con il boss, ci sono telefonate, lettere, sms che, secondo l’accusa, il magistrato ha ricevuto da Lo Giudice, o tramite suoi intermediari, e che non ha comunicato al procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, come aveva invece fatto un paio di volte. Sono tutte circostanze contenute nel rapporto della squadra mobile di Reggio Calabria diretta da Renato Cortese (trasmesso al Csm dai magistrati reggini), che il Fatto quotidiano ha potuto leggere. Cisterna è indagato dal procuratore Giuseppe Pignatone e dal pm Beatrice Ronchi perché avrebbe avuto soldi da Luciano Lo Giudice in cambio degli arresti domiciliari per uno dei fratelli, Maurizio.
(by Nicola)
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