“CARA” SCUOLA
Innumerevoli sono le citazioni di coloro che hanno tentato di descrivere la scuola, tutte in egual misura tese a mettere in luce il delicato compito demandato agli insegnanti. Tra tutte ne ho scelta in primis una che, a mio modesto parere, le ingloba tutte. Proviene dal TALMUD, che rappresenta l’insieme delle norme scritte etiche, giuridiche e rituali del popolo ebraico, e recita così: “Il mondo può essere salvato solo dal soffio della scuola”.
Un’affermazione densa di significato e intrisa di una fiducia incondizionata nel ruolo che l’istituzione scolastica riveste, o dovrebbe rivestire, all’interno di un contesto sociale.
Un’altra frase, altrettanto esaustiva, relativa alla scuola è di Robert Maynard Hutchins, filosofo nonché pedagogista americano morto nel 1977, il quale scrive: “Lo scopo della scuola è quello di formare i giovani a educare se stessi per tutta la vita”: un’impresa ardua ma, nel contempo, fortemente stimolante per gli insegnanti! Formare persone e renderle capaci di affrontare la vita, con tutte le sue sfide e le sue problematiche: quanta responsabilità!
Ma oggi, con tutte le nuove figure professionali che si affacciano nel panorama sociale, si tende a scindere l’istruzione dall’educazione: molti docenti sostengono, infatti, che il loro dovere consiste unicamente nel trasferire conoscenze nei vari campi del sapere e che l’educazione dei giovani esula dalla loro competenza, atteso che per questa c’è la famiglia, supportata dagli “educatori”. Poi, però, quegli stessi insegnanti lamentano la maleducazione dei loro alunni, richiamati costantemente ad un comportamento consono all’ambiente scolastico. La verità è che, se abbandoniamo determinate regole, come il saluto all’insegnante che si accinge ad entrare in classe, in nome di una non precisata incompetenza e/o scissione di ruoli che dir si voglia, non possiamo nutrire aspettative positive né riguardo alla crescita armoniosa dei nostri bambini/ragazzi né relativamente al rispetto delle necessarie regole di convivenza durante le ore di lezione.
Da madre di due ragazzini di 9 e 11 anni, resto altresì sbigottita di fronte alle contraddizioni in cui siamo immersi.
Parliamo tanto dei diritti dei bambini in ogni ambito sociale, per poi apprendere che ai nostri figli viene fatto divieto persino di alzarsi dal banco durante la ricreazione, nascosti dietro ad irragionevoli quanto inaccettabili regole di comportamento dettate “dall’alto”.
Cos’è questa, se non una violenza psicologica inflitta ai ragazzi, che tornano da scuola nervosi e con le gambe doloranti perché “qualcuno” ha stabilito che a scuola si resta seduti per 5/6 ore (anche 8 per i bambini che fanno il tempo prolungato) senza la minima possibilità di socializzare con tutti i compagni attraverso un momento ludico e/o di relax.
La scuola, soprattutto negli anni della primaria, dovrebbe essere un luogo in cui si impara giocando, dovrebbe supportare gli studenti a scoprire sè stessi, la propria unicità, i propri talenti per poi fornire loro gli strumenti idonei a valorizzarli.
Peccato che la scuola non offra o “non offra più” tutto questo… anzi…
E’ diventata fonte di stress e ansia per i bambini/ragazzi i quali, anziché trovare un supporto alla loro crescita e maturazione, diventano sempre più fragili e demotivati, costretti ad affrontare quotidianamente un carico di compiti talmente gravoso da non permettere loro neppure di dedicarsi ad uno sport, ad uno svago, a qualcosa che non sia un “dovere”.
Cosa siamo diventati? Dove stiamo andando? Ma, soprattutto, dove stiamo conducendo i nostri giovani? In cosa vogliamo trasformare questi ragazzi?
Poi non possiamo lamentarci se non hanno sogni, aspettative, se non trovano nella vita quegli stimoli e quelle spinte forti, necessarie a farli decollare.
Nel consiglio di interclasse di mio figlio (1° anno di scuola secondaria di 1° grado) è emerso che la maggior parte dei ragazzi non studia. Chiediamoci perché. Sapete cosa hanno riferito i docenti? Che i ragazzi devono trascurare l’attività sportiva per dedicarsi interamente alla scuola.
Ci rendiamo conto della gravità di questa affermazione e delle sue conseguenze sulla salute psico-fisica dei nostri giovani?
Questa è pura follia!
I ragazzi non hanno più sogni perché glieli abbiamo tolti noi, pretendendo da loro l’impossibile.
Senza considerare che a tutto questo si aggiunge la depressione post- covid, che ha colpito molti di loro.
Non possiamo continuare a rubare ai ragazzi i loro spazi, i loro interessi, perché è lì che emergono i talenti e nascono i sogni, sogni che la scuola sta portando via. Proprio quella scuola che dovrebbe rappresentare l’ambiente ideale per scoprire il potenziale nascosto negli uomini del domani e cosa si agita dentro di loro.
La verità è che stiamo impedendo la sana crescita dei ragazzi e, col nostro “silenzio”, stiamo contribuendo tutti a creare una generazione di persone depresse e sfiduciate perché gli stiamo tarpando le ali. Questi giovani sono inquieti, sofferenti, impotenti, privati dei loro diritti da chi questi diritti li proclama e crede di difenderli, togliendo serenità agli studenti e alle loro famiglie.
Nell’assoluta certezza di parlare a nome di migliaia di genitori, stanchi di vedere i propri figli trascorrere la quasi totalità del tempo extra-scolastico davanti a testi spesso inadeguati tanto alla loro età quanto al loro livello di comprensione, mi rivolgo direttamente al Ministro dell’Istruzione, On. Giuseppe VALDITARA, esortandolo a ritornare ad un’istruzione efficace e adeguata all’età dei nostri ragazzi, senza eccessi quanto ai programmi imposti al personale docente della scuola sia primaria che secondaria di I grado. Non è, infatti, tollerabile che un ragazzo di prima media acquisti 33 libri di testo e che un bambino in quarta elementare ne abbia 16.
Non è la quantità di libri o programmi esorbitanti a formare un individuo, bensì la qualità dell’insegnamento, che in queste improponibili condizioni viene naturalmente sacrificata e privata di ogni essenza. A dimostrazione di quanto appena affermato, è doveroso sottolineare che da un sondaggio effettuato su un campione considerevole di giovani, questi oggi non sanno né leggere né tantomeno scrivere. Comprensibile, se si pretende di dare ai bambini una quantità di nozioni e informazioni che non consente loro di focalizzare l’attenzione sulle cose davvero importanti.
Se queste mie parole, condivise da una folta cerchia di genitori, resteranno inascoltate, nulla cambierà ma chiunque leggerà questa richiesta di aiuto e la ignorerà sarà complice di un grave “reato”: l’infelicità dei nostri giovani!
Luciana De Ritis
(by nicola)
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